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13 Luglio 2009

Interviste

Architettura e Comunicazione*
Laura Della Badia intervista Alfonso Acocella

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Web, editoria, eventi, fiere. Ne parliamo con Alfonso Acocella, il professor-comunicatore-architetto che ha creato Lithospedia e il primo network sull’architettura di pietra, lavorando col web con la disinvoltura di un liceale.
Da professore, gli abbiamo chiesto anche di dare i voti (ahi!…) alle riviste di architettura

Laura Della Badia: Puoi spiegarci meglio come e perché, da architetto, ti sei avvicinato al mondo della comunicazione?
Alfonso Acocella. L’origine del personale avvicinamento a questo mondo è abbastanza recente. Nel 2002 il preside della Facoltà di Architettura in cui insegno, il prof. Graziano Trippa, mi incaricò di organizzazione le celebrazioni del Decennale di Fondazione della Facoltà stessa, attraverso un programma culturale tutto da ideare per il quale, però, non esistevano fondi.
A fronte di tale critica condizione di partenza si decise, insieme ai colleghi disponibili alla sfida (in primis Gabriele Lelli e Theo Zaffagnini), di mettere in atto un ambizioso progetto di eventi e di comunicazione, da presentare ai potenziali sostenitori e agli attori-protagonisti invitati in Facoltà (50 fra emergenti e grandi architetti di tutto il mondo) a svolgere gratuitamente delle conferenze internazionali. La mossa iniziale e vincente fu l’idea del conferimento di una laurea honoris causa a Peter Zumthor; seguì un lungo calendario di incontri, convegni e confronti dal titolo “Progetto e Costruzione” per l’intero 2003. La manifestazione, in forma di Festival d’architettura ante litteram, partì e il 2003 fu l’anno dell’XFAF (dove la X, oltre che segnare in numero romano il Decennale di celebrazione, allude anche all’intersezione, al crossing fra l’Università che organizza e il mondo esterno dell’economia che sostienefinanziariamente l’intero programma).
E’ venuto così a definirsi, nel tempo, un progetto di comunicazione integrata, strutturato nella ricerca dei fondi e nell’ideazione di “format culturali”: non solo eventi “reali”, come conferenze internazionali, manifestazioni teatrali, mostre, dibattiti, ma anche progettazione visuale e grafica, sviluppo di un sito con il reportage delle manifestazioni. Su questo terreno è nato, personalmente, l’avvicinamento alla comunicazione come leva per la ricerca di risorse adeguate a svolgere progetti culturali sempre più articolati: produzione di contenuti disciplinari, politica relazionale, processi comunicativi svolti fra carta, web, tv locali, eventi. L’orizzonte della comunicazione integrata, appunto.

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XFAF, Decennale di fondazione della Facoltà di Archtiettura di Ferrara. Progetto scientifico e coordinamento: Alfonso Acocella, Gabriele Lelli, Theo Zaffagnini

L. D. B. : Subito dopo è nato il blog Architetturadipietra?
A. A. : Le origini del blog si rintracciano, in parte, nell’esperienza sviluppata per l’XFAF e, in parte, negli esiti di una ricerca pluriennale promossa dalla Lucense di Lucca e sfociata nella pubblicazione del libro “L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi”, edito da Alinea nel 2004. Subito dopo la pubblicazione del volume, abbiamo pensato ad un nuovo progetto culturale più ampio ed ambizioso: virtualizzare il tema di partenza evolvendolo in internet, per conferirgli una maggiore pervasività agli occhi delle istituzioni e dello stesso settore produttivo del Paese, legato al mondo delle Pietre d’Italia.
Con il blog Architetturadipietra.it (nato nel 2005), il progetto culturale ha acquisito la leggerezza della nuova anima digitale: immateriale, veloce, espansiva. Dall’interazione lungo la rete di internet ma anche dalle frequentazioni e dai progetti svolti sul territorio nazionale, è nato un network di individui, centri di ricerca, associazioni, aziende, media ecc., che sono diventati co-autori del blog. La media di 50.000 visite unitarie mensili conferma oramai l’affermazione (se non il grande successo) dello spazio digitale.

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[photogallery]intervista_aco_album1[/photogallery]

L. D. B. : In sintesi, com’è strutturato?
A. A. : Architetturadipietra.it è composto da tre macro aree: Blog, Lithospedia, Libro.
Il blog, l’anima storica e centrale del progetto, organizza i contenuti (un post ogni 2-3 giorni) all’interno di 20 rubriche tematiche. Lithospedia, indirizzata alla formazione di una enciclopedia on line, è strutturata in due aree tematiche: Lithosiconografia e Lithosbibliografia (quest’ultima in fase di progetto).
Il libro – spazio di documentazione e valorizzazione del progetto cartaceo “L’architettura di pietra” – propone una inedita modalità di condivisione del libro in forma di volume virtuale. E’ possibile entrare nel libro, sfogliarne ed ingrandirne le pagine, scaricare gratuitamente interi capitoli per stamparli e leggerli anche off-line, maturando così un avvicinamento all’opera a stampa.

L. D. B. : Parliamo del web in generale. Nel panorama internazionale, ci sono progetti di comunicazione per l’architettura particolarmente innovativi?
A. A. : Sono numerosi i progetti che sul web nascono con grandi entusiasmi, con aspettative e propositi altisonanti, salvo poi dopo le fasi iniziali – non riuscire a conservare la propria forza e ad evolversi. Negli ultimi anni, i grandi siti “contenitore” avviati con gli obiettivi di inglobare (e diffondere in rete) informazioni tecniche, contenuti critici, iconografi, spesso finanziati da sostenitori pubblici e privati, non sono riusciti a conservare la propria forza innovativa ed appetibilità sul web.
Forse la spiegazione è nel fatto che nel mondo della rete la tensione creativa e l’interesse devono essere tenuti costanti nel tempo attraverso progetti dinamici (una sorta di work in progress) con “fondazioni” e verifiche, ma anche rimettendosi in discussione, in funzione di nuove idee nate in rete, sfruttando l’interattività e il feed back tipico di internet. Basti pensare all’evoluzione di wikipedia, vero progetto collettivo, di questi ultimi anni. Ma volendo rimanere nel mondo disciplinare dell’architettura, ritengo che di progetti comunicativi veramente innovativi ve ne siano pochi. Di forte interesse, sono siti che hanno proposto la visione del tutto contemporanea e nuova delle materioteche digitali: materia.nl, materialconnexion.com, materialexplorer.com, materialatlas.com, materio.com.
Su un diverso fronte, europaconcorsi.com(sito dedicato ai professionisti della progettazione architettonica) sicuramente è un sito innovativo (e visitatissimo), in quanto a fianco del servizio di comunicazione dei bandi, propone un’offerta differenziata di contenuti, capace di dare risposta alla domanda di visibilità da parte dei progettisti (più o meno affermati e noti), con la pubblicazione di profili e progetti on-line.

L. D. B. : Cosa cerca, secondo te, l’architetto nel web? Aggiornamento professionale, news, opinioni, novità di prodotto?
A. A. : Ritengo che l’architetto nel web ricerchi le quattro cose insieme, ma forse soprattutto progetti e news, considerando soprattutto la componente prevalentemente giovanile dei fruitori di internet.
Non marginale, comunque, per tutti coloro che sono impegnati in programmi ed attività costruttive, la ricerca in internet di novità di materiali e di prodotto, di sperimentazioni ed innovazioni esecutive.
Sito o portale, blog o forum: quanti sanno la differenza? Alcuni la sanno, altri no. Ritengo sia un fatto generazionale e attitudinale. Ma è fondamentale saperlo?
Gli utilizzatori di internet credo che non si pongano il problema. Solo lungo il processo di consultazione e di fruizione apprendono i diversi tipi di siti, le modalità di interazione, le architetture dei siti stessi. I format editativi in rete risultano, inoltre, in continua modificazione ed evoluzione, mixando ed ibridando, tramite innesti e fusioni, i singoli format che dicevi, insieme ad altri ancora.

