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11 Maggio 2015

Opere di Architettura

Centro ricerche e monitoraggio di Laguna Furnas
Aires Mateus & Associados
Isole Azzorre, Portogallo, 2008-2010

Astrarre la materialità della pietra
Le architetture dei fratelli Manuel e Francisco Aires Mateus sono caratterizzate da forme scultoree che si stagliano pure e conchiuse in se stesse, accessibili soltanto attraverso rari tagli netti o sottili fessure.
Il principio generatore di tali opere è quello della continuità di superficie, di una piena omogeneità di tessiture materiche che si estendono piatte, o si ripiegano, a creare corpi solidi, chiaramente leggibili come volumi di accentuata tridimensionalità o come semplici setti murari, costruiti per comunicare un forte carattere di permanenza. Con grande frequenza le stesure parietali scelte dagli architetti di Lisbona sono lapidee e sono realizzate in forma di rivestimenti reiteratamente stratificati in senso orizzontale, a tratti interrotti da vuoti sensibilmente ombreggiati, disegnati per accentuare il carattere geometrico di un dispositivo litico che diviene pura stilizzazione contemporanea di una stereotomia muraria archetipica, salda ed essenziale.
«Il muro di pietra è una delle più alte declinazioni architettoniche della materia, è ideale per definire e conchiudere lo spazio delle mie opere, che vedo come “contenitori di vita” destinati a durare. Voglio rapportarmi con la continuità della Storia e la pietra mi permette di farlo poiché resiste al trascorrere del tempo; stratificata nel dispositivo murario essa esprime un’idea di permanenza che mi sembra fondamentale per la realizzazione di edifici significativi per dimensioni e destinazioni funzionali in riferimento alla città»1.


Veduta del prospetto sud-ovest

È Manuel Aires Mateus, in una recente intervista, ad assegnare con queste parole un primato alla muralità litica, tema che con il fratello egli ha più volte rielaborato in realizzazioni complesse, pensate per trovare un rapporto di commisurazione con il contesto, affermando sì la loro presenza ma in una relazione dialogica con un intorno materiale precostituito. Nei muri dei Mateus la predominante continuità della materia lapidea è resa maggiormente leggibile da rari episodi di lieve sospensione, cesura parziale, o interruzione decisiva; uno iato, una trama chiaroscurale o una netta fenditura
possono discretizzare la stesura litica, esplicitandone la qualità e l’estensione. La parete in pietra non viene quindi negata ma – colta nella sua essenza materica, geometrica e proporzionale, nonché liberata dalla sua ponderosa gravità – è tramutata in rinnovata icona archetipica bidimensionale, capace di dettare un codice figurale originale per la città storica e contemporanea.
La coerente e incessante ricerca condotta dai progettisti lusitani sulla materia, sulle riduzioni e sottrazioni formali ad essa applicate, è approdata di recente ad una nuova serie di realizzazioni nella valle di Furnas, nelle isole Azzorre. Le architetture fanno parte di un piccolo insediamento sparso, per la fruizione turistica e il monitoraggio scientifico di una laguna termale incastonata in un habitat naturale di alto valore, dove l’orografia rocciosa insulare e la vegetazione presentano una forza formidabile. Il grigio basalto vulcanico locale, impiegato da Manuel e da Francisco per comporre tessiture rettificate e omogenee con cui rivestire i muri e le coperture dei corpi di fabbrica, ha conferito alle architetture l’aspetto di monoliti primigeni che ben
presto, con la patina di alcune stagioni, sembreranno perdersi nella continuità del paesaggio. Gli spazi interni sono interamente rivestiti in legno.

Ricercare una costruzione litica essenziale e sommessa, non ha significato per i Mateus imboccare scorciatoie nel processo progettuale tecnologico: tutta la pietra è stata disegnata, ogni elemento costruttivo è stato studiato fin nei dettagli più minuti per assicurare alla vista dell’osservatore una continuità materica assoluta; ciò è particolarmente evidente nelle parti angolari o di bordo dei rivestimenti, o nei cambi di giacitura dei piani tra pareti verticali e coperture inclinate, o ancora nei raffinati punti di connessione tra facciate e infissi, o infine nei cambi di quota e di pendenza delle stesure pavimentali esterne. L’anima strutturale degli edifici è costituita da gusci in cemento armato ricoperti da placcature lapidee montate a secco. In tali tessiture il basalto è presente in formati medio-piccoli, giustapposti con giunti estremamente esigui; masselli di circa 8 centimetri di spessore per i rivestimenti, e lastre di circa 3 centimetri per i manti di copertura, danno vita a superfici litiche ininterrotte per la cui Astrarre la materialità della pietra valorizzazione anche le gronde e i pluviali sono stati celati in un’intercapedine ricavata tra la struttura concretizia e i rivestimenti.
Due sono gli edifici a oggi realizzati: il centro di accoglienza, ricerca e documentazione, e gli alloggi temporanei per i ricercatori. Il primo – di impianto quadrangolare con copertura a falde – è organizzato attorno ad un patio ricavato per sottrazione dal cuore del volume costruito; tale spazio costituisce un’ampia fonte di luce e aria per i vani interni e consente di rivolgere verso il paesaggio prospetti completamente ciechi che aumentano il carattere monolitico dell’architettura.


