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18 Febbraio 2009

Interviste

Liticità contemporanee. Intervista a Luigi Alini

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La pubblicazione del libro “Liticità contemporanee. Da Stone Museum a Stone Pavilion” ci ha offerto l’occasione per riflettere sul rapporto tra materia, ricerca della bellezza e dimensione tecnologica del progetto. In questa intervista, Luigi Alini ci spiega come è approdato all’opera di Kengo Kuma, maestro-sognatore che riesce a far “mormorare” la pietra, rivelandone le innate potenzialità espressive, come nel caso dello stand progettato nel 2007 per IL CASONE.

Laura Della Badia. Quello scritto per IL CASONE non è il primo libro che dedica a Kengo Kuma. Come è approdato a questa ricerca?
Luigi Alini. I miei interessi disciplinari sono interni alla dimensione tecnologica del progetto. Le connessioni tra tecnica, tecnologia e progetto sono al centro delle mie attività da molti anni. Mi sono avvicinato all’opera di Kengo Kuma circa 8 anni fa, percepivo nel suo lavoro una dimensione del fare, una ricerca figurativa in cui la materia si rivela. Da quel momento in poi ho cominciato a guardare l’architettura da un altro punto di vista, è stata una rivelazione. La ricerca che ne è seguita è stato un approfondimento progressivo: ho cercato di non rimanere in “superficie”, mi sono spinto in “profondità” per trovare conferma a quelle intuizioni iniziali. E’ un cammino lungo, che non si è ancora esaurito. Continuo ad indirizzare le mie attività, con l’ostinazione e la convinzione che Kuma, parafrasando Bachelard, è “un sognatore che ascolta con attenzione le intime confidenze mormorate dalla materia“. Io cerco solo carpire questo sogno.

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L.D.B. Liticità contemporanee…Da Stone Museum a Stone Pavilion. Questo percorso tracciato nella monografia che cosa ci porta ad esplorare?
L.A. Sono convinto che Kuma abbia la capacità di rivelarci l’infinita bellezza della materia. In questo volume, insieme al prof. Alfonso Acocella, abbiamo proposto un’interpretazione dell’opera di Kuma in relazione all’uso della materia litica, alla capacità con cui Kuma la con-forma, la rivela. Le opere che abbiamo proposto, in realtà, sono un’unica opera. La tensione creativa è sempre la stessa, cambiano solo le condizioni al contorno. Le relazioni tra tradizione ed innovazione, tra il “già stato” e il “non ancora” sono in Kuma una verità che ci viene rivelata solo se guardiamo con ostinazione, solo se entriamo in sintonia con l’opera.

L.D.B. Le potenzialità espressive della pietra vengono indagate attraverso l’opera esemplare di un maestro della contemporaneità. Quali i punti salienti della sua ricerca su questo materiale?
L.A. Devo molto ad Alfonso Acocella. Ho trovato in lui un amico ed un riferimento per molte delle riflessioni che ho sviluppato su questo tema. Sono state oggetto di lunghe conversazioni. Del resto, Acocella, negli ultimi dieci anni, ha svolto un lavoro immane, di avvicinamento, di diffusione, sistematizzazione e promozione. Questo libro dà conto di un’opera che non ci sarebbe stata senza l’intuizione di Acocella e di Alini che lo ha seguito. Devo poi dire che Il Casone ha svolto un lavoro straordinario. Hanno aderito con entusiasmo ad una sfida che il progetto poneva. E’ stato meraviglioso vedere quest’opera nascere e progressivamente vivere di luce propria. Non dimenticherò mai la faccia dei molti amici che hanno visto l’opera il giorno della sua inaugurazione a Marmomacc, il loro viso esprimeva un senso di meraviglia di cui abbiamo tutti gioito.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, è difficile indicare delle strade lungo le quali orientare la ricerca in questo settore. Tuttavia, quello che mi sento di dire è che questo materiale ci propone una sfida continua, una sfida che è tutta interna all’opera di architettura, a quei nuclei di significato permanenti che si evolvono in forma di “continuità imperfetta”. E’ la materia che si fa elemento generatore delle forme.

(Vai al sito Casone)

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