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Il progetto crossmediale Rossoitaliano [2005-2009], in collaborazione con Museo Dinamico del Laterizio e delle Terrecotte di Marsciano.

Vai a Supermuseolaterizio.it

L. D. B. : Per un sito, essere graficamente piacevole e offrire contenuti chiari e di veloce consultazione è, ormai, una condizione necessaria ma non sufficiente. Qual è il passo successivo?
A. A. : Penso che per realizzare un progetto digitale di successo sia necessario oggi sviluppare una politica aperta di produzione, condivisione, discussione dei contenuti, sia all’interno delle figure responsabili del progetto sia fra i vari pubblici di riferimento cui è rivolto cercando il loro più ampio coinvolgimento.
L’evoluzione costante nel tempo – in termini di informazioni, temi, format comunicativi, usabilità – è fondamentale per restituire una dinamicità e progressione del progetto e far leggere il sito stesso come luogo vivo.

L. D. B. : In base alla tua esperienza, che attenzione c’è al web da parte delle aziende del settore architettura?
A. A. : Riscontro, più recentemente, un interesse crescente ad una visione più evoluta del web che – abbandonata la logica semplificata del sito aziendale per la pura visibilità di prodotti – è indirizzata a cogliere le valenze della parte viva di internet, dove flussi di informazioni si intersecano con progetti in forma di social networking, con feedback continuo fra gli attori e i fruitori della rete.

L. D. B. : Qual è il difetto più diffuso nei siti aziendali?
A. A. : È raro trovare siti di aziende operanti nel settore dell’ architetttura, che abbiano saputo cogliere le sfide della comunicazione multimediale del terzo millennio. L’informazione tecnica e commerciale passa ormai per un buon 70% sul web ma quella delle aziende del settore edilizio è spesso imprecisa, poco chiara, e soprattutto non “attrae” gli utilizzatori del web risultando incapace di cogliere le potenzialità del mezzo.
Spesso i siti delle aziende finiscono per essere repliche di cataloghi commerciali con informazioni frammentate ed incomplete, con immagini prive di attrattività e con progetti grafici e di fruizione digitale molto grossolani.
L’asettica informazione legata a prodotti e servizi, la mancata documentazione delle opere di architettura che hanno valorizzato tali prodotti, sono i più frequenti elementi di criticità dei siti aziendali, che finiscono con l’essere “siti vetrina”.
Le aziende dovrebbero ripensare profondamente il loro modo di comunicare sul web, sfruttando maggiormente le potenzialità dei nuovi media culturali, quali video, videoconferenze, archivi digitali, schede tecniche interattive, ecc. e soprattutto dotarsi di figure capaci di produrre contenuti e comunicazione di qual-
che interesse e profondità.

L. D. B. : Da qualche anno sono nate le prime web-tv, anche di architettura. In realtà della tv hanno poco; sono dei normali siti con qualche video in più…
A. A. : La stessa tv sta cambiando, spostandosi sul web. È normale che i format di tipo televisivo disponibili in rete non possano avere la stessa impostazione della tv vera e propria, perché è l’utente a ricercare quanto a lui interessa, potendo vedere e rivedere, archiviare i contenuti a suo piacimento per poi recuperali in momenti successivi.
A differenza della televisione, il computer è, prevalentemente, uno strumento di lavoro, e in rete si possono fruire in forma più finalizzata i diversi format multimediali (video, film, conferenze ecc.) che contengono delle informazioni di tipo professionale, insieme – chiaramente – a quelli di puro intrattenimento. L’architettura, tradizionalmente comunicata attraverso supporti statici come la stampa, in un momento, qual è l’attuale, in cui è sottoposta comunicativamente a diventare “prodotto di moda”, di “tendenza” per un pubblico vasto e non più solo professionale, ritengo possa approfittare dei nuovi linguaggi di tipo filmico e televisivo. Si tratta anche qui, come per internet, di elaborare e mettere a fuoco nuove architetture di siti culturali che non siano solo “ripostigli”, semmai ricchi di video ma stipati alla rinfusa come la tua domanda mette in evidenza. Il grande successo mondiale di youtube.com indica l’interesse per i formati video amatoriali (e non) e le potenzialità di una nuova frontiera per la comunicazione dell’architettura e dei suoi protagonisti.

L. D. B. : Tre siti che consiglieresti di guardare
A. A. : Allargando il campo di riferimento, indicherei tre progetti digitali:
interdisciplines.org
architectureweek.com
architetturaedesign.it
oltre, naturalmente, ad architetturadipietra.it …

L. D. B. : Parliamo di editoria. Il tuo libro, per esempio, (ndr L’architettura di Pietra) può essere interamente sfogliato sul web, ma letto o ascoltato solo in alcune parti. E’ il problema di tutti gli editori e gli autori. Come si possono trasferire sul web i contenuti veri (oggi sulla carta) senza perderci?
A. A. : Quella dei siti internet che in forma intelligente e non meramente commerciale promuovono la diffusione di beni fisici (e spesso anche la vendita) è una strategia oramai consolidata da alcuni anni. Si trasferiscono in rete “quote” immateriali dei prodotti (o anche di servizi) e in cambio si riceve attenzione, condivisione di valore, acquisto – a volte – dei prodotti stessi.
In questa logica abbiamo inteso parte del progetto del blog, che è medium digitale prosecutore dei contenuti del volume L’architettura di pietra. Il libro stampato è all’origine del progetto culturale che evolve oramai da anni in rete, sviluppando nuovi contenuti ma anche riproponendo quelli del libro stesso. In questo modo l’editore invece di perderci, guadagna nuovi potenziali acquirenti.
L’editoria tradizionale (legata unicamente al supporto cartaceo) deve evolversi, in sinergia con le nuove potenzialità del web, puntando ad una presenza multicanale (carta, web, radio) e ad una politica territoriale (evoluzione della rete vendita oltre gli spazi delle tradizionali librerie, organizzazione di eventi che ricerchino i pubblici di riferimento significativi, promozione attraverso il porta-a-porta).

L. D. B. : Quale futuro vedi per la carta stampata?
A. A. : Un futuro insostituibile che però, progressivamente, deve ricentrare il focus dei contenuti. Si impongono significativi progetti editoriali, man mano che news e vasta produzione di contenuti, anche prodotti “dal basso”, rifluiscono con facilità e bassi costi verso il web o gli altri canali digitali.
I progetti su carta stampata dovrebbero risultare maggiormente ambiziosi e selezionati, frutto delle migliori competenze intellettuali, professionali e con investimenti economici adeguati.
Produrre qualità, rischiando sul mercato e ri-diventando imprenditori e non semplici stampatori: è questa la scommessa della carta stampata ed anche il suo futuro.

L. D. B. : DOMUS, CASABELLA, AREA, THE PLAN, L’ARCA: da professore, che voti gli dai ?
A. A. : Un comunicatore interessato ad avere e mantenere “buoni uffici” con ogni organo di stampa dovrebbe realisticamente glissare questa domanda. Ma un accademico-comunicatore – con le sue visioni di architettura, di critica interpretativa, di qualità di scrittura – non può esimersi dall’esprimere giudizi di valore, sia pur soggettivi, dei progetti editoriali delle riviste citate nella domanda.
Pertanto: a CASABELLA 8, AREA 6 tendente al 7, DOMUS 6,
THE PLAN 6, L’ARCA 4.

