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10 Gennaio 2011

Videointerviste

Intervista a Giovanni Vragnaz

Videointerviste Marmomacc 2010 Umbrella
Crediti videointerviste Studiovisuale

Giovanni Vragnaz (Cividale del Friuli, Udine, 1953), affianca da anni all’attività professionale un intenso impegno in campo didattico e culturale, sia in Italia che all’estero. Laureato con Vittorio Gregotti, ha collaborato, oltre che con lo stesso, anche con Leonardo Benevolo e Gino Valle. E’ stato professore a contratto presso la facoltà di Architettura di Trieste e lo IUAV. Particolare attenzione è rivolta nel suo lavoro ai temi della progettazione delle aree dimesse e dei piccoli centri urbani, soprattutto per quanto concerne gli aspetti della sostenibilità sociale e ambientale.

Nell’ambito di Marmomacc 2010, Vragnaz in collaborazione con Mod-Lang ha proposto per Iaconcig un’efficace e personale interpretazione della pietra come materiale dal forte fascino evocativo.
Per Vragnaz, la progettazione di un padiglione implica una riflessione sull’intrinseco paradosso tra il concetto di durata proprio dell’architettura e quello di temporaneità correlato all’allestimento. All’architettura si riconosce il valore aggiunto di “interconnessione generazionale”, grazie alla sua capacità di permanere nell’incessante scorrere del tempo. Lo stand espositivo – da sempre un tema di grande stimolo progettuale, come dimostrato nella storia dell’architettura da Aalto, a Gropius, a Persico – fornisce un’interessante opportunità per sperimentare, in tempi rapidi d’ideazione e realizzazione, nuove possibilità espressive e per veicolare valori e concetti che permarranno al di là dell’evento circoscritto.
In questo caso la pietra interpreta il tema di Marmomacc “Irregolare – Eccezionale” introducendo nella modularità regolare di una griglia predefinita la deviazione dalla norma, rappresentata da assemblaggi liberi di elementi dalla stessa sezione di 50 x 25 cm. La notevole qualità artigianale che caratterizza l’allestimento sottintende l’esigenza, secondo Vragnaz, di riscoprire il valore della manualità come “terapia collettiva per tornare alla concretezza delle cose”.

di Chiara Testoni

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