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"Architectura sine luce nulla architectura est"*

In memoria di Vittorio De Feo


Castello di Eurialo a Siracusa (foto Alfonso Acocella)

La luce è materia e materiale
(Sulla natura materiale della luce)
Quando, infine, un architetto scopre che la luce è il cardine dell’architettura, solo allora inizia a capire qualcosa, a essere un vero architetto. La luce non è un’entità vaga, diffusa, che si dà per certa perchè è sempre presente. Il sole non sorge invano per tutti e tutti i giorni. Al contrario la luce, con o senza teoria corpuscolare, è qualcosa di concreto, preciso, continuo, certo. È materia misurabile e quantificabile, come ben sanno i fisici ma sembrano ignorare gli architetti.
La luce, così come la gravità, è una realtà inevitabile. Fortunatamente inevitabile, poichè, in definitiva, I’architettura si è sviluppata nel corso della Storia grazie a questi due elementi primigeni: luce e gravità. Gli architetti dovrebbero sempre portare con sè una bussola (per la direzione e I’inclinazione della luce) e un fotometro (per misurarne la quantità), così come si ricordano del metro, della livella e del piombino. Se la lotta per vincere, piegare la gravità si realizza in un dialogo che genera I’architettura, la ricerca della luce e la relazione che con essa si instaura sono i fattori che portano tale dialogo ai livelli più sublimi. Si scopre allora, felice coincidenza, che la luce è in verità la sola in grado di vincere la gravità.
Così, quando I’architetto riesce a ingannare il sole, la luce, perforando lo spazio creato da strutture più o meno massicce, rompe I’incantesimo e fa sì che tale spazio fluttui, leviti, voli. Santa Sofía, il Pantheon o Ronchamp sono prove tangibili di questa portentosa realtà.
Potremmo quindi dire che la chiave risiede nella comprensione profonda della luce come materia, come materiale, un materiale moderno? Non potremmo dire che è giunto il momento, nella Storia dell’architettura, quel momento terribile ed emozionante, di affrontare la luce? Sia fatta la luce! E luce fu. Il primo materiale della creazione, il più eterno e universale, assurge così a elemento centrale della costruzione, della creazione dello spazio, nel senso più moderno del termine.


Pantheon (foto Alfonso Acocella)

Sine luce nulla!
(Sulla luce come tema centrale dell’architettura)
Quando propongo l’assioma “Architectura sine luce nulla architectura est” intendo dire che niente, nessuna architettura è possibile senza luce. Senza di essa sarebbe esclusivamente una mera costruzione, mancherebbe un materiale imprescindibile.
Se mi si domandassero dei consigli su come distruggere I’architettura, suggerirei di chiudere I’anello del Pantheon o di coprire le vetrate che rischiarano la cappella di Sainte Marie de la Tourette. Se il nuovo sindaco di Roma, per impedire che nel Pantheon entrino pioggia o freddo, decidesse di chiudere I’anello di circa 9 metri di diametro che lo corona, accadrebbero molte cose… oppure no. L’incomparabile costruzione non ne risentirebbe, e tantomeno la sua perfetta composizione. Nè verrebbe meno la sua universale funzione. E, perlomeno per la prima notte, il suo contesto, l’Antica Roma, non se ne accorgerebbe. Ma la trappola più ingegnosa che I’uomo abbia teso al sole, e in cui I’astro regale è caduto con piacere giorno dopo giorno, verrebbe distrutta. II sole scoppierebbe in un pianto dirotto e con lui I’architettura, poichè sono molto più che amici.
Se nel convento della Tourette un frate domenicano appena arrivato, aIla ricerca di una maggiore concentrazione, chiudesse le vetrate e le aperture, scarse di numero ma precise, deIla cappella maggiore, accadrebbero anche qui molte cose… o il loro contrario. La robusta costruzione non cambierebbe. Nè la sua libera composizione. Le sue sublimi funzioni potrebbero continuare a essere espletate, forse con maggiore concentrazione, alIa luce delle candele. Nessuno nei dintorni ci farebbe caso o, comunque, non subito. Solo I’inquietante silenzio delle colombe, posate sull’edificio, finirebbe per avvertire i contadini del sacrilegio Ii compiuto. Lo spazio, più che concentrato, diverrebbe tenebroso. E i frati si renderebbero conto terrorizzati di come il loro luminoso canto gregoriano fatichi a salire dalle loro gole. Il monastero, e con lui I’architettura, si addentrerebbe nella notte scura.
Effettivamente, chiudendo I’anello del Pantheon e le aperture della cappella della Tourette avremmo posto fine alI’architettura, e con essa alla Storia.