L. D. B. : Parliamo di fiere. Considerata la possibilità di aggiornarsi sulle novità tramite portali sempre più ricchi di contenuti da una parte, e la mancanza, ormai cronica, di tempo dall’altra, quale futuro vedi per le fiere?
A. A. : Per tradizione decennale le fiere sono state luoghi di marketing aziendale, in cui i prodotti hanno ricevuto un’esposizione “temporalizzata”, cercando di “parlare” direttamente ai pubblici di riferimento.
Questo quadro, però, nell’ultimo decennio ha subito forti mutazioni. La formula della fiera campionaria (arricchita da qualche evento culturale collaterale: convegno, mostra) è in qualche modo entrata in una fase critica, imponendo strategie innovative per ritrovare vitalità e competitività: potenziamento delle manifestazioni affermate, ricerca dell’internazionalizzazione, concentrazione in luoghi infrastrutturalmente adeguati, alleanze di calendarizzazione, sviluppo di progetti culturali e comunicativi di maggior richiamo.
Un’osservazione che mi sentirei di avanzare riguarda la mancata valorizzazione dei contenuti che si creano (e si perdono velocemente) con lo svolgimento delle manifestazioni stesse. Non solo i contenuti legati agli eventi culturali ma anche e soprattutto quelli legati agli investimenti delle aziend: progettazione ed esecuzione degli stand, prodotti esposti, presenza di opinion leader, di creativi ecc. Tutto ciò potrebbe essere capitalizzato dagli organizzatori delle fiere, entrando a far parte di piattaforme digitali: una specie di “fiera virtuale” che consentirebbe, successivamente all’evento, a di accedere ai contenuti, ai momenti significativi, agli spazi allestitivi e ai prodotti più significativi.

L. D. B. : Tramite SITdA, la Società dei Tecnologi dell’Architettura nata nel 2005 e di cui sei vicepresidente, hai organizzato al MADE 2009 il convegno “Cityfutures”. Anche in questo caso si tratta di un progetto di comunicazione più ampio, che si svilupperà oltre il convegno?
A. A. : Il Convengo a MADE_expo 2009 “Cityfutures Visione, Progetto, Strumenti, Architettura, Design e Tecnologie per il futuro della Città”” – scientificamente organizzato da SITdA attraverso l’apporto insostituibile dei proff. Lorenzo Matteoli e Roberto Pagani – rappresenta un evento importante all’interno di un percorso comunicativo più ampio della Società scientifica. L’obiettivo è sviluppare progetti culturali alimentati dal Network Tecnologi, come il potenziamento del sito istituzionale tecnologi.net, la fondazione di una rivista sulle tecnologie costruttive ed ambientali per l’architettura e la città, l’organizzazione annuale di eventi, come “Cityfutures”.

(Vai a Tecnologi.net)

L. D. B. : Per capire quanto possa essere importante la comunicazione, potremmo pensare al settore lapideo, tradizionalmente abbastanza arretrato da questo punto di vista. Podrecca in un’intervista a CityProject ha detto “resiste ancora la cultura del caminetto, del bagno in marmo”. E’ più colpa degli architetti o di un settore che non ha mai saputo comunicare?
A. A. : Ritengo che gli architetti, molti dei quali sono noti a livello internazionale, abbiano prodotto messaggi indelebili, scritti attraverso la solidità litica delle opere che ci hanno consegnato negli ultimi due decenni. Tali architetti – tra cui lo stesso Podrecca – hanno dimostrato la grande potenzialità della pietra ad essere impiegata in opere dal linguaggio contemporaneo e queste sono state costantemente segnalate all’interno del “Premio Internazionale Architetture di Pietra” curato dall’amico Vincenzo Pavan e promosso da Marmomacc.
Molto indietro ed arretrato è, invece, il tessuto produttivo lapideo italiano (stranamente invece fra i primi, sul piano internazionale, quanto a potenzialità e competenze sia estrattive che di lavorazione) in quanto a progetti culturali e di promozione (anche comunicativa) della pietra, come risorsa per l’architettura e per la stessa economia nazionale: il mondo dell’escavazione, insieme a quello della trasformazione, risulta frammentato in piccole e medie realtà dove ancora – salvo rare eccezioni – “resiste la cultura del caminetto, del bagno in marmo”.

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Il pacchetto comunicativo del corso Costruzioni in Pietra 2007-08

L. D. B. : Nell’ambito della tua attività, collabori con aziende del settore lapideo, in merito a progetti di comunicazione. Credi che le aziende italiane siano pronte ad una comunicazione innovativa? Ci fai qualche esempio?
A. A. : Oggi è imperativo, per le aziende, attrarre e coltivare tutto ciò che è pensiero, creatività, informazione. L’immaterialità della cultura, paradossalmente, rappresenta la “nuova materia prima” dell’economia postfordista. Le aziende maggiormente avvedute
ne hanno già preso coscienza, coinvolgendo nella politica d’impresa persone creative, capaci di coniugare produzione di contenuti e comunicazione, anche sfruttando le nuove tecnologie di comunicazione. Questo tipo di filosofia è posta alla base delle collaborazioni in corso con realtà del settore lapideo – quali IL CASONE, PIBA MARMI, MARMOMACC – ma anche del settore del laterizio e della ceramica architettonica come CASALGRANDE PADANA. All’interno di queste collaborazioni si punta ad avvicinare e far dialogare le competenze dell’università e il talento dei creativi con i brand del Made in Italy per sviluppare progetti culturali, eventi, nuovi format comunicativi, integrati e multicanali.
Slargare ed arricchire il tema della comunicazione facendola uscire dagli studi di “pura” comunicazione per ricondurla a teamwork creativi più ampi: è questa la strategia che sto faticosamente perseguendo con qualche successo e soddisfazione.

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Inaugurazione Palazzo Tassoni, Facoltà di Architettura di Ferrara, 11 dicembre 2009
Progetto scientifico e coordinamento Alfonso Acocella.

(Vai alle Videointerviste)
(Scarica la rassegna fotografica dell’evento)

L. D. B. : Pubblicità: non credi che, nella maggior parte dei casi, le pagine che vediamo sulle riviste siano poco curate graficamente e spesso troppo piene di contenuti tecnici?
A. A. : Ritengo che il vero problema delle pagine pubblicitarie non riguardi tanto la forrma grafico-contenutistica interna quanto, oramai, la “sostenibilità economica” degli investimenti da parte delle imprese e l’erosione degli spazi pubblicità sulle riviste da parte di format pubblicitari digitali o addirittura di progetti comunicativi alternativi.
Le poche e solide grandi aziende che investono significativamente in pubblicità sono ricercate e “inseguite” dai diversi gruppi editoriali ricevendo attenzioni attraverso attenzioni, messa a disposizione di pagine redazionali, news ecc.
La maggior parte delle aziende di medie e piccole dimensioni per le limitate risorse disponibili o per mancanza di cultura comunicativa, non accedono a tale forma di visibilità e di promozione dei brand. Si unisce a questo quadro l’assuefazione nei confronti della pagina pubblicitaria tradizionale e la messa in discussione da parte dei format pubblicitari di internet (più economici e misurabili): condizioni che delinenano un quadro difficile per la pubblicità su carta.

L. D. B. : In tempi di crisi, tutti vorrebbero comunicare in modo efficace ma spendendo poco. Oltre a fare pubblicità su CityProject… in cosa consiste la ricetta per il 2009?
A. A. : Mettere in discussione le abitudini consolidate e convenzionali; individuare obiettivi chiari, raggiungibili e misurabili, finalizzando risorse congruenti: questa, ritengo, possa essere una ricetta generale per la comunicazione in una fase di crisi quale è quella attuale.
Inoltre credo che sia importante, per molte aziende, ridisegnare il rapporto fra investimenti in comunicazione cartacea compresi quelli pubblicitari (auguri, chiaramente, per CityProject) e comunicazione digitale, aggiornando e curando maggiormente i propri siti.
Infine: progettare la comunicazione rivolgendosi a team capaci di evolvere contestualmente contenuti, progetti culturali, relazioni e comunicazione integrata.

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Material Design, centro di ricerca, progetto e comunicazione, presso il Dipartimento di Architettura della Facoltà di Architettura di Ferrara.
(Scarica il pdf di Material Design)


city_project* L’intervista è stata pubblicata su Cityproject n. 19, 2009.
Si ringrazia l’editore per la disponibilità alla rieditazione.
La scelta delle immagini è stata variata ed arricchita in funzione del diverso canale e format comunicativo.
Laura Della Badia, giornalista, opera nel settore della comunicazione di progetto e di design. È responsabile di riviste specializzate, si occupa di web marketing, ufficio stampa, pubbliche relazioni per associazioni e aziende legate del mondo dell’architettura e del design.

