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8 Giugno 2009

News

CONFERENZA – LECTIO MAGISTRALIS
Pietra: Statica ed Estetica

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CONFERENZA – LECTIO MAGISTRALIS
Martedì 23 giugno ore 17.00

Acquario Romano
Piazza Manfredo Fanti, 47 Roma

CONDUCE
Aurelio Magistà – Giornalista Direttore del sito Casa&Design di Repubblica

INTERVENGONO
Francesco Cellini – Preside Facoltà di Architettura Università Roma Tre
Evelina Bazzo – Università IUAV, Venezia

LECTIO MAGISTRALIS
Pietra: Statica ed Estetica

Anton Garcia Abril – Escuela Tècnica Superior de Arquitectura, Madrid

Presentazione
Vincenzo Pavan – Facoltà di Architettura, Ferrara

Scarica l’invito

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6 Giugno 2009

Letture

Kengo Kuma: Liticità contemporanee. Da Stone Museum a Stone Pavilion

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LUIGI ALINI, “Kengo Kuma: Liticità contemporanee. Da Stone Museum a Stone Pavilion”, Melfi, Casa Editrice Lìbria, 2008, pp. 93.

Osservando l’immagine di copertina del libro “Kengo Kuma. Liticità contemporanee. Da Stone Museum a Stone Pavilion” di Luigi Alini l’attenzione è catturata dal teatraedo di pietra serena, che divenuto modulo base delle pareti verticali dello Stone Pavilion, si comporta nello spazio come il «tratto» nel piano della scrittura, ripetuto forma un sistema linguistico, un’espressione architettonica; si con-forma a segno, a frammento e come un haiku, enuncia impressioni come sintesi perfette di pensiero e d’immagine.
Come leggere questa opera e le altre di Kengo Kuma?
Il libro di Luigi Alini offre al lettore un duplice percorso: uno, denunciato – esteriorizzato – già nel titolo, conduce criticamente da un’opera all’altra, attraverso la descrizione delle soluzioni tecniche costruttive adottate, nell’ambito della sperimentazione condotta da Kuma sul tema della leggerezza litica; l’altro percorso, secondo l’asse dell’interiorità, va in profondità dalla superficie dell’architettura – dalle soluzioni di finitura dell’epidermide litica – al fondo delle idee, che l’hanno generata e viceversa.
Le indagini, in forma indiziaria, condotte da Alini sulla genesi delle opere accompagnano il lettore dal “progetto radice” Kiro-san Observatory di Ehime fino allo Stone Pavilion, progettato per il Casone in occasione di Marmomacc incontra il design 2007. Quest’ultima opera nasce dalla collaborazione tra il mondo della cultura del progetto, della produzione e della ricerca e formazione universitaria. Il team, coordinato da Kengo Kuma, è costituito da: Javier Villar Ruiz, Kengo Kuma & Associates; Alfonso Acocella (Università di Ferrara); Luigi Alini (Università di Catania); Roberto Bartolomei; Stella Targetti, Targetti Sankey S.p.a.

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Alini nel ricercare la “genealogia nascosta” delle opere assume come chiavi interpretative le diverse declinazioni con cui Kuma sviluppa il tema litico. Già nella possibile traccia del tema – “il materiale come elemento generatore delle strategie del comporre”1 – si legge la volontà di non separare le qualità spaziali e figurative da quelle materiali.
Le opere di Kuma descritte in questo libro – secondo Alini – sono accomunate da una «proposta paradossale: “dissolvere l’oggetto” architettonico nell’ambiente, nel luogo che in qualche modo l’ha generato».2
Kuma, infatti, sostiene che «per quanto ricche siano le qualità tattili dei materiali, se appaiono come masse singole non li sento vividi, perché non cambiano espressione. Quando sono totalmente ridotti in particelle i materiali diventano effimeri come arcobaleni … basta un momentaneo cambiamento di luce, o lo spostamento dell’osservatore, perché si disperdano immediatamente come le nuvole e si dissolvano come foschia … Questa transitorietà e fragilità è la loro essenza più intima».3
Sminuzzare, ridurre, scomporre, forare, sbriciolare, suddividere sono verbi ricorrenti nel linguaggio di Kuma, ma questa frantumazione esiste solo per ottenere una nuova coesione. Egli suddivide la materia, ma non l’espressione. Ciò che appare frammentato è già ricomposto e coagulato dall’idea progettuale rivelata.
Il libro è il primo volume della collana LITHOS promossa da IL CASONE e diretta da Alfonso Acocella. In fase di stampa il secondo volume della collana dedicato a Claudio Silvestrin.