Le tavole della luce
(Sul controllo esatto del!a luce)
Lorenzo Bernini, mago in questo campo, possedeva delle tavole per il calcolo esatto della luce che aveva creato lui stesso, del tutto simili a quelle che oggi si usano per le strutture, precise e minuziose. Ben sapeva il maestro che la luce, quantificabile e qualificabile come qualsiasi altra materia suscettibile di essere misurata, poteva essere controllata scientificamente. Purtroppo, al ritorno da un faticoso e sterile viaggio a Parigi per la costruzione del Louvre, il suo giovane e distratto figlio Paolo le perse. Il 20 ottobre del 1665, lasciando con sollievo la città che tanto I’aveva maltrattato, Bernini constatò con orrore che le sue tavole, più preziose per lui che le stesse Tavole della Legge, erano sparite. La ricerca fu vana. Chantelou, cronista puntuale e puntiglioso di quel viaggio in Francia, omise nel suo felice racconto qualsiasi dettaglio relativo a tale stortunato incidente. Si sa che Le Corbusier, anni dopo, rintracciò in una libreria della vecchia Parigi alcune delle pagine chiave dell’importante manoscritto che seppe usare con astuzia. Fu così che riuscì anch’egli a controllare la luce con esatta precisíone.
È che la luce è qualcosa di più che un sentimento, nonostante sia capace di suscitare emozioni negli uomini e di farli fremere nel loro intimo. La luce è, quindi, quantificabile e qualificabile, sia che si usino le tavole del Bernini o di Le Corbusier, la bussola, le mappe solari o il fotometro, plastici in scala o precisissimi programmi di informatica già sul mercato. La luce può essere controllata, domata, dominata. Il tutto a misura d’uomo, poichè è per I’uomo che si crea I’architettura.

La prova del fuoco
(Sui diversi tipi di luce)
Esistono molti tipi di luce. Vediamone alcuni; a seconda della direzione la luce può essere orizzontale, verticale, diagonale; in base aIIa qualità, possiamo distinguere la luce solida da quella diffusa. Nell’antichità, i nostri avi non erano in grado di far penetrare la luce dall’alto (quella che io definisco luce verticale) poichè, perforando il soffitto, insieme ad essa sarebbero entrati anche acqua, vento, freddo e neve. Non era certo il caso di morire per ottenere quel tipo di luce. Solo gli dei, immortali, osarono tanto nel Pantheon. E Adriano, in loro onore e di sua mano, innalzò quell’edificio sublime, profezia di futuri successi.
Nel corso della Storia dell’architettura, dunque, la luce è sempre stata orizzontale, ottenuta – com’era logico – perforando orizzontalmente il piano verticale, ossia i muri. Come i raggi del sole cadono su di noi diagonalmente, così gran parte della Storia dell’architettura può essere letta come il tentativo di trasformare la luce orizzontale o diagonale in luce che sembrasse verticale.
Lo stesso vale per il Gotico, che va visto non solo come il desiderio di creare una maggiore quantità di luce ma, fondamentalmente, di ottenere una luce qualitativamente più verticale, in questo caso diagonale. In ugual modo, molti degli interventi del Barocco sulla luce vanno considerati come il tentativo, grazie aIl’ausilio di ingegnosi meccanismi, di convertire la luce orizzontale in luce che sembrasse, e talvolta lo fosse di riflesso, verticale, ancor più verticale di quanto non fosse riuscito al Gotico. Il magnifico “Trasparente” barocco creato da Narciso Tomè nella bellissima cattedrale gotica di Toledo rappresenta una lezione magistrale.
Il tipo di luce – orizzontale, verticale o diagonale – dipende dalla posizione del sole rispetto ai piani che creano gli spazi. La luce orizzontale è prodotta dai raggi solari che penetrano attraverso aperture del piano verticale. Quella verticale si produce quando entra da aperture praticate nel piano orizzontale superiore. La luce diagonale attraversa sia il piano orizzontale che quello verticale.
Si comprende quindi il motivo per cui non sia stato possibiie creare luce verticale in spazi climaticamente controllati fino aIl’apparizione del piano di vetro di grandi dimensioni. E uno dei cardini del Movimento Moderno, dell’architettura contemporanea, risiede proprio nel trattamento della luce.


