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23 Maggio 2017

Paesaggi di Pietra

STONE LEAVING, vivere nella pietra.


…all’ingresso della contrada una scritta ogni anno più sbiadita…

Casarole. Storie di case e di vita di centinaia, migliaia di anni fa.
C’era una volta, tanto tanto tempo fa, una piccola contrada ai piedi del monte Corno, nella propaggine occidentale del tavolato lessineo, a Nord della odierna Verona. Una manciata di casupole adagiate come le perle di una collana sgranata a ridosso delle pareti a strapiombo che si affacciano sulla Val d’Adige. C’era una volta, è proprio il caso di dire, anche perché fino a pochi anni fa la contrada era praticamente disabitata. Ma come accade talora nelle fiabe, per qualche strana alchimia le cose cambiano e prendono strade diverse. Casarole, quasi come quella famosa principessa dormiente, si è risvegliata. Prima grazie ad Elio, professore di liceo che ha deciso di trasferirsi a vivere in quest’angolo di paradiso, poi grazie ad Aldo, Roberto ed Elena che con una serie di strampalati speleologi hanno iniziato a coccolare questa piccola area della Lessinia grazie alla loro metodica e compulsiva ricerca di grotte (di cos’altro volete che vivano degli speleologi?) anche in virtù del fatto che a pochi chilometri in linea d’aria si apre l’immane Preta:“l’Abisso”, una delle grotte più importanti d’Italia. Gli effetti collaterali di questa ricerca spasmodica sono stati inattesi e spettacolari, perché hanno permesso di riportare alla vita piccoli gioielli di una edilizia dei secoli passati dove la pietra era ancora, e realmente, l’alfa e l’omega della vita rurale, ma aprendo anche, inaspettatamente, le porte di un passato talmente lontano in cui la pietra non era ancora lavorata, se non in minimi casi, per poterla viverla, ma era abitata così come era sfruttandone anfratti, pertugi, macroporosità. Un modo di vivere duro, faticoso, fatto di sofferta quotidianità all’alba della nostra storia evolutiva.


Ubicazione di Casarole Clicca per ingrandire

Casarole ha tutte le carte in regola per farci capire, immaginare, provare, come nel tempo siano cambiati gli stili, gli obiettivi, le necessità e le scelte strategiche di chi si doveva scegliere un posto riparato dove vivere; dove creare “casa”.
Questa contrada è lontana da tutto: dalla pianura padana e dalla Val d’Adige, centinaia di metri giù in basso, abbarbicata come è sulle alte pareti che la ospitano. Ai nostri giorni fa fatica ad avere appeal per la gente comune: nessun bar, nessun negozio, una sofferta strada sterrata e per chi va a cercare grotte ed anfratti, la necessità di avere corde ed imbraghi per muoversi per riportare agli antichi splendori vecchi sentieri ormai rinselvatichiti da una natura spettacolare e irriverente della nostra incapacità gestionali della sua forza. Eppure, a conferma di questa titanica e storica lotta uomo – natura, appena si arriva in questo glomerulo di case, ecco che appare piccola, irrispettosa, defilata dalla vista al punto da apparire come una splendida scoperta, una piccola cava di pietra della lessinia.
Questo materiale, ancor oggi cavato e proficuamente utilizzato nel mondo ( come non ricordare la sinagoga Cymbalista di Tel Aviv del Mario Botta realizzata proprio con questa pietra) è un materiale lastrolare con spessori variabili tra 4-5 fino a circa 40 centimetri, aspetto questo indubbiamente interessante in quanto, come è intuitivamente capibile, consente la lavorazione delle singole lastre con il loro unico dimensionamento lungo il perimetro dell’oggetto da usare senza necessità di spessorarlo. La lastra dimensionata può essere poi usata direttamente senza nessun altro tipo di rifinitura, agevolando e riducendo i tempi di lavorazione e rifinitura.


Tel Aviv – Cymbalista synagogue progettata da Mario Botta in Pietra di Prun

Risultato? Un aspetto assolutamente particolare ed affascinante. Spiegare quanto è ed è stata importante questa pietra per la gente dei Lessini è difficile e comunque riduttivo. Forse non è eccessivo affermare che questa pietra è stata per l’altopiano quello che può significare una barca per un abitante di un’isola: libertà. Libertà di realizzare qualsiasi cosa la mente possa elaborare: case, muri, tetti, pavimenti, scale, pali per le vigne, arnie, vasche per il verderame, lavandini, divisori si proprietà… Bastava un piccolo affioramento di questa spettacolare pietra per consentire la nascita, fin dai secoli passati, di piccoli centri abitati.