Ramona Loffredo

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Casone
Libria

Note
1 L. ALINI, Kengo Kuma. Liticità contemporanee. Da Stone Museum a Stone Pavilion, Melfi, Casa Editrice Lìbria, 2008, p. 20.
2 Ivi, p. 11.
3 Ivi, p. 60.

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4 Giugno 2009

News

Marmomacc. Presentata alla Triennale di Milano la 44° edizione

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Ampliamento Università Bocconi a Milano di GRAFTON ARCHITECTS

La 44° edizione di Marmomacc, la Mostra internazionale di marmi, pietre, design e tecnologie del settore lapideo, si svolgerà a Verona dal 30 settembre al 3 ottobre.
La manifestazione, presentata recentemente a Milano (26 maggio), nella cornice della Triennale, si conferma come una strategica «piattaforma» internazionale, al servizio delle imprese, delle istituzioni e delle associazioni di categoria, capace di promuovere il meglio del made in Italy in termini di prodotti, design e macchinari per la lavorazione.
All’incontro hanno partecipato il vicepresidente vicario di Veronafiere Claudio Valente ed esponenti del mondo della progettazione: Giorgio Tartaro, esperto di design e direttore di Sky Leonardo Tv, Luisa Bocchietto, designer e presidente dell’Associazione per il disegno industriale, Fulvio Irace, storico e critico dell’architettura (direttore della sezione architettura della Triennale), e Vincenzo Pavan, curatore della sezione «Marmo Architettura e Design» della rassegna.
Come è emerso dalle parole di Valente, nonostante il forte periodo di crisi generalizzata, le domande di iscrizione, ad oggi, sono in linea, sia dall’Italia sia dall’estero. Il segnale che arriva dalle aziende è quello di affrontare la crisi, cercando nuovi mercati e nuovi sbocchi commerciali. Marmomacc, a tale proposito, ha rafforzato la partnership con StonExpo di Las Vegas, la manifestazione più importante del Nord America, e insieme alle associazioni e alle imprese sta individuando Paesi interessati ad acquistare pietra e macchinari italiani (area del Maghreb, Medio Oriente, Est Europa, ecc.).
Grande attenzione, da parte dell’organizzazione, viene poi dedicata agli appuntamenti di carattere culturale, che rappresentano il valore aggiunto che Marmomacc, negli ultimi anni, ha potenziato per offrire ai progettisti, agli architetti e ai designer un importante valore aggiunto. In questo ambito è da segnalare il prestigioso Premio Internazionale Architetture di Pietra, che si propone di pubblicizzare le principali esperienze sull’uso qualitativo dei materiali lapidei nell’architettura contemporanea.

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Gli stand IL CASONE e PIBAMARMI premiati a Marmomacc 2008

Di notevole interesse sarà poi Marmomacc incontra il Design, un’iniziativa di grande successo che risponde all’obiettivo di avvicinare il mondo delle aziende a quello del design internazionale. “Hybrid and Flexible” è il tema su cui dovranno lavorare quest’anno aziende e progettisti, rivolgendo la loro ricerca ad un nuovo linguaggio della pietra che si fonda sulla contaminazione tra materiali, processi produttivi e forme creative.
(ecco le aziende e i designer di questa terza edizione: Alberto Campo Baeza con Pibamarmi, Aldo Cibic con Santa Margherita, Craig Copeland e Turan Dada con Henraux, Michele De Lucchi con MGM Furnari, Marco Fagioli e Emanuel Gargano con Vaselli Marmi, James Irvine con Marsotto, Francesco Lucchese con Scalvini Marmi, Marco Piva con Lasa Marmo, Marco Romanelli e Marta Laudani con F.Lli Mele, Luca, Scacchetti con Grassi Pietre, Tobia Scarpa con Testi Fratelli, Francesco Steccanella con Il Casone, Patricia Urquiola con Budri)

I relatori hanno infine sottolineato il forte impegno di Marmomacc per promuovere, negli ultimi anni, una vera «cultura litica» sia a livello internazionale sia nazionale, grazie a due percorsi di riferimento: la formazione specialistica rivolta agli architetti degli Stati Uniti (AIA, American Institute of Architects), della Gran Bretagna (Riba, l’associazione professionale degli architetti inglesi) e del Canada (Raic, l’associazione canadese); il master universitario per laureati organizzato dal dipartimento di progettazione del Politecnico di Milano e la collaborazione ai corsi di progettazione con la pietra, realizzati insieme al Politecnico di Milano polo regionale di Mantova, la facoltà di Architettura di Ferrara, la facoltà di Ingegneria di Trento, quelle di Architettura di Pescara e del Politecnico di Bari, e l’Ecole d’Architecture Paris Malaquais.