Basilica di San Pietro.

Con varie luci alla volta
(Sulla combinazione di diversi tipi di luce in un solo spazio)
Come Edison, che avrebbe poi inventato la luce elettrica (e quanto è difficile, ancora oggi, saperla usare bene!), Bernini, sommo maestro della luce, inventò quel metodo tanto semplice quanto geniale che è la “luce alla Bernini”. Utilizzando varie fonti visibili di luce, creava prima un ambiente di base con luce diffusa, omogenea, proveniente generalmente da nord, che illuminava e rischiarava lo spazio. E dopo averlo centrato geometricamente con le forme, zac!, irrompeva in un punto concreto, occultando la fonte agli occhi dello spettatore, con un cannone di luce solida (luce gettata) che diventava protagonista dello spazio. Il contrasto tra i due tipi di luce, produceva, creando una furiosa tensione, un effetto architettonico di altissima qualità. Esempio paradigmatico di questa operazione è Sant’Andrea al Quirinale: la luce solida, in visibile movimento, danza su un’invisibile luce diffusa in quieto riposo.
La luce, come il vino, oltre a distinguersi per categorie e sfumature, non permette gli eccessi. Mescolare diversi tipi di luce in uno stesso spazio, così come accade per il vino, annulla la possibile qualitá del risultato.
La combinazione adeguata di vari tipi di luce permette infinite possibilità in architettura, e Gian Lorenzo Bernini e Le Corhusier, Antemio di Tralle e Alvar Aalto, Adriano o lo stesso Tadao Ando, lo sapevano bene.

Finale
(Su come la luce e il tema)
In definitiva, la luce non è la ragion d’essere dell’architettura? La Storia dell’architettura non è ricerca, comprensione e dominio della luce? Il Romanico non è forse un dialogo tra le ombre dei muri e la luce solida che vi penetra come un coltello? E il Gotico non e un’esaltazione della luce che avvampa gli incredibiii spazi con fiamme ascendenti? Il Barocco non può forse essere considerato come un’alchimia di luce dove, sulla saggia mescolanza delle luci diffuse, irrompe un raggio forte, capace di produrre ineffabili vibrazioni? Infine, Il Movimento Moderno, abbattuti i muri, non è una inondazione di luce che ancora cerchiamo di controllare? Non è questa un’epoca in cui possediamo tutti i mezzi possibili per dominare la luce?
L’approfondimento e la riflessione sulla luce e sulle sue infinite sfumature devono essere I’asse centrale dell’architettura del futuro. Se le intuizioni di Joseph Paxton e i successi di John Soane sono stati il preludio aIIe scoperte di Le Corbusier e aIIe ricerche di Tadao Ando, il cammino è tuttavia ancora molto lungo. La luce è il Tema.
Ouando nelle mie opere riesco a far sì che gli uomini sentano il ritmo del tempo che regola la natura, armonizzando gli spazi con la luce, temperandoli con il cammino del sole, aIlora credo valga la pena fare architettura.

Alberto Campo Baeza

(*) ll presente saggio costituisce una sintesi della versione inglese editata di seguito. L’articolo in italiano è apparso sul numero di Domus n.760, 1994. Si ringrazia l’Autore per la disponibilità alla rieditazione.

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