La contrada di Casarole. Nulla è lasciato al caso, e tutto è realizzato in pietra

Bene, proprio qui a Casarole potremmo essere paghi di quello che si scopre ammirando la pietra, costituente praticamente unico di queste case un tempo ad un passo dall’oblio edilizio, ed invece….. quello che dovrebbe profumare di antico e passato si palesa, ad un attonito osservatore, in un quasi futuro, una avanguardia costruttiva rispetto la storia umana del passato più antico che proprio dai boschi attorno alla contrada fanno capolino a chi li sa guardare. Attorno a Casarole, infatti sono in fase di censimento e di studio geologico da parte dello strampalato gruppo di speleologi tutta una serie di covoli, ripari e grotte.


All’ingresso della contrada, una croce in pietra. Correva l’anno 1884…. Sempre in pietra anche la struttura delle arnie. Le strade sterrate sono confinate tra muretti in pietra di fogge diverse, ma rigorosamente in pietra.

All’inizio del secolo scorso una serie di importanti scoperte archeologiche ha confermato che forse proprio in questa zona gli abitanti del paleolitico superiore risalivano la val d’Adige per venire a scambiare merci e a rifornirsi di selci, “la” pietra dei nostri antenati. E sembra che proprio da queste aree a nord di Verona provenissero le selci migliori che seguivano tracce commerciali fin fuori dell’odierna Italia.


Una delle scritte ancora non decifrate nel Covolo noto come Coal dei Camerini. (foto Soresini)

Proprio attorno a Casarole, nel secolo passato, studi e importanti lavori archeologici hanno dimostrato che alcuni dei covoli furono abitati dai nostri progenitori, e la loro presenza è stata segnalata da emozionanti tracce di vita quotidiana: selci, laminatoi, pics, tranchets, nuclei di selce approfonditamente studiati da importanti archeologi italiani ed inglesi (alcuni pezzi provenienti da questa zona sono ora esposti anche al British Museum), ma anche cocci risalenti all’ultimo periodo del paleolitico, ceramica invetriata del medioevo, a riprova che questi ripari sono stati usati dall’uomo per secoli sedimentando nel loro interno tracce fisiche e emozioni in un sedime di quotidianità dura ma evidentemente vissuta per molto tempo, a conferma dell’importanza geografica di questo minuscolo puntino sulla carta geografica. Di qui, si narra, passavano i briganti, i disertori, i contrabbandieri, ma anche chi fuggiva dal terrore di una guerra orribile si nascondeva tra queste pareti in attesa che l’umanità recuperasse un briciolo di saggezza che sembrava allora persa per sempre. Ma si racconta anche della Ginepra, una contadina, forse una “striossa”, che sembra scendesse di notte fino in val d’Adige centinaia di metri più in basso lungo sentieri pericolosi in fuga dei finanzieri per andare a vendere i formaggi che produceva, mentre lungo il suo ritorno caricava la gerla di “sabbion”, sabbia grossolana che veniva usata per lavare. Storie di persone, leggende forse, delle quali ogni tanto la terra e i covoli centellinano qualche flebile traccia.


Il covolo di Semalo. Imponente il suo ingresso molto spesso parzialmente mascherato da una cascatella.
Un’alta concentrazione di covoli in una area estremamente limitata e per questo chiamati i “Condomini”.
(foto Soresini)

E proprio la ricerca congiunta tra speleologi veronesi, mantovani ed emiliani di questi ultimi mesi, ovviamente alla ricerca di una nuova grotta che sia più grande e profonda della vicina Preta, ha portato alla luce proprio attorno Casarole, in una area di circa 2-3 chilometri, più di 90 covoli. E così quella che pochi anni fa sembrava una piccola contrada disabitata e ormai quasi completamente rinaturalizzata, si presenta ora sotto una nuova luce. Forse non abbiamo ben compreso quale era la sua reale importanza! Forse era più che una piccola zona dove vivevano pochi esseri umani! Tre castellieri nell’intorno di qualche chilometro e la presenza di un così grande numero di covoli potenzialmente vivibili (ovviamente senza camere con bagno, ma talora con viste da mozzare il fiato) potrebbero forse far pensare ad una cittadina vera e propria sgranata lungo le pareti dei Calcari Grigi che affiorano sotto il Rosso Verona, in questa località. E sarebbe proprio bello se a queste ricerche speleologiche si potessero associare anche quegli studi antropologici ed archeologici purtroppo abbandonati nel secolo scorso. Sì sarebbe proprio bello se oltre a trovare un abisso si trovasse il modo di andare in profondità nella nostra storia!

di Anna Maria Ferrari
Foto: Ferrari o, ove indicato, foto Soresini; foto 3 tratta da internet


La vasca del verderame in lastame.

Anche per i tetti la pietra era l’unico materiale che poteva essere utilizzato a casua della difficile reperibilità e dell’alto costo di soluzioni alternative.

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