Vai a: Marmomacc

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3 Giugno 2009

Eventi

Formazione tecnica per i marmi e le pietre della Versilia

seminari

Lo scorso 29 maggio si è concluso con un consistente successo di pubblico il ciclo di seminari dal titolo “Marmi e Pietre della Versilia” dedicati all’approfondimento della conoscenza dei materiali lapidei versiliesi e delle loro applicazioni nell’ambito dell’architettura e del design. Gli appuntamenti formativi, il cui progetto scientifico è stato curato da Davide Turrini, ricercatore presso l’Università degli Studi di Ferrara, si sono succeduti secondo un programma articolato per tutto il mese di maggio, presso la sede del Consorzio Cosmave di Pietrasanta. Tra gli iscritti progettisti, tecnici delle pubbliche amministrazioni e operatori del settore lapideo.
Agli interventi in aula, curati dallo stesso Turrini, da Veronica Dal Buono e da Paolo Camaiora – che hanno spaziato dalla storia alla contemporaneità, dal design all’architettura, dal progetto all’esecuzione – si sono affiancate le lezioni del Prof. Alfonso Acocella sul rapporto fra pietra, spazio e architettura e quelle della geologa Annamaria Ferrari, sulla mineralogia e la caratterizzazione dei litotipi locali.
Si sono svolte visite guidate presso i laboratori di LUCENSE-PERCRO (Scuola Sup. S. Anna Pisa) per la presentazione delle realtà immersive 3D e delle simulazioni virtuali applicate al settore lapideo; una giornata è stata inoltre destinata alla trasferta nei bacini estrattivi delle Cervaiole e del Faniello nelle Alpi Apuane, dove i responsabili di cava hanno illustrato ai partecipanti le tecniche di estrazione e le caratteristiche dei blocchi dei marmi statuari e arabescati. Effettuata anche una simulazione di cantiere di pavimenti e rivestimenti grazie all’intervento di posatori specializzati che hanno evidenziato i segreti della posa e le principali problematiche che più spesso si presentano durante l’esecuzione del lavoro.
L’ultimo seminario dedicato al tema dell’Architettura in pietra portante si è concluso con la visita ai reparti produttivi di un’azienda storica del comprensorio versiliese.

di Stefano De Franceschi

Vai a: Programma dei seminari
Cosmave

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31 Maggio 2009

English

Mumok, Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig (1986-2001)
Ortner & Ortner *

Versione italiana

The Ludwig Foundation Museum of Modern Art is part of an enormous cultural complex, the Museumsquartier, covering a total area of some 60,000 m² and situated in the baroque block that was formerly the Imperial Stables of Vienna. Of the original design by Fischler von Erlach (1716), only the 350 metre-long façade facing the Vienna Ring remains.
A competition was held in 1986 for the transformation of the entire Hofställgebude area of the city, and work on the new Museum Quarter was completed in 2001: this new architectural complex currently comprises the Leopold Museum, the MuMok and the Kunsthalle, while the remaining historical buildings were transformed to accommodate the ZOOM Kindermuseum, the Architektur Zentrum Wien, Quartier 21 (space for a series of art workshops), together with a centre of contemporary dance and performing arts, artists’ apartments, restaurants and bars. Ortner & Ortner have successfully blended this multidisciplinary artistic area of Vienna into the complex urban surrounds (which the architects took as their model when creating the structural design of the Museum Quarter).
The MuMok is a recently built volume possessing its own individual character, although it has been designed to blend in well with the existing surrounds. Its rotational experimental layout differs considerably from the imperial design of the Leopold Museum – with its specular buildings designed in the 19th century by Gottfried Semper – and from that of the Maria-Theresen-Platz and of the Art and Natural History Museum: the MuMok is oriented in relation to the urban fabric of Neubau – a residential quarter linked to the MuMok both physically (via walkways) and symbolically (in terms of the industrial culture it represents).
Inside the courtyard, the two volumes – one dark, the other light –stand out from the urban context and are presented in a random position, free of the baroque order, thus creating a stimulating area of diversity. They remain of a classical style: that is, they are complete, proportionate volumes, and the objective sense of the finished product is emphasised by its specific design and the building materials used.

