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22 Febbraio 2008

Ri_editazioni

RACCONTI DI PIETRA*
Madre, Abbraccio, Casa, Forza, Silenzio, Rispetto, Bellezza, Architettura, Unicità, Patrimonio non rinnovabile

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Foto Palmalisa Zantedeschi

Silenzio
È nel silenzio interiore che si virtualizza il passato e il presente nell’avvenire, la stasi nel movimento futuro.
L’atmosfera di sospensione è lo spazio dell’anima dove si sedimentano le emozioni, mentre la mente “gira” quando tutto apparentemente sembra fermo e muto.
Il nostro presente tecnologico è diventato un mondo “senza silenzio”; rumori e frastuoni al plurale, come pure invadenti immagini e infinite parole, riempiono l’etere e l’ambiente esistenziale – sia della vita pubblica che privata degli uomini – erodendo lo spazio dell’interiorità, dell’introspezione.
Si spiega facilmente allora perchè il silenzio sia diventato “bene prezioso” (si parla addirittura di “lusso contemporaneo”) e, conseguentemente, “merce” in vendita per alcuni settori dell’economia globale.
Catene di alberghi, conventi e monasteri spogli che accolgono ospiti laici; stazioni termali defilate, mete turistiche estreme, montagne e altipiani lontani, deserti (a breve lo stesso spazio celeste) ripropongono la condizione del silenzio come fuga dalla vita contemporanea, erogandola “a tempo” e “a pagamento”. Il silenzio è venduto per il suo valore terapeutico, catartico, rigenerante del corpo e della mente.
Ma il silenzio non è semplice mancanza di rumori, quanto una questione di sospensione e di empatia interiore. Uno stato magico dell’anima attraverso cui si riesce a respingere in sottofondo la pressione di suoni, parole, immagini, corpi, incombenze.
Quale silenzio ancora è possibile ricercare fra le mille voci e le mille immagini che frammentano l’esperienza del tempo contemporaneo ?
Oggi siamo tutti sotto la cappa di un rumore mediatico dove un’immanente energia informativa, carica, densa, pervasiva è sprigionata da un network globale che incombe sul cielo delle nostre città, e che ora ha iniziato anche ad espandersi sui territori del paesaggio quieto, silenzioso delle campagne.
Affiora un’immagine nella nostra mente.
È l’immagine legata ai nostri figli e alla loro difficile ricerca interiore; li intravediamo “nomadi” – come d’altronde tutti noi, oramai – ad attraversare (senza abitare più) città e territori diventati d’un colpo caotici, affollati, rumorosi.

Alfonso Acocella

Note
* Racconti di pietra, testi di Alfonso Acocella e Nicoletta Gemignani, foto di Palmalisa Zantedeschi

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