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4 Aprile 2008

Ri_editazioni

Arquitectura de peso

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SGAE, Vista esterna

La costruzione massiva di uno spazio leggero
Un vecchio indovinello dice: cosa pesa di più, un chilo di piombo o un chilo di paglia?
Un tipo sveglio affermerebbe che certamente pesano uguali, mentre un fisico dimostrerebbe che un chilo di piombo pesa di più in una bilancia a causa della spinta contraria del volume d’aria contenuto nel mucchio di paglia. Un bambino intelligente non avrebbe dubbi nel dire che un chilo di piombo pesa di più e la stessa risposta darebbe un architetto, perchè gli architetti giocano con il peso degli oggetti.
Ma torniamo