The parallelepiped volume of the MuMok has the appearance of a casket perforated by a limited number of openings. Laid out over an area of 30×50 metres, the upper section of the building terminates in a kind of sail-dome supported by a ribbed floor; the lower section is “sunk” into the ground, separated from the courtyard surface.
The stone cladding enveloping the building forms a continuous layer: both walls and roof are one continuum, and the corners have been rounded to variable degrees (ranging from a radius of 30 cm to those that disappear at the top of the building, merging into the domed surfaces of the roofing.
Ortner & Ortner’s MuMok is a work that marks a clear departure from the ordinary language of architectonic design, thus depriving us of a clear idea of its dimensional scale, sealing the internal section and the spatial layout with solid, inscrutable façades. This apparent lack of communication is counterbalanced, however, by the graphic design of the cladding itself, aided by the potential of digital aesthetics; the result is the accurately controlled “randomness” (based on precise mathematical calculations) of the cladding pattern, interrupted very occasionally by small slits and window openings, joints and slight colour differences.
The museum entrance has been created by moving the façade back a distance, while the only exception in the entire composition is a window flush to the wall, through which people standing inside the exhibition space can see out across the Kaiserforum. The load-bearing framework of the building consists of a series of reinforced concrete walls that divide the volume into different floors and spaces: the exhibition halls – neutral, flexible spaces; two lateral corridors; and a high-ceilinged scenographic area, clad in basaltic stone next to cast-iron and tempered-glass surfaces.

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The surfaces of the external façades – made up of slabs of 10 cm.-thick basalt (obtained using a diamond-tipped saw blade) – are porous and slightly shiny, and their bright anthracite colour turns dark black when the walls are wet.
The pattern of the cladding arrangement is given by the superimposition of different layers of stone: the horizontal bands increase in size as you move up the façade, while the vertical joints between the slabs (left open to create a chiaroscuro, engraved effect) are of two sizes and depths (10 mm. and 70 mm.), and together with the windows and slits in the facing they are arranged in a mathematically-calculated sequence so as never to correspond in adjacent courses of slabs. The overall effect is the fascinating characterization of the various stone façades, with their chiaroscuro vertical markings.
This refined, digitally-produced “watermark” is given by the system by which the individual elements of cladding, and the subsequent layer, are mounted: the slabs of lava stone (of the same size but of different hues) are laid side by side within each row, giving the surface an extremely vibrant, chiaroscuro appearance, almost like a series of mega-pixels. The result is a pleasant dynamic effect that adds character to the design of this house of art, this “intelligent storeroom” in the words of Ortner & Ortner.

Gabriele Lelli

* The re-edited essay has been taken out from the volume by Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern constructive skills, Milano, Skira-Lucense, 2006, pp. 624.

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31 Maggio 2009

Opere di Architettura

MuMoK, Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig (1986-2001)
di Ortner & Ortner*

English version

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L’inserimento urano del museo

Il Museo di Arte Moderna Fondazione Ludwig fa parte di un vasto complesso culturale, il Museumsquartier, sviluppato su 60.000 mq ed inserito nell’isolato barocco delle ex-Scuderie Imperiali. Del progetto di Fischer von Erlach, del 1716, resta inalterato il fronte di 350m affacciato sul Ring di Vienna.
E’ con il concorso indetto nel 1986 che inizia la trasformazione dell’intera area dell’Hofställgebude conclusasi nel 2001 con la realizzazione del Quartiere dei Musei, che comprende il Leopold Museum, il MuMoK, la Kunsthalle, mentre negli edifici storici sono stati ricavati lo ZOOM Kindermuseum, l’Architektur Zentrum Wien, il Quartier 21 (destinato a laboratori artistici) oltre ad un centro di danza e performance contemporanee, ad appartamenti per artisti, a ristoranti e bar.
Questo luogo di creatività transdisciplinare e di scambi relazionali è assimilabile per Ortner&Ortner alla complessità urbana, assunta come modello nella concezione strutturale del quartiere dei Musei.
Il MuMoK è un nuovo volume, autonomamente caratterizzato, ma in stretta relazione con il difficile contesto esistente. Nel sottile gioco delle rotazioni planimetriche – a differenza del Leopold Museum che ritrova l’asse imperiale degli edifici speculari disegnati da Gottfried Semper nell’Ottocento della Maria-Theresen-Platz, il Kunst-& Naturhistorischem Museum – il MuMoK è orientato in relazione al tessuto urbano di Neubau, un quartiere residenziale collegato con il MuMoK sia fisicamente, (attraverso passerelle) sia simbolicamente per la cultura industriale che rappresenta.
All’interno della corte i due volumi, uno chiaro ed uno scuro, abbandonano i riferimenti urbani e si presentano in posizione casuale – indipendente dall’ordine barocco – creando uno stimolante spazio di diversità. Restano di concezione classica: il volume compiuto in sé e le sue proporzioni, il senso di “oggetto” del manufatto che risulta enfatizzato attraverso il lavoro sulla forma e sul materiale.