Vai al sito Facoltà Architettura Ferrara
Vai a CityProject

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12 Luglio 2009

English

MARMOMACC MEETS DESIGN
“HYBRID AND FLEXIBLE”

Versione italiana


Project of Aldo Cibic for Santa Margherita

Marmomacc Meets Design is one of the main items in the cultural programme of the 44th edition of the exhibition scheduled in Verona 30 September – 3 October.

“Marmomacc Meets Design” this year welcomes its third edition and its objective is the development of projects using marbles and stones in collaboration with a selected group of companies alongside designers and architects well-known on an international scale, who will exploit the technological knowhow of these companies.
Marmomacc Meets Design aims to bring together professionals, designers and companies in the natural stone sector through ideas intended to launch an important approach to the material used, exploiting new agility to help further improve many applications.
From “The lightness of marble”:” in 2007: a challenge to the gravity and nature of stone, to “Skin, Texture” in 2008: astonishing tactile quality and unexpected visual aspects, the topic for 2009 is “Hybrid and Flexible”.
The research keys of the new topic for Marmomacc Meets Design develop concepts such as hybridation, flexibility, contamination, mutation, metamorphosis and transformation.
The intention of this project is to merge materials, production processes, aesthetics, blend the mutability and metamorphosis of forms and styles and embrace the transformation of cultural and creative processes.
Such crossways approaches are acknowledged here as true moments in development, where design achieves a new synthesis between mechanical processes, technology, languages and attitudes.
The theme of flexibility also intersects with the topic of sustainability as a warranty for better investment of resources. Predispositions for technological and innovative solutions help reduce overheads in transformation work.
The objective of Marmomacc is to support at every edition of the exhibition a group of companies that undertake, with reference to common regulations, to develop a work or experimental technique involving the theme proposed and discussed by the matrix of the project.
This third appointment is supported by thirteen leading companies in the sector and fourteen Italian and international designer and architects sharing professional and cultural dedication of the highest level.

Designers and companies
Alberto Campo Baeza with Pibamarmi
Aldo Cibic with Santa Margherita
Craig Copeland e Turan Dada with Henraux
Michele De Lucchi with MGM Furnari
Marco Fagioli e Emanuel Gargano with Vaselli Marmi
James Irvine with Marsotto
Francesco Lucchese with Scalvini Marmi
Marco Piva with Lasa Marmo
Marco Romanelli e Marta Laudani with F.lli Mele
Luca Scacchetti with Grassi Pietre
Tobia Scarpa with Testi Fratelli
Francesco Steccanella with Il Casone
Patricia Urquiola with Budri

Coordinated by Evelina Bazzo

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10 Luglio 2009

News

MARMOMACC INCONTRA IL DESIGN
“HYBRID AND FLEXIBLE”

English version

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Schizzo di progetto di Aldo Cibic per Santa Margherita

Marmomacc Incontra il Design costituisce una delle principali tappe del programma culturale della 44ª edizione della fiera in programma a Verona dal 30 settembre al 3 ottobre 2009.

L’evento Marmomacc Incontra il Design, conta quest’anno la sua terza edizione e ha come obiettivo lo sviluppo di progetti realizzati con marmi e pietre, in collaborazione con un gruppo selezionato di aziende abbinate a designer e architetti noti a livello internazionale, che utilizzeranno i know how tecnologici propri delle aziende.
Marmomacc Incontra il Design vuole avvicinare professionisti, progettisti, designer e aziende del marmo, con proposte adatte a iniziare una storia importante quanto il materiale utilizzato, che attraverso una nuova agilità, nobiliterà molti impieghi.
Da “La Leggerezza del Marmo” nel 2007: una sfida alla gravità e alla natura della pietra a “Pelle, Skin, Texture” nel 2008: qualità tattili stupefacenti e aspetti visivi inaspettati, il tema proposto per il 2009 è “Hybrid and Flexible”.
Le chiavi di ricerca del nuovo tema di Marmomacc Incontra il Design sviluppano concetti di ibridazione, flessibilità, contaminazione, mutazione, metamorfosi, trasformazione.
La volontà del progetto si fonda sulla contaminazione di materiali, di processi produttivi, di estetiche, e vuole considerare la mutazione e la metamorfosi di forme e stili e la trasfomazione dei processi culturali e creativi.
La trasversalità viene qui riconosciuta come uno dei veri momenti di sviluppo, in cui il design opera nuove sintesi tra processi lavorativi, tecnologia, linguaggi e comportamenti.
Il tema della flessibilità si interseca inoltre, con il tema della sotenibilità in quanto garante di una condizione di più felice investimento delle risorse. La predisposizioni a soluzioni tecnologiche e innovative, concorre a ridurre i costi delle opere di trasformazione.
L’obiettivo di Marmomacc è di sostenere in ogni edizione della mostra , un gruppo di aziende che si impegnano con un regolamento comune a realizzare un’opera o una tecnica sperimentale, sul tema proposto e discusso dalla matrice del progetto.
Questo terzo appuntamento è sostenuto da tredici aziende leader nel settore e da quattordici designer e architetti, italiani e stranieri, accomunati da un impegno professionale e culturale di riconosciuto livello.

PROGETTISTI E AZIENDE
Alberto Campo Baeza con Pibamarmi
Aldo Cibic con Santa Margherita
Craig Copeland e Turan Dada con Henraux
Michele De Lucchi con MGM Furnari
Marco Fagioli e Emanuel Gargano con Vaselli Marmi
James Irvine con Marsotto
Francesco Lucchese con Scalvini Marmi
Marco Piva con Lasa Marmo
Marco Romanelli e Marta Laudani con F.lli Mele
Luca Scacchetti con Grassi Pietre
Tobia Scarpa con Testi Fratelli
Francesco Steccanella con Il Casone
Patricia Urquiola con Budri

a cura di Evelina Bazzo

Vai a Marmomacc

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8 Luglio 2009

Citazioni

Brand experience

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Armani Store a Londra. Interno in pietra progettato da Claudio Silvestrin

«Il valore aggiunto delle buone idee punta oggi su tutte quelle attività in cui le cose acquistano valore non solo per le prestazioni materiali che forniscono, ma anche per i significati, le esperienze e i servizi a cui danno accesso. Le imprese cercano l’innovazione di processo e di prodotto, sostenuta da investimenti in ricerca e miglioramenti in servizi adeguati per garantire così l’unicità della loro offerta, attraverso confronto, interdisciplinarietà, trasferimento delle idee e sinestesia della materia sia internamente che esternamente all’azienda: in un prodotto o in un processo, una piccola ma decisiva innovazione può infatti rivelarsi vincente.
Superato l’aspetto di utilità, si va inoltre affermando sempre più l’attenzione ai modi, metodi di costruzione di un prodotto, alla materia prima utilizzata che non necessariamente deve essere di pregio in sé, ma piuttosto ricercata nell’essenza, nell’applicazione o nella lavorazione.
Bellezza, capacità artigianale, tradizione: il ben fatto deve essere il risultato di un percorso storico e culturale ancora prima che economico. È l’estetica spesso ad attribuire espressività al singolo prodotto distinguendolo dagli altri, pur della medesima categoria.
Packaging particolarmente curati, sfumature studiate anche in piccolissimi oggetti del fare quotidiano diventano il linguaggio caratterizzante e identificativo di beni che, specie se di più difficile reperibilità, catturano l’immaginazione e acquisiscono un simbolismo e una unicità che il pubblico è ben disposto a concedersi: una sola volta, spesso, ripetutamente.
Il prodotto oggi deve infatti manifestare inclusione e intrusione, mostrare capacità di emozionare, di trasmettere sentimenti e arrivare a rappresentare persone e stati d’animo, fino a scatenare l’immediata attrazione fatale. Accanto alla gestione del design di prodotto è andata crescendo anche una maggiore attenzione al corporate design, inteso come capacità di trasferire il valore dell’immagine del bene sull’impresa e come contributo alla valorizzazione del brand.
È così che ambientazioni, caratterizzazioni di punti vendita e spazi espositivi promuovono attivamente i meccanismi decisionali, facendo leva su componenti emozionali, di intimo appagamento che fanno desiderare il perpetuarsi all’infinito di un momento perfetto, ma consapevolmente distante e distinto da quello effettivo di consumo. Il momento focale della domanda si sposta dalla modalità di fruizione all’atto di acquisto, per vivere una fase anticipata ma decisiva; è l’accesso al mondo del prodotto dove bisogno e sogno si fondono, generando sensazioni e feeling unici».

