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3 Dicembre 2009

Opere di Architettura

3xNielsen Architects, Liverpool Museum
Liverpool 2005- 2010.

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A gennaio del 2005, a conclusione di una competizione internazionale ad inviti, il National Museums Liverpool affida al gruppo Danese 3xNielsen Architects l’incarico di progettazione del nuovo museo, coinvolgendo, localmente, per la fase esecutiva, il gruppo inglese AEW.

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Data la complessità dei regolamenti edilizi locali e la diversa organizzazione del processo edilizio inglese rispetto a quello danese, il gruppo AEW ha svolto un ruolo di consulenza e d’interfaccia con la committenza, supportando gli architetti danesi ed il general contractor (l’imprenditore danese Pihl). Secondo lo spirito tipico dell’approccio anglosassone, nella fase esecutiva il contractor fu coinvolto nella messa a punto delle soluzioni costruttive, condizione che implicitamente ha richiesto margini di flessibilità progettuali tali da accogliere possibili variazioni in corso d’opera. L’apporto del gruppo inglese AEW è stato in tal senso molto prezioso nell’indirizzare rapidamente le decisioni, verificandone le ricadute sugli aspetti architettonici, impiantistici, di costo, di tempo.

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Il Museo sorge tra l’Albert Dock e il Pier Head, uno dei moli dell’area postindustriale di Liverpool dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco, si sviluppa su un’area di circa 6600 mq e nel suo punto più altro raggiunge 26 metri di altezza. Punto focale di connessione tra passato e futuro, l’edificio è simbolo del processo di rigenerazione urbana di Liverpool, luogo dove riscoprire le tradizioni e le attività che hanno segnato la vita sociale ed economica della città. La relazioni col luogo, col tessuto urbano di Liverpool è il tema di progetto, tema che emerge anche dalle dichiarazioni di Michael Kruse, uno dei direttori di progetto: «punto focale della nostra proposta che risultò vincente fu la “visione” che proponemmo, una visione che andava oltre il solo edificio ed investiva tutta l’area di progetto, che nella nostra proposta fu assunta come punto focale della vita comunitaria e dell’identità di Liverpool».

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Il Museo agisce a scala urbana come un “faro”, è concepito come “scultura urbana”: una progressione dinamica di superfici litiche che dialoga con la città. L’involucro, una sequenza continua di piani, è sostenuto da una struttura di acciaio (2.100 tonnellate di acciaio). La scelta dell’acciaio oltre che legata alla tradizione costruttiva risponde all’esigenza di avere grandi luci strutturali e maggiore flessibilità distributiva dello spazio interno: volumi lineari di grandi dimensioni, percepibili dall’esterno attraverso una vetrata alta 8 metri e larga 28, che nel dialogo tra interno ed esterno offre una suggestiva prospettiva sul canale.
5.700 metri quadrati di pietra di Jura rivestono l’edificio, una sequenza continua di “pieghe”. La superficie-involucro è declinata come rivestimento lapideo sottile (Rainscreen Cladding): una grande scultura urbana di matrice funzionalista che propone un’ambigua sintesi tra tettonica del sistema strutturale e stereotomia della “massa litica” in facciata, che in realtà è risolta mediante rivestimento sottile a secco. L’involucro, una parete ventilata di nuova generazione, emana una possente vibrazione, è una superficie dalle infinite pieghe, una sorta di “bugnato gigante” ottenuto con lastre di pietra Jura spesse 4 cm, una pietra calcarea molto diffusa in Scozia e Germania. La tessitura è compatta e la sequenza dei piani genera una trama continua.

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La complessa geometria della facciata è “governata” da un “ordine interno”, dall’uso di sole tre diverse tipologie di lastre. Le lastre di pietra hanno forma trapezoidale è individuano tre piani, che nel sistema generale della facciata danno luogo ad una superficie tridimensionale: un origami di pietra che esalta le ombre. Un senso di ambiguità percorre tutto l’edificio, che alla ‘apparente’ struttura massiva della facciata percepita a distanza, disvela, ad una visione ravvicinata, un esile rivestimento. Geometrie elementari consentono il passaggio dalla bidimensionalità del piano alla tridimensionalità della concezione “scultorea” della superficie di facciata, esaltata dai giunti tra le lastre che “disegnano” un reticolo ordinatore.

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Il ricorso alla pietra calcare rappresenta l’esito di un lungo processo di approfondimento tecnologico. L’ipotesi iniziale prefigurava l’uso del travertino, pietra che nella concezione-visione di 3xNielsen avrebbe dovuto contribuire con la sua natura porosa ad esaltare la scala cromatica chiaroscurale, accentuando quel senso di ambigua morbidezza dell’edificio. Tuttavia, il travertino a seguito di test di verifica su prototipi in scala 1:1 si rivelò inadatto. La sua natura porosa lo rendeva particolarmente “sensibile” all’ambiente marino: entro le cavità del materiale tendevano ad accumularsi polvere e soprattutto colonie di alghe che ne alteravano le caratteristiche cromatiche. La pietra Jura si rivelò più adatta all’ambiente di Liverpool ed economicamente più vantaggiosa.

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Spingendoci oltre il dato contingente, quest’opera si rivela nella sua unicità e duplicità di dialogo tra visione alla scala urbana e fruizione ravvicinata. Da lontano l’edificio ci appare come massa scolpita, volume unitario che nel “viaggio di avvicinamento” tende a frammentarsi. Le superfici, i piani, le connessioni, i chiaroscuri, l’ordito ci rivelano progressivamente una più complessa ed articolata geografia emozionale, un “sogno agente”.

CREDIT
Nome: Museum of Liverpool
Tipologia edificio: Museo; Edificio Publico
Luogo: Mann Island, The Liverpool Docks, Liverpool, GB
Committente: National Museums Liverpool
Competizione ad inviti: 2004, 1° premio
Superficie: 12.500 m2
Costo dell’opera: € 95.000.000
Architetto: 3XN Kim Herforth Nielsen, Bo Boje Larsen, Kim Christiansen

Design Team: Kim Herforth Nielsen with Thomas Kaszner, Michael Kruse, Per Damgaard-Sorensen, Kim Christiansen, Martin Musiatowicz, Melanie Zirn, Morten Mygind, Trine Dalgaard, Malene Knudsen, Helge Arno, Carsten Olsen, Dan Hinge, Dan Thirstrup, Erik Frehr Hansen, Marianne Els, Jacob G. Nielsen, Jorgen Sondermark, Rikke Zachariasen, Pia Hallstrup

Landscape: Schønherr landscape architects

Ingegneria: Buro Happold

Contractor/s: Pihl & Son A/S
Date di inzio: 2004
Date di ultimazione prevista: 2010

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di Luigi Alini

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