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Disegni di prospetto e texture delle superfici litiche

Il volume parallelepipedo del MuMok si presenta come uno scrigno traforato da pochissime aperture; impostato su una pianta di 30x50m, è concluso superiormente da una volta a vela sorretta da un solaio nervato; alla base “affonda” nel terreno staccandosi dalla superficie della corte.
Con grande precisione la pelle di pietra avvolge in maniera omogenea, senza soluzione di continuità, pareti e copertura. Gli spigoli verticali sono arrotondati con un raggio variabile: da 30cm fino a scomparire nella sommità, raccordandosi con le superfici voltate della copertura.
Un’opera – il MoMok di Ortner&Ortner – che ha abbandonato i riferimenti ordinari del lessico architettonico, privandoci di informazioni sulla sua scala dimensionale, celando la sezione interna e l’articolazione spaziale dell’organismo attraverso prospetti chiusi e imperscrutabili. Questo apparente silenzio comunicativo è controbilanciato dal graficismo della scrittura del rivestimento, alimentata dalle potenzialità e dalle suggestioni dell’estetica digitale; un random precisamente controllato (impostato su basi matematiche) che, ininterrottamente, sviluppa le proprie variazioni crescenti e decrescenti introducendo con parsimonia piccole aperture a feritoia, giunti, fughe e leggere differenze cromatiche.
L’ingresso del museo è ricavato grazie ad un arretramento della facciata, mentre l’unica eccezione nella composizione è una finestra a filo dalla quale, stando all’interno del percorso espositivo, è possibile godere del panorama urbano del Kaiserforum. L’ossatura portante del volume è costituita da una struttura a setti in calcestruzzo armato che articola l’edificio in vari livelli e spazi: le sale espositive concepite come ambienti neutri e flessibili, due maniche laterali di servizio ed un invaso spaziale a tutta altezza (rivestito di pietra basaltica accostata a superfici di ghisa e vetro temperato).

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Scorcio urbano

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I piani dei prospetti esterni sono ottenuti con lastre in basalto di 10 cm di spessore, risultanti dal taglio a filo di sega effettuato con diamante, che danno vita ad una superficie porosa, semilucida, il cui colore antracite fiammeggiante – a contatto con l’acqua – diventa nero intenso.
La “scrittura” della tessitura dell’involucro è il risultato della sovrapposizione di layers diversi: le fasce orizzontali degli elementi di facciata sono di dimensione crescente verso l’alto nella ricerca di effetti prospettici particolari, mentre le fughe verticali fra le lastre del rivestimento (lasciate aperte al fine di creare un effetto chiaroscurale di incisione) sono di due dimensioni e profondità (10mm e 70mm) e, insieme alle finestre a feritoia, si rincorrono reciprocamente secondo una sequenza matematica in modo tale da non corrispondersi mai fra fasce orizzontali adiacenti. L’effetto complessivo ottenuto è quello di una caratterizzazione suggestiva dei vari prospetti litici impreziositi mediante segni verticali chiaroscurali.
Questa raffinata filigrana digitale è la struttura di montaggio degli elementi della pelle e del successivo layer: le lastre di pietra lavica (con dimensione costante e toni diversi) sono accostate all’interno di ogni filare, fino a far vibrare la superficie di leggeri chiaroscuri, tanto da sembrare megapixel. Il risultato è un felice effetto dinamico, vivo, che ne aumenta il carattere di oggetto di design, capace di contenere un luogo dedicato all’arte, “un deposito intelligente” nelle intenzioni di Ortner&Ortner.

Gabriele Lelli

*Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624

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28 Maggio 2009

News

Casabella 1928-2008

“Casabella 1928-2008” di Chiara Baglione, edito da Electa, a tutti gli iscritti all’ottava edizione di Grand Prix Casalgrande Padana

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Il prestigioso volume “Casabella 1928-2008” (pagine 800 con oltre 1500 illustrazioni), realizzato con il sostegno e il coinvolgimento di Casalgrande Padana, ripercorre la storia della rivista attraverso un centinaio di articoli presentati nella loro veste grafica originale e sottolinea ancora una volta, la collaborazione di Casalgrande Padana con il mondo dell’Architettura e l’impegno dell’azienda nella promozione di iniziative di grande rilievo nel campo del progetto di architettura.
Il termine ultimo per l’iscrizione all’ottava edizione di Grand Prix è il 30 settembre 2009.