Veduta della sala con sezione a capanna

Dal patio, come per gemmazione, nascono tre ambienti principali destinati all’accoglienza del pubblico o a piccoli incontri e dibattiti; su tali ambienti poi, con lo stesso processo di progressiva articolazione spaziale, si innestano vani minori multifunzionali di impianto trapezoidale o triangolare, che vanno a saturare gli interstizi verso i muri d’ambito.
La forma unitaria ed elementare dell’edificio nasconde all’interno, nella sezione delle tre sale principali, tre archetipi della costruzione: la volta, la capanna, il padiglione, riconoscibili spazialmente e sinteticamente rappresentati anche all’esterno nel taglio delle aperture vetrate che si rivolgono al patio centrale. Il disegno di questi tre spazi, ricavato da un complesso diagramma di sottrazioni volumetriche che trae origine dalle linee di unione delle quattro falde del tetto, genera quindi a sua volta una straordinaria abbondanza di vuoti accessori, apprezzabili come laconiche cavità connettive che danno accesso a servizi e depositi.
Gli alloggi temporanei per i ricercatori sono organizzati invece in quattro unità distinte, raggruppate in un solo volume chiuso e compatto dall’impianto quadrato.
Anche in questo caso su di ognuno dei quattro spazi abitativi principali si innestano vani accessori configurati questa volta come neutre armadiature a muro o come ampie nicchie attrezzate. Ognuna delle basse facciate dell’edificio è bucata da una sola grande apertura che garantisce l’accesso e l’ingresso della luce, lasciando affiorare la fodera lignea interna in prossimità dell’involucro basaltico esterno.


A sinistra: vedute del fabbricato degli alloggi temporanei
A destra: un ingresso alla residenza; il blocco cucina inserito nell’intercapedine, completamente chiudibile con pannelli in legno.

È evidente che il lavorio progettuale degli Aires Mateus, focalizzato sul valore plastico, volumetrico, e in ultima analisi geometrico della materia, è accompagnato da uno studio accuratissimo degli spazi interni, visti come entità autonome capaci di condensare qualità ambivalenti ma non necessariamente contraddittorie:
nel cuore delle architetture di Manuel e Francisco si aprono infatti vani articolati e complessi, orizzontali o verticali, unidirezionali o animati da più assialità di sviluppo centrifugo o centripeto.
Oltre il limite, dietro alle pareti che definiscono all’esterno gli edifici, viene disvelata quindi una spazialità ricca e seducente, delimitata da piani pavimentali e da soffitti su quote diverse, rischiarata da molteplici fonti di luce. Ecco allora che mentre la materia si fa viepiù astratta, lo spazio si concretizza divenendo quasi entità tangibile, modellata e costruita con sapiente disegno.
Ciò accade anche negli edifici di Furnas dove la volumetria unica, nitida e orizzontale dei corpi di fabbrica rivestiti di pietra, cela all’interno spazi sostanzialmente autonomi, frazionati e articolati, interamente foderati di un legno naturale dalla calda cromia; al contrario del volto esteriore dell’opera, elementare ed ermetico, tali cavità sono autoriali, tonali, perfettamente distinguibili. Una volta di più un’intensa “volontà di forma” governa l’azione progettuale dei Mateus nella definizione di una spazialità densa e suggestiva, scavata nell’intimo di volumi architettonici impassibili e monocromatici.

di Davide Turrini


Schemi planimetrici del Centro di ricerca. Pianta e sezioni del Centro di ricerca

SCHEDA TECNICA
Titolo dell’opera: Centro ricerche e monitoraggio di Laguna Furnas
Indirizzo: Lagoa das Furnas, Azzorre, Portogallo
Data di progettazione: 2005-2007
Data di realizzazione: 2008-2010
Committente: Spraçores
Progettazione: Manuel e Francisco Aires Mateus
Design team: Patrícia Marques, Valentino Capelo de Sousa, Mariana Barbosa Mateus, Catarina Belo, Francisco Caseiro, João Caria Lopes
Direzione lavori: Gabinete 118, Açores, Portogallo
Strutture: Afa-Rui Furtado, Gaia, Portogallo
Impresa di costruzione: Somague, Açores, Portogallo
Materiali lapidei utilizzati: Basalto delle Azzorre (esterni), Ardesia (interni)
Fornitura pietre: Herdeiros de Agostinho Ferreira, Rabo de Peixe, Portogallo
Istallazione pietre: Somague, Açores, Portogallo

Per una documentazione completa dell’opera Download PDF

Rieditazione tratta da Glocal Stone, a cura di Vincenzo Pavan pubblicato da Marmomacc

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