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14 Dicembre 2007

Opere di Architettura

Gilles Perraudin,
Cantina per il Monastero di Solan, la Bastide d’Engras, Gard, Francia, 2003-2007

Del “muro attraversato da molte aperture”.

“Nel trattare le norme concernenti i muri, è bene cominciare da ciò che ha importanza maggiore. In questa sede è dunque opportuno parlare delle colonne e di quanto ha attinenza con esse; poichè una fila di colonne non è altro che un muro attraversato da molte aperture.”
Leon Battista Alberti, De re aedificatoria, Libro I, Capitolo X1

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Particolare d’angolo del muro della cantina per il Monastero di Solan (Fotografia: Stefano Zerbi)

La cantina per il monastero di Solan è la terza cantina realizzata dall’architetto francese Gilles Perraudin.
Tutte le cantine si situano nel Sud della Francia, più precisamente nella regione del Pont du Gard, il famoso acquedotto romano, e conosciuta come importante zona estrattiva dell’omonimo calcare. La prima cantina fu realizzata nel 1998 a Vauvert e la seconda nel 2001 a Nizasi. Le tre cantine sono altrettante tappe nella riscoperta delle possibilità costruttive e formali prodotte dall’utilizzo di blocchi monolitici che possiedono dimensioni modulari e delle declinazioni possibili dell’atto dell’impilare una pietra sull’altra. Nel caso di Vauvert il concio di base misura 220x110x55cm, a Nizas invece è di 220x90x60cm, questa differenza risulta dalle diverse dimensioni dei blocchi estratti in cava. Nel caso della Cantina di Solan si è fatto ricorso al primo tipo di elementi.
Dal punto di vista della funzione dell’edificio, tutte le cantine progettate da Gilles Perraudin non sono unicamente dei luoghi per la conservazione e l’invecchiamento del vino, ma comprendono anche i locali per la trasformazione e la maturazione, per la gestione della cantina, e a Solan per la trasformazione di altri prodotti agricoli; come è tradizione nel caso dello “Chaî viticole” provenzale.

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I muri della cantina di Vauvert, 1998, e di Nizas, 2001 (Fotografie: Perraudinarchitectes)

Analizzando i tre edifici dal punto di vista costruttivo appare chiaramente che la cantina di Vauvert si riduce ad una sapiente successione di triliti e partiti murari, l’apertura è il campo vuoto tra i due pilastri del trilite, mentre il muro resta una superficie senza squarci: i due grandi portali sono delle interruzioni. Quella di Nizas è costituita unicamente da muri, il pilastro appare solo all’interno nel grande locale “a tre navate”. La luce filtra all’interno attraverso una fascia continua in corrispondenza delle travi del tetto, mentre uno squarcio nel muro rappresenta la sola vera apertura, suddivisa tramite una serie di elementi verticali con funzione sia statica sia di frangisole. I grandi portali sono sormontati da piattabande formate da tre conci. Se infine si osserva la Cantina di Solan si noterà come in quest’occasione Gilles Perraudin abbia realizzato un “muro albertiano”, un muro nel quale sono praticate molte aperture, sintesi delle qualità proprie al trilite della prima cantina ed al muro squarciato della seconda, la cui ispirazione si può ritrovare nel frangisole di Nizas o nella facciata settentrionale del progetto, non realizzato, per un edificio scolastico a Vauvert.

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Cantina di Solan: un muro di albertiana memoria (Fotografia: Stefano Zerbi)

La forma architettonica è determinata dalle particolari esigenze di questo edificio: la cantina necessita di condizioni di luce ideali per la trasformazione e di una protezione totale per il periodo di invecchiamento del vino; la vita monastica non permette agli sguardi esterni di penetrare la cortina muraria. L’elemento che Gilles Perraudin declina, ancora una volta, per realizzare questo scopo è il muro. Quest’elemento caratteristico delle architetture mediterranee e che nelle opere litiche di Gilles Perraudin dimostra la propria attualità.
La soluzione al problema della muratura e della sua declinazione è data dal materiale stesso, più precisamente dalle ridotte possibilità di combinare tra loro i blocchi modulari. Il progetto architettonico si concentra dunque sullo stabilire un principio di assemblaggio, sulla sua applicazione e sulla ripetizione. A questo principio si sottomettono tutti gli altri elementi della costruzione: nel caso specifico le dimensioni delle aperture e quelle degli interassi delle travature in legno dei solai.
La soluzione è semplice: Gilles Perraudin riprende il principio del trilite, ma ruotando il pilastro e dimezzando la luce dell’architrave, aumenta lo spessore del muro riducendo nel contempo la dimensione delle aperture. La luce naturale può penetrare in modo controllato all’interno, gli sguardi esterni non riescono a penetrare lo spessore murario e dall’interno, quando si è dirimpetto ad un’apertura, si riesce a scrutare l’orizzonte.
Gilles Perraudin realizza così un’architettura didattica, dove le regole costruttive e di composizione sono facilmente identificabili e comprensibili. Un’architettura che è la testimonianza vivente della propria “regola”, così come la vita delle monache.

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Vista d’insieme della cantina in fase di ultimazione (Fotografia: Perraudinarchitectes)

L’edificio è un volume compatto, come per la già citata cantina a Nizas, organizzato su due livelli. Si dispone perpendicolarmente al declivio, come l’attigua masseria che ospita il convento. I due volumi accessori, che fungono anche da muri di sostegno, contengono i locali tecnici ed un piccolo ufficio. La struttura perimetrale è eseguita con muratura isodoma in calcare di Vers (quello del Pont du Gard) ed i solai con semplici travature in legno. Le fessure lasciate tra ogni pilastro sono riempite sia con serramenti, sia con panelli pieni in legno. Da notare l’utilizzo di una piattabanda realizzata in tre conci per l’entrata principale, la quale necessitava di una luce superiore a quella permessa dalla dimensione del modulo di base, come nel caso di Nizas.

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L’assonometria mostra il principio costruttivo basato sul modulo litico (Disegno: Perraudinarchitectes)

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di Stefano Zerbi

Vai a Perraudinarchitectes

Note
1Leon Battista Alberti, L’architettura, Milano, Edizioni Il Polifilo, 1989, p. 39.
2Per queste realizzazioni si vedano, tra gli altri, Acocella, Alfonso, L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi, Lucca/Firenze, Lucense/Alinea, 2004, pp. 292-297 e Pisani, Mario, ed., Gilles Perraudin, Melfi, Casa Editrice Libra, 2002, pp. 94-99 e 100-107.

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