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Il concorso internazionale selezionerà le opere che meglio interpretino le potenzialità espressive e tecniche del grès porcellanato di Casalgrande Padana, i suoi caratteri estetici quanto quelli prestazionali e funzionali.
Alla nuova edizione del concorso, per un montepremi complessivo di 37.200 euro, è possibile partecipare presentando una o più opere realizzate – nel periodo 2005-2009 – in cui siano stati impiegati i materiali Casalgrande Padana delle linee Granitogres, Marmogres, Pietre Native, Granitoker, Padana Piscine.
Ad ogni iscritto al concorso Casalgrande Padana riserva il benvenuto con una copia esclusiva del libro CASABELLA 1928/2008 di Chiara Baglione, edito da Electa in occasione delle celebrazioni degli 80 anni della rivista. Il premio è aperto alle realizzazioni di pavimenti e rivestimenti applicati in edilizia pubblica e privata, sia in interni che in esterni, in architetture civili, centri commerciali e direzionali, abitazioni collettive e residenze private, edilizia industriale e specialistica, nello spazio pubblico, sia nelle nuove costruzioni che negli interventi di recupero e ripristino.
Le opere saranno valutate da una giuria internazionale composta da progettisti e studiosi di chiara fama nel panorama dell’architettura e del design contemporaneo.
Grand Prix, l’appuntamento internazionale nel campo dell’architettura in ceramica, raccoglierà e renderà note le opere vincitrici grazie ad una pubblicazione a cura di Casalgrande Padana in collaborazione con la rivista Casabella, che verrà stampata in oltre 60000 copie e veicolata in allegato alla prestigiosa testata.
Il bando e la scheda di adesione all’ottava edizione di Grand Prix Casalgrande Padana, possono richiedersi:
– al numero verde 800-210311
– scrivendo a marketing@casalgrandepadana.it
– scaricando i documenti dalla sezione “spazio progettisti” del sito www.casalgrandepadana.com

Rinnoviamo l’invito a consultare le altre sezioni e pubblicazioni scaricabili dal sito, che illustrano la varietà offerta dalla nostra produzione.

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25 Maggio 2009

Design litico

Monocromo

English version

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Il padiglione Monocromo progettato da VISTO Architectural Workshop.

L’impegno sinergico di un gruppo di aziende in un progetto comune di exhibit design ha creato Monocromo, uno spazio per le mostre culturali delle prossime edizioni veronesi di Abitare il Tempo e Marmomacc; nell’allestimento la Pietra Serena di Firenzuola darà vita ad un involucro rustico pensato per racchiudere una collezione di elementi lapidei per l’ambiente bagno. Scorze dell’arenaria toscana, scelte nel piazzale di cava e messe in opera senza ulteriori lavorazioni, conferiranno alla microarchitettura l’aspetto di uno scrigno roccioso teso a restituire la facies primigenia della materia litica; i pezzi di design, anch’essi interamente realizzati in Pietra Serena, interpreteranno il litotipo in modo raffinato e fortemente concettuale.
Monocromo è ideato da VISTO Architectural Workshop e ospiterà la collezione Saturnia firmata da Philippe Nigro per PIBA Marmi. La realizzazione dello spazio sarà possibile grazie alla collaborazione strategica delle realtà produttive che hanno voluto il progetto e che sono tra loro complementari: Il Casone fornirà e lavorerà la pietra serena estratta e selezionata in cave di sua proprietà; PIBA Marmi sarà impegnata nella declinazione monomaterica della collezione di elementi per il bagno esposta all’interno; Fischer e Fila interverranno nelle fasi di ingegnerizzazione ed esecuzione dei sistemi di fissaggio delle scorze e di finitura superficiale della pietra; Viabizzuno, infine, firmerà il progetto illuminotecnico del padiglione.

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Blocchi di pietra serena in un piazzale di cava a Firenzuola.

L’involucro di Monocromo sarà sostenuto da un’intelaiatura metallica leggera su cui verrà fissato un rivestimento costituito da moduli di pietra del formato omogeneo di 100×70 cm, e di spessore variabile dai 6 agli 8 cm. Le lastre saranno ricavate dalle scorze dei blocchi di Pietra Serena, cioè dalle facce esterne degli elementi tridimensionali che in genere vengono scartate all’avvio della filiera di normale trasformazione dell’arenaria toscana. Le scorze recano i segni delle perforazioni ripetute e delle lavorazioni a spacco necessarie per la separazione del materiale litico dal fronte di cava e praticate per ottenere la prima riquadratura dei blocchi; esse daranno vita ad una superficie di rivestimento ruvida e vibrante, sì monocromatica ma ricca di sfumature e di effetti chiaroscurali attivati dalla luce radente.
Il rivestimento litico fodererà anche l’interno dello spazio espositivo, sul pavimento e sulle pareti dove la pietra mostrerà all’osservatore lo stesso volto rugoso e naturalistico dell’esterno o un aspetto maggiormente formalizzato: in alcuni settori dei setti di chiusura, infatti, l’involucro sarà visibile attraverso l’esile struttura metallica di sostegno in forma di superficie complanare e levigata, poiché le facce interne delle lastre saranno rettificate da un semplice finitura a piano sega.