Marco Turinetto, Nuove tradizioni. Metodologia, stile, coerenza, Milano, Lupetti, 2008, p. 9

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Armani Store a Londra. Gli interni in pietra progettati da Claudio Silvestrin

BIBLIOGRAFIA DI APPROFONDIMENTO
Marco Turinetto, Mostrare e vendere: concept per l’identita dei punti vendita, Bologna, Esculapio, 1993, pp. 156.
Marco Turinetto, Punto vendita: dimensioni e forme di indagine per la distribuzione, Bologna, Esculapio, 1997, pp. 129.
Maria Cristina Martinengo, Consumatore e luoghi d’acquisto, Milano, Guerini, 1998, pp. 162.
Vanni Codeluppi, Lo spettacolo della merce. I luoghi del consumo dai passages a Disney World, Milano, RCS, 2000, pp. 242.
Valeria M. Iannilli, Riflessioni e scenari innovativi nel progetto del punto vendita, Bologna, Editrice Esculapio, 2002, pp. 220.
Otto Riewolot (a cura di), Brandscaping. Worlds of experience in retail design, Basilea, Birkhäuser, 2002, pp. 208.
Corinna Dean, The inspired retail space. Attract customers, build branding, increase volume, Gloucester, Rockport Publishers, 2003, pp. 165.
Paola Bertola, Ezio Manzini (a cura di), Design multiverso. Appunti di fenomenologia del design, Milano, Polidesign, 2004, pp. 256.
Marco Turinetto, Be Different. Il valore attrattivo del brand-design nelle imprese moda, Milano, Polidesign, 2005, pp. 255.
Cecilia Gandini, Marco Turinetto, Lusso necessario: alla ricerca del valore per vincere la crisi, Milano, Lupetti, 2009, pp. 231.

a cura di Davide Turrini

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6 Luglio 2009

Scultura

I diversi approcci europei alla conservazione delle superfici

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“Amorino Lubomirski”, particolare del viso del giovane principe

La manutenzione e il restauro delle superfici marmoree da sempre seguono modalità che derivano dall’effetto finale che si desidera ottenere. Non si tratta di un modo di operare univoco ma, al contrario, se confrontassimo i vari interventi nel mondo, questi potrebbero sembrare fra loro anche molto differenti.
È esemplare il caso della serie dei cosiddetti amorini di Antonio Canova, quattro sculture realizzate fra il 1786 e il 1797 dal celebre artista italiano e oggi sparse in giro per l’Europa: l’Amorino Lubomirski (1786-88) conservato nel Castello Lan’cut in Polonia (Muzeum Zamek w ?a?cucie), l’Amorino Campbell (1787-89) nell’Anglesey Abbey di Cambridge, l’Amorino Latouche (1789) alla National Gallery of Ireland di Dublino e l’Amorino Yussupov (1793-97) all’Ermitage di San Pietroburgo.
Si tratta di quattro versioni dello stesso tema, replicato più volte dal Canova per esplicita richiesta dei suoi molti committenti (in origine esisteva anche un quinto amorino, che Canova chiamò Apollo, realizzato nel 1797 per il francese Juliot, purtroppo disperso e noto solo attraverso la copia di Palazzo d’Accursio a Bologna).
La prima delle quattro opere raffigura il principe Lubomirski e fu commissionata a Canova nella primavera del 1786 dalla principessa Elzbieta Czartoriska (vedova di Stanislaw Lubomirski) a Roma insieme al futuro nipote Henryk, di otto anni, in una tappa del suo forzato allontanamento dalla Polonia a causa delle forti tensioni con il nuovo re, Stanislaw Poniatowski.

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Eros copia romana musei capitolini

La statua, completata fra il 1787 e il 1788 (probabilmente modellata su un antico marmo di reimpiego appositamente acquistato dal copista e restauratore Carlo Albacini) ritrae il viso del giovane principe su di un corpo idealizzato e adulto che, con morbidi lineamenti ripropone la classica iconografia di Eros (una copia romana del II secolo d.C. da un originale attribuito a Lisippo era stata rinvenuta a Villa d’Este a Tivoli nei pressi di Roma), con arco e faretra, trasfigurando così il giovane principe, noto per i suoi bellissimi lineamenti, nell’immagine del dio dell’amore.
La fortuna della statua fu tale che, oltre alla stessa principessa Lubomirski, diversi nobiluomini europei ne commissionarono al Canova ulteriori copie.

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Amorino Lubomirski

L’artista colse l’occasione per realizzare successive varianti che via via lo portarono a perfezionare il tema.
La prima di queste fu commissionata nel 1787 dal colonnello inglese John Campbell che, visitando lo studio romano di Canova (al quale aveva già commissionato il più noto Amore e Psiche) ebbe modo di vedere l’Amorino Lubomirski in lavorazione; l’opera fu realizzata sullo stesso modello precedente sostituendo al volto del giovane principe un’immagine idealizzata, più consona alla ricerca fortemente idealizzata dell’artista. Questo secondo amorino arrivò a Londra nel 1790 per poi raggiungere la residenza Campbell di Stackpole Court nel Galles.

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Amorino Campbell

Un terzo amorino in marmo fu realizzato fra il 1789 e il 1791 per John La Touche, figlio di un ricco banchiere irlandese che, vedendo la scultura realizzata per il colonnello Campbell ottenne dal Canova l’impegno a realizzarne una replica. La quarta versione, impreziosita da eleganti ali (considerata dal Canova “ la meilleure que j’ai jamais faite dans ce genre”1) fu realizzata per il principe Nikolaj Borisovich Jussupov, noto collezionista d’arte russo. Le due opere arrivarono a San Pietroburgo nel 1802; nel 1810 furono trasferite in una tenuta a sud di Mosca per poi giungere, dopo molte traversie, solo nel 1926 al museo dell’Ermitage.