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Le superfici rustiche di alcune scorze di pietra serena.

In questa scena fissa, contrassegnata dal total design in Pietra Serena, sarà collocata, infine, la nuova collezione Saturnia di Philippe Nigro, dove il designer esplora variazioni di geometrie compenetrate, interpretabili come insolite metafore del bisogno attuale di integrazione tra genti e culture e tradotte in una singolare trasfigurazione della teoria diagrammatica degli insiemi matematici, fatta di figure litiche nitide e compatte.
Nell’involucro rustico del rivestimento, come anche nel raffinato cuore di design dell’interno, la netta dominante cromatica plumbea del padiglione, si frazionerà di fatto nelle innumerevoli sfumature di grigi freddi e caldi della struttura minerale naturale della Pietra Serena, si arricchirà di varianti livide, argentee, azzurrate e cinerine, di venature gialle e velature brune, di micalizzazioni rilucenti e sottili inclusioni di calcite bianca; queste ultime, a loro volta, giocheranno con le tessiture superficiali sempre variate delle scorze, segnate da solchi, grane più o meno scabre, dorsali più o meno pronunciate.

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Vista interna del padiglione Monocromo.

Monocromo confermerà così la vera natura del grigio, tinta nient’affatto neutra e priva di carattere, ma ricca di qualità relazionali empatiche rispetto alla luce e agli altri colori e, soprattutto, carica di significati simbolici affascinanti; come ricorda ad esempio Michel Pastoureau, nelle sue osservazioni sulla storia culturale e antropologica dell’universo policromatico, il grigio ha tutti i caratteri di un vero colore e possiede un duplice simbolismo: «per noi, spesso, può evocare la tristezza e la vecchiaia; ma, in un’epoca in cui la vecchiaia non era deprezzata, rimandava al contrario alla saggezza, alla pienezza, alla conoscenza. Ne ha serbato l’idea d’intelligenza (la materia grigia). Alla fine del Medioevo, lo si vedeva come l’opposto del nero, dunque simbolo della speranza e della felicità. Charles d’Orleans ha scritto perfino una poesia intitolata “Il grigio della speranza”.
(…) Il grigio ha uno status a parte. Goethe, d’altronde, aveva intuito questa singolarità. Per lui, il colore che riuniva tutti gli altri non era il bianco, tinta debole che a suo avviso conteneva poche materie colorate, ma proprio il grigio che lui definiva colore “medio”. Cosa che, da un punto di vista chimico, non è affatto stupida. Per giunta (…) il grigio è il colore più ricco da lavorare: possiede un gran numero di sfumature, autorizza le monocromie più delicate, esalta gli altri colori».1

di Davide Turrini

Vai a:
Philippe Nigro
Casone
Fila
Fischer
Piba Marmi
Viabizzuno

Note
1 Michel Pastoreau, Dominique Simonnet, Il piccolo libro dei colori, Firenze, Ponte alle Grazie, 2006, p. 100, (I ed. francese, 2005)

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25 Maggio 2009

English

Monochrome

Versione italiana


Monochrome pavilion projected by VISTO Architectural Workshop.

Synergetic efforts of a group of companies involved in a common exhibit design project created Monochrome, a space for cultural exhibitions for the next editions of ‘Abitare il Tempo’ and ‘Marmomacc’ in Verona; in this setting Firenzuola’s Serena stone will give life to a rustic involucre conceived to comprehend a collection of stone elements for the bathroom furnishing. Plates of the Tuscan sandstone, selected in the quarry platform and implanted without further manufacturing, will confer to the micro-architecture the aspect of a rock casket aimed to restore the primitive facies of the stone material; the design elements, entirely realized in Serena stone, will interpret the lithotype in a refined and heavily conceptual way.
Monochrome is conceived by VISTO Architectural Workshop and will contain Saturnia collection designed by Philippe Nigro for PIBA Marmi. The manufacturing of the space will be possible thanks to the strategic collaboration of the complementary productive realities that have commissioned the project: Il Casone will provide and manufacture Serena stone, extracted and selected in its own quarries; PIBA Marmi will be involved in the monochromatic declination of the collection of bathroom elements that will be exposed in its inside; Fischer and Fila will intervene in the phases of engineering and execution of fixing and superficial finishing processes of the stone; Viabizzuno, in conclusion, will sign the technical project of the pavilion illumination.


Serana stone blocks in a quarry in Firenzuola.

Monochrome’s involucre will be substained by a light metallic framework on which a covering composed by stone modules of homogenic formats (100×70 cm) and variable deepth (6 to 8 cm) will be fixed. The plates will be obtained from the “barks” of Serena stone blocks, that is to say from the external surfaces of tridimensional elements usually discarded at the beginning of the traditional process of transformation of the Tuscan sandstone. The surfaces maintain the signs of numerous perforations and manufacturing procedures, necessary to separate the stone material from the mine front and to obtain the first quadrature of the blocks; they will create a rough and vibrant covering surface, monochromatic but at the same time rich in nuances and chiaroscuro effects activated by the razing light.
The stone covering will also line the interior space, on the floor and on the walls where the stone will show to the visitor the same rough and naturalistic aspect of the outside or a more formal look: in some sectors of the walls, in fact, the involucres will be visible through the thin support structure in the form of smooth surfaces on the same plane, because the inner faces of the plates will be rectified by a simple cut finishing.



Rustic surfaces of some plates in Serena stone.

Philippe Nigro’s new collection, Saturnia, will be exhibited in this fixed scene, characterized by the total design in Serena stone, where the designer explores the variations of compenetrated geometries, that can be interpreted as unusual metaphors of the contemporary need for an integration between peoples and cultures and translated in a particular transfiguration of the diagrammatic theory about mathematical sets, composed by compact and net stone figures.
In this rustic involucres of the covering, and also in its refined core in the inside, the definite chromatic leaden dominant of the pavilion will be fractioned in several nuances of dark and light greys, typical of the mineral structure of Serena stone, and will be enriched by vivid argent-like, blue or dust-coloured variations, by yellow veins or brown fades, bright introductions of micas or subtle inclusions of white calcites; the last, in its turn, will interact with the always changeable superficial textures of the plates, signed by tracks, more or less smooth grains, more or less deep ridges.


Interior view of Monochrome pavilion.

In this way Monochrome will affirm the true nature of the grey, not at all a colour neuter and without characteristics, but rich in relational and emphatic qualities connected to light and the other colours and, above all, in fascinating symbolical meanings; as Michel Pastoureau recalls, for instance, in his observations on the cultural and anthropological history of the polychromatic universe, grey has all the characteristics of a true colour and owns a double symbolism: «For us it can often remind the idea of sadness and old age; but when old age wasn’t such a disfavoured period of life, it was connected in the contrary to wisdom, experience, knowledge. It has maintained this connection with intelligence (the “grey matter”). At the end of the Middle Age, it was opposed to black, so being symbol of hope and happiness. Charles d’Orléans wrote even a poem entitled “Grey of hope”.
(…) Grey has a particolar status. Goethe has noted this singularity. According to him, the colour that reunites all the others isn’t white, a weak tint that contains very few chromatic materials, in his opinion, but grey which he defined “middle” colour: an observation that, in a chemical point of view, isn’t silly at all. In addiction (…) grey is the richest colour to work with: it owns lot of nuances, authorizes the most delicate monochromes, and exalts all the other colours».1

di Davide Turrini

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Note
1 Michel Pastoreau, Dominique Simonnet, Il piccolo libro dei colori, Firenze, Ponte alle Grazie, 2006, p. 100, (I ed. francese, 2005)

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23 Maggio 2009

News

CONFERENZA STAMPA 44a MARMOMACC
LA TRIENNALE, SALETTA LAB

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INAUGURAZIONE MOSTRA
“PELLE, SKIN, TEXTURE” –
LA TRIENNALE, SPAZIO MATERIAL CONNEXION

Martedì 26 maggio, in concomitanza dell’annuale conferenza stampa di presentazione della 44a edizione di Marmomacc alla Triennale di Milano, si inaugura la mostra “Pelle, Skin, Texture” dove si espongono gli esiti della edizione precedente (2008), l’indagine sul tema della pelle è qui rappresentato dalle ideazioni di progettisti noti a livello internazionale ed aziende che hanno enfattizzato le attitudini del marmo in applicazioni a carattere sperimentale.

Espongono
Mario Bellini per Minera Norway,
Riccardo Blumer per Scalvini Marmi,
Roberto Canovaro per Marmo Arredo,
Aldo Cibic per Quarella,
Michele De Lucchi con Philippe Nigro per Pibamarmi,
Stefano Giovannoni per Grassi Pietre,
Massimo Iosa Ghini per Budri,
James Irvine per Marsotto,
Simone Micheli per Odorizzi Porfidi,
Paola Navone per Citco,
Perbellini-Pongratz per Testigroup,
Marco Piva per Lasa Marmo,
Luca Scacchetti per Santa Margherita,
Claudio Silvestrin per Il Casone

Allestimento di Cibic Workshop
presso lo Spazio Material ConneXion dal 26 maggio al 26 giugno 2009

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