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Amorino Jussupov

Tutti gli amorini, seppur leggermente diversi, si presentavano presumibilmente all’origine con la medesima finitura superficiale. Oggi invece mostrano evidenti differenze sia a livello di cromia che di rifrazione della luce, contrariamente alle intenzioni originarie dell’artista che, per quanto documentato, voleva ottenere risultati praticamente identici; inoltre Canova realizzò le quattro opere in un arco temporale continuo e ravvicinato (poco più di un decennio), utilizzando sempre tecniche e materiali pressoché identici, tutte circostanze che non giustificano in alcun modo le forti alterazioni riscontrate. Pertanto tali variazioni sono in gran parte attribuibili alle vicissitudini subite dalle opere e soprattutto alle diverse scelte di conservazione e pulizia delle superfici marmoree operate negli ultimi due secoli.
È bene ricordare, infatti, che nel corso dell’Ottocento si delinearono in Europa almeno due posizioni teoriche antitetiche della dottrina del restauro, riconducibili una alle idee dell’architetto francese Eugène Emmanuel Viollet-le-Duc (1814-1879), che teorizzava interventi che restituissero ai monumenti un’immagine compiuta e stilisticamente unitaria, anche se di fantasia2, e l’altra alle idee romantiche dell’intellettuale inglese John Ruskin (1819-1900), polemicamente contrario a interventi di ‘restauro’ che alterassero l’immagine autentica del monumento assunta nel tempo, che egli riteneva dovesse conservarsi in tutta la ricchezza delle sue stratificazioni e alterazioni3. Da una parte quindi una linea operativa che privilegia un aspetto ‘pulito’ e un’unità formale dell’opera, ovvero la componente estetica su quella storico-documentaria, ponendo il proprio intervento sul bene da restaurare in continuità con quello dei presunti autori originari, dall’altra una posizione estetica sensibile al fascino delle superfici corrose dal tempo ed estremamente attenta a conservare i segni originali di quanto ereditato dalla storia, osservato con rispettoso distacco.
In Italia si rafforzò invece una linea operativa definita “intermedia”, che univa all’esigenza di ristabilire l’unità formale del monumento una serie di prescrizioni, derivate da attente ricerche storico-archivistiche e mirate a rispettare l’autenticità del bene sul quale s’interveniva. Una posizione culturale tipicamente italiana dove raffinate teorie si univano, da sempre, alle esigenze pratiche di tutela e restauro di un copioso patrimonio di monumenti antichi ereditato dalla storia; questa impostazione ebbe un notevole riscontro anche in campo internazionale, come dimostrano la maggior parte degli enunciati della stessa Carta del restauro di Atene del 19314.
In analogia con queste distinte linee teoriche e con i loro attuali sviluppi si possono provare a ricondurre la variazioni riscontrate sui quattro amorini con altrettanti diversi atteggiamenti conservativi.
Osservando da vicino le quattro statue e ordinandole in un’ipotetica progressione basata sull’aspetto delle loro superfici, si passa infatti da un’immagine fortemente ‘segnata’ dell’Amorino Campbell (la statua in passato è stata pesantemente alterata da una lunga permanenza all’aperto), a quella ben conservata e con una ‘piacevole’ patina, del Principe Lubomirski come Amore (dal 1790 esposta in Polonia, nel Castello di Lan’cut, oggi Muzeum Zamek w ?a?cucie: non a caso la sola delle quattro statue rimasta sempre nella collocazione originaria, e quindi rispettando le più ovvie indicazioni di conservazione) alle superfici vistosamente bianche dell’Amorino Yussupov proveniente dall’Ermitage di San Pietroburgo, sino a quella dell’Amorino La Touche, più vicina al gusto dei collezionisti privati che prediligono immagini rimesse ‘a nuovo’ (la scultura, riscoperta negli anni Novanta da un privato dopo essere stata a lungo ritenuta perduta, è stata acquistata e poi restaurata nel 1998, sotto la direzione di Sergio Benedetti, dalla National Gallery of Ireland).

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Amorino La Touche

L’argomento è quanto mai interessante perché già con lo stesso Canova in vita vi furono molte polemiche proprio sull’uso di trattamenti segreti o particolari finiture superficiali apposte dall’artista alle sue opere per renderle più verosimili5.
La prima considerazione, quasi sconcertante nella sua ovvietà – anche se altrettanto disattesa dalle continue movimentazioni di importanti capolavori fra i maggiori musei de mondo – è che il miglior modo per conservare un’opera è quello di conservarlo nel suo ambiente originario senza alcun intervento di restauro ma solo con continue e delicate manutenzioni.
È lecito poi chiedersi, soprattutto in questo caso, dove è nota la maniacale attenzione che Canova riservava alla finitura superficiale delle proprie opere, se ogni intervento di restauro troppo aggressivo non modifichi per sempre l’aspetto ‘corretto’ delle statue.
La riflessione scaturita dall’evidenza dell’aspetto non sempre convincente dei quattro amorini del Canova può infatti estendersi facilmente all’analisi attuale dei diversi orientamenti teorici della disciplina del restauro e della conservazione in Europa, come alle diverse scelte di trattamento delle superfici esterne delle architetture.
Certamente affrontare un dibattito così complesso partendo dall’osservazione di quattro capolavori della scultura di Antonio Canova può sembrare fuori luogo perché non tutti sono concordi nell’estensione di unità di metodo fra il restauro delle opere d’arte e quello architettonico. Tuttavia è bene ricordare che i princípi, se tali sono, devono porsi al di sopra delle singole differenziazioni operative, dovendo definire i valori e le finalità alla base di ogni intervento. Non vi dovrebbe essere quindi alcun motivo per cui, una volta che ci sia accordati su cosa s’intende per tutela, conservazione e restauro, si debbano invocare metodi, ovvero princípi, diversi per le sole architetture. Ogni architetto concorderà infatti facilmente con Cesare Brandi quando afferma che “anche l’architettura, se tale, è opera d’arte”6: semmai bisognerà chiedersi cosa fare delle tante costruzioni che non raggiungono lo status di architetture. Non a caso, infatti, il trattamento delle superfici architettoniche esterne ha rappresentato negli ultimi anni un tema assai dibattuto e forse è quello che oggi meglio evidenzia le differenze fra i vari orientamenti operativi. Si passa infatti da posizioni di assoluto rispetto per i segni del tempo, visti come portatori di irrinunciabili valenze estetiche e documentarie ad altre di disinvolta rimozione delle finiture esterne, viste come super­fici di sacrificio destinate a rinno­varsi periodicamente. La riflessione scaturita dall’analisi delle quattro pregevoli sculture del Canova potrebbe così estendersi, per analogia, a molti altri casi. Sicuramente è l’occasione per evidenziare la diversità dei risultati ottenibili applicando diversi metodi che, se fossero tutti altrettanto validi, porterebbero come naturale conseguenza all’accettazione di un margine, non indifferente, di relatività per ogni intervento, mentre quasi certamente, almeno nel caso di Canova, l’artista aveva immaginato una sola facies per le sue sculture. Una soluzione possibile è quella di proporre interventi improntati a un sano equilibrio fra le istanze estetiche e quelle storico-conservative, seguendo la linea di pensiero definita come “critico-conservativa”.

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Le opere durante l’allestimento in una sala del museo della Galleria Borghese.
È evidente come la continua movimentazione di tanti capolavori sia in aperto contrasto con le ragioni della loro conservazione

Tale posizione rappresenta l’attuale evoluzione di una ricerca nata in Italia a partire dagli anni Cinquanta con il “restauro critico” e che, in una successione ininterrotta, si è sviluppata ed è proseguita in gran parte all’interno dell’Università di Roma La Sapienza, da Cesare Brandi sino a Renato Bonelli, Giuseppe Zander, Gaetano Miarelli Mariani e Giovanni Carbonara.
In ogni modo la conservazione integrale dei segni del tempo, qualora possibile in assenza di fenomeni attivi di degrado, rappresenta un’azione eticamente corretta che permette, a chi verrà dopo, di ereditare un bene integro nei propri valori materiali ed estetici sul quale studiare e operare compiutamente. Lo stesso non può dirsi, per esempio, di una qualsiasi scelta di rimozione delle patine (formalmente proibita in Italia dalla Carta del restauro del 1972) che è sempre irreversibile e potrebbe rivelarsi, in futuro, un grave errore, non solo per la perdita di importanti valori estetici (pur sempre legati a valutazioni mutevoli), ma anche di informazioni materiali attualmente non riconoscibili o adeguatamente indagabili.

Alessandro Pergoli Campanelli

Note
1 Lettera a Jussupov del 15 novembre 1794, Museo Civico di Bassano del Grappa, manoscritti, MsC, I-XI-I/221, pubblicato in G. Pavanello (a cura di) Antonio Canova: disegni e dipinti del Museo civico di Bassano del Grappa e della Gipsoteca di Possagno presentati all’Ermitage, Milano Skira, 2001, p. 42.
2 «Restaurer un édifice, ce n’est pas l’entretenir, le réparer ou le refaire, c’est le rétablir dans un état complet qui peut n’avoir jamais existé à un moment donné.», voce Restauration in Dictionnaire Raisonné de l’Architecture Française du XIe au XVIe siècle, tomo VIII, Paris B. Bance, s.d. ma 1865
3 «Do not let us talk then of restoration. The thing is a Lie from beginning to end. You may make a model of a building as you may of a corpse, and your model may have the shell of the old walls within it as your cast might have the skeleton, with what advantage I neither see nor care: but the old building is destroyed». The Complete Works of John Ruskin, George Allen, London ed. E.T. Cook and A. Wedderburn, 1903–1912, vol. 8, p. 242 (The Seven Lamps of Architecture, 1849).
4 «Conclusions générales. I. – Doctrines. Principes généraux. La Conférence a entendu l’exposé des principes généraux et des doctrines concernant la protection des Monuments. Quelle que soit la diversité des cas d’espèces dont chacun peut comporter une solution, elle a constaté que dans les divers États représentés prédomine une tendance générale à abandonner les restitutions intégrales et à en éviter les risques par l’institution d’un entretien régulier et permanent propre à assurer la conservation des édifices. Au cas où une restauration apparaît indispensable par suite de dégradations ou de destruction, elle recommande de respecter l’oeuvre historique et artistique du passé, sans proscrire le style d’aucune époque. La Conférence recommande de maintenir l’occupation des monuments qui assure la continuité de leur vie en les consacrant toutefois à des affectations qui respectent leur caractère historique ou artistique».
5 Cfr. F. Mazzocca, Roma 1804-1808: Canova e la Venere Vincitrice, in in AA. VV., Canova e la Venere vincitrice, Milano Electa, 2007, pp. 19-44.
6 “Principi per i restauro dei monumenti”, in Teoria del restauro, Torino Einaudi, 1977, p. 77.

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3 Luglio 2009

Letture

Gli ottantanni di Casabella e Casalgrande Padana, un pluriennale sodalizio

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La rivista d’architettura Casabella, nella sua lunga storia, si è guadagnata i crediti per qualificarla come fondamentale riferimento per la cultura architettonica non solo italiana ma internazionale; strumento di aggiornamento per i professionisti per generazioni, la rivista ha saputo porre le basi per la costituzione di un pensiero critico specifico rivolto alla qualità, per una classe professionalmente definita e autonoma, rispetto al multiverso della produzione edilizia.
L’ottantesimo compleanno della celebrata rivista, pubblicata per la prima volta nel 1928, è stato celebrato attraverso risonanti iniziative durate tutto il corso dell’anno 2008 per chiudersi nel 2009 con la pubblicazione di un importante volume.
Irrinunciabile tributo all’affascinante storia della rivista, per tutti coloro che ne hanno seguito il percorso quanto per i giovani che si accingano allo studio od alla professione e che non sempre hanno con agilità accesso agli archivi storici, è il volume “CASABELLA 1928-2008”, curato da Chiara Baglione per Electa.

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Alcune delle copertine di Casabella, (anni 1929-1930) tutte rieditate nel volume

Il volume, 800 pagine, più di 1500 illustrazioni, ripropone in sequenza cronologica e rispettando il layout grafico originale, un centinaio di articoli fondamentali che hanno scandito le molte storie della rivista nonchè l’abaco di tutte le copertine dei settecentosettandue numeri pubblicati, raro esempio di coordinata innovazione visiva. Chiara Baglione, architetto e ricercatrice, da tempo punto di riferimento per la stessa redazione della rivista, ha saputo individuarli tra le più di cinquantamila pagine pubblicate, selezionarli, introdurli con testi critici che chiariscano le diverse strategie editoriali succedutesi, ponendoli in una antologia di linguaggi (anche grafici), ideale a trasferire il senso del tempo della rivista e con essa dell’architettura.

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Le copertine di Casabella, 2004-2007

L’edizione del volume ha visto il contributo attivo di Casalgrande Padana.
Il gruppo reggiano, anch’esso ormai alla soglia del cinquantenario dell’attività imprenditoriale, ha da tempo consolidato la collaborazione con la comunità internazionale dell’architettura. In primo piano Grand Prix, l’appuntamento triennale che premia l’architettura in ceramica che, a partire dall’edizione 1998-2000 ha visto proprio Casabella affiancare l’azienda allo sviluppo del progetto. Ma non solo: convegni, seminari, workshop, mostre e pubblicazioni. Come per esempio il Creative Book, il volume strumento di aggiornamento sui temi dell’architettura in ceramica, allegato alla rivista Casabella stessa.
Quest’anno Casalgrande Padana ha scelto di riservare una copia omaggio del volume in esclusiva ad ogni iscritto all’ottava edizione del Grand Prix, segno tangibile del rapporto privilegiato con la testata.

di Veronica Dal Buono

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Chiara Baglione, “Casabella 1928-2008”
Electa, 2008
Formato 25×30, 800 pagine, 1500 illustrazioni
In catalogo, 180 euro
[in omaggio a tutti gli iscritti Grand Prix CasalgrandePadana 2007-2009]

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1 Luglio 2009

Design litico

La Idea Construída

English version

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Schizzo di Alberto Campo Baeza per il padiglione PIBA Marmi al Marmomacc 2009

Già utilizzato da Alberto Campo Baeza come titolo di una sua recente raccolta di saggi,” La Idea Construída” è oggi il nome dello spazio espositivo PIBA Marmi, concepito dall’architetto spagnolo per l’edizione Marmomacc 2009. In realtà il legame tra pensiero, parola e azione di architettura sintetizzato in questo titolo, è per Campo Baeza oggetto di elaborazione teorica da molti anni, sin dalle sue prime esperienze didattiche nel 1986 come professore di progettazione alla Escuela de Arquitectura di Madrid.
“La Idea Construída” diviene allora una firma assertiva di un metodo che si ripete di riflessione in riflessione, di opera in opera, basandosi sulla enunciazione di un concetto relativo alla forma o alla luce, e sulla conseguente “costruzione di un’idea” per dar vita ad una struttura e ad uno spazio. Ad ogni passo della sua carriera il progettista enuclea, analizza e dichiara con un motto le visioni e i modelli, spesso archetipici, che stanno alla base del suo agire: luce e gravità, hortus conclusus, guardando il mare, impluvium di luce.
Così anche il nuovo padiglione PIBA Marmi prenderà corpo a partire da due ispirazioni concettuali/temi progettuali fondanti: la composizione di un antiquarium archeologico e la valorizzazione della relazione pietra/luce attraverso un apporto luminoso dinamico e mutevole (“eppur si muove” per Campo Baeza). L’allestimento presenterà all’esterno i pezzi di design della collezione Saturnia PIBA Marmi disposti in una galleria a muro, come reperti di una collezione di antichità accostati a calchi storici di sculture classiche ed ellenistiche prestati per l’occasione dall’Accademia di Belle Arti di Firenze. L’interno della struttura si offrirà invece ai visitatori come uno spazio vuoto, per la sosta e la meditazione, immerso nella penombra e segnato dal passaggio lento di fasci luminosi sulla superficie naturale della pietra.

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L’antiquarium dei Musei Capitolini a Roma e alcuni pezzi di design PIBA Marmi in una rielaborazione grafica di Alberto Campo Baeza

BIOGRAFIA ALBERTO CAMPO BAEZA
Campo Baeza è nato a Valladolid ma ha “visto la luce” a Cadice, città di fondazione fenicio-romana nota come la più vecchia città dell’Occidente. La sua opera di architettura è stata esposta all’Accademia di Spagna in San Pietro in Montorio a Roma, alla Basilica Palladiana di Vicenza, alla Crown Hall di Mies van der Rohe a Chicago, alla Basilica di Hagia Irene a Istanbul. Ha insegnato alla Penn University di Philadelphia, all’ETH di Zurigo, all’EPFL di Losanna e in altre istituzioni culturali e formative di tutto il mondo. Nella sua biblioteca ha raccolto più libri di poesia che di architettura. Non possiede l’automobile, né il telefonino, né la televisione e neppure l’orologio, ma vive ugualmente felice.

di Davide Turrini

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Alberto Campo Baeza
PIBA Marmi

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1 Luglio 2009

English

La Idea Construída

Versione italiana


A sketch by Alberto Campo Baeza for PIBA Marmi pavilion at 2009 Marmomacc

“La Idea Construída” has already been used as the title of a recent Alberto Campo Baeza essays’ collection and is now the name of PIBA Marmi’s exhibition space conceived by the Spanish architect for the 2009 edition of Marmomacc. The link between mind, language and action concentrated in this title has actually been Campo Baeza’s main object of theoretical elaboration for several years, since his first didactical experiences in 1986 as projecting professor at Madrid Escuela de Arquitectura. So “La Idea Construída” becomes the expressive sign of a method repeating in reflection after reflection, work after work, and based on the assertion of a concept related to shape and light, and on the consequent “construction of an idea” in order to give life to a structure and a place. Each step in his career as a projecting designer shows, analyses and declares, like in a motto, the visions and models, often archetypical, that are the bases of his activity: light and gravity, hortus conclusus, looking at the sea, light impluvium.
In this context also PIBA Marmi new pavilion will take shape starting from two fundamental conceptual inspirations/projecting themes: the composition of an archaeological antiquarium and the valorization of the relationship between stone and light through a dynamic and changeable luminous approach (“eppur si muove – yet it moves”, according to Campo Baeza). The setting will show in its inside the design elements of PIBA Marmi collection ‘Saturnia’, disposed as in a wall gallery, like finds of an antiquity collection, and accompanied by historical reproductions of classic sculptures lent for the occasion by Florence Accademia delle Belle Arti.
The interior space of the structure will appear to the visitors as a void space for stopping-by and meditating, completely dominated by penumbra and signed by the slow passage of luminous rays on the natural surface of the stone.


The antiquarium of Musei Capitolini in Roma and some design elements of PIBA Marmi in a graphic re-elaboration by Alberto Campo Baeza.

ALBERTO CAMPO BAEZA’S BIOGRAPHY
Campo Baeza was born in Valladolid but installed in Cadiz, city of Phoenician and Latin origins well-known for being the oldest city in Western world. His architectural works have been exhibited at the Academy of Spain in San Pietro in Montorio (Rome), at Basilica Palladiana in Vicenza, at the Crown Hall of Mies van der Rohe in Chicago and at Hagia Irene Dome in Istanbul. He’s given lectures at Philadelphia Penn University, ETH in Zurich, EPFL in Lausanne and in other educational and cultural institutions all over the world. He has collected in his library more poetry books than architecture essays. He owns no car, no mobile phone, no television and nor a watch, but he still lives happily.

By Davide Turrini

See also:
Alberto Campo Baeza
Pibamarmi

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30 Giugno 2009

Eventi

Il cotto dell’Impruneta tra tradizione e innovazione

impruneta
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IL COTTO DELL’IMPRUNETA TRA TRADIZIONE E INNOVAZIONE
10 luglio 2009 h. 16.00

Villa Corsini di Mezzanotte – Impruneta

In occasione delle celebrazioni per i 700 anni del cotto dell’Impruneta, un convegno per raccontare come nel tempo questo prezioso materiale si sia rinnovato e abbia caratterizzato l’arte, l’architettura e l’arte dei giardini dal Rinascimento alla contemporaneità.
Nel 1309 gli artigiani del cotto di Impruneta firmavano un atto ufficiale, conservato all’archivio di stato di Firenze, con il quale si associavano per meglio rispondere alle richieste dei nuovi committenti del Rinascimento, sancendo la nascita della corporazione dei fornaciai. Da allora il cotto, questo prezioso materiale frutto della combinazione di terra, acqua e fuoco, ha determinato lo sviluppo di un territorio, quello delle colline dell’Impruneta, rappresentandone l’eccellenza nel mondo.
Per questo il Comune dell’Impruneta ha deciso di affiancare alla serie di eventi di celebrazione del settecentenario del cotto, il cui fulcro è rappresentato dalla mostra “Il cotto dell’Impruneta – Maestri del Rinascimento e le fornaci di oggi”, una giornata di approfondimento alla scoperta delle migliori applicazioni di questo materiale nell’arte, nei progetti di architettura e nell’abbellimento dei giardini.
Un nutrito numero di docenti universitari, storici dell’arte, cultori dell’estetica, architetti racconteranno di come i maestri artigiani di Impruneta prima e le moderne fornaci poi abbiano saputo rispondere alle esigenze creative degli artisti e alle necessità tecniche e tecnologiche degli architetti e di come la terra sia stata plasmata nei secoli in opere d’arte di eccelso valore.
L’evento vedrà anche, nuovamente riuniti, i principali produttori di cotto dell’Impruneta per commemorare l’atto del 1309 sottoscrivendo un nuovo atto di cooperazione che li accomuna nella costante ricerca dell’eccellenza. Le fornaci presenti nel Comune di Impruneta possono infatti vantare la recente
acquisizione del prestigioso marchio di qualità “Ceramica Artistica e Tradizionale” istituito con la legge 188 del 1990 per tutelare la Denominazione di Origine delle produzioni di ceramica ai fini della difesa e della conservazione delle loro caratteristiche tecniche e produttive.
Il convegno si terrà nelle sale di un raro esempio di “palazzo di campagna” del rinascimento fiorentino e italiano, La Villa Corsini a Mezzomonte, che fu per un breve periodo residenza di Lorenzo il Magnifico e che oggi è una delle ultime ville medicee di proprietà privata. A conclusione dei lavori, il suo giardino all’italiana farà da sfondo al “rinfresco toscano”.

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28 Giugno 2009

News

Masp “Il Progetto dello Spazio Pubblico”

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Masp “Il Progetto dello Spazio Pubblico”
Un Master Universitario della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa

Dopo sette edizioni gestite da Celsius, il prestigioso Masp – Master “Il progetto dello Spazio Pubblico” – nato nel 2001 nell’ambito della rassegna biennale “Arredare la città”, diventa, per l’edizione 2008, un Master Universitario della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Pisa.
E adesso in via di programmazione l’edizione dell’anno accademico 2009/2010.
Le tematiche trattate saranno: l’architettura contemporanea, comunicare lo spazio pubblico, sociologia dello spazio pubblico, luce per lo spazio pubblico, recupero e conservazione degli edifici, il progetto contemporaneo, il paesaggio urbano, l’esperienza italiana dello spazio pubblico, l’esperienza europea dello spazio pubblico, materiali per lo spazio pubblico:tra tradizione e innovazione, accessibilità urbana, legislazione e finanziamenti per lo spazio pubblico, il ruolo dell’arte nello spazio pubblico, design per lo spazio pubblico, l’esperienza virtuale per lo spazio pubblico, rapporti tra imprenditoria immobiliare e architettura contemporanea, laboratorio di progetto.
Il master è un corso di durata annuale aperto a venti candidati e rivolto a professionisti coinvolti nel processo di costituzione o ricostituzione dello spazio pubblico, a tecnici della pubblica amministrazione e a tutti coloro che sono interessati agli aspetti dell’architettura pubblica, interpretata alle varie scale del progetto.
La prospettiva formativa coniuga l’alto profilo teorico dei contributi didattici con momenti operativi. Il percorso didattico prevede la partecipazione di architetti “residenti” che si occupano di seguire da vicino lo sviluppo dell’avanzamento del progetto e architetti “invitati”, che forniscono, coerentemente con la propria esperienza, interventi su temi specifici.
La comprensione delle implicazioni legate al tema dello spazio pubblico è assicurata da una serie di lezioni teoriche finalizzate a fornire ai corsisti gli strumenti metodologici per affrontare problemi specifici di tipo puramente architettonico e di design ma all’interno del più generale problema urbano. Il trasferimento del know-how professionale avviene attraverso workshop su un tema specifico, che prevede la presenza di committenti reali (pubblici e privati).
Durante i workshop gli aspetti teorici trattati, le differenti modalità e sensibilità manifestate dagli architetti invitati nel dare soluzione ai propri problemi progettuali, le necessità del committente e le diverse inclinazioni dei corsisti, vengono messe a sintesi e danno luogo a dei progetti sviluppati a piccoli gruppi coadiuvati in ogni incontro da progettisti nazionali e internazionali.
Alla fine del Master i vari progetti prodotti vengono sottoposti al giudizio della giuria e premiati durante una mostra aperta alla città di Lucca il cui allestimento costituisce ulteriore tema progettuale.
Il Master assegna ai corsisti meritevoli uno stage presso gli studi dei docenti intervenuti e un contributo a titolo di rimborso spese.
Ogni informazione è presente sul sito www.masp.it e sul sito dell’Università di Pisa

La scadenza delle iscrizioni è prevista per il 28 settembre 2009.

(Vai a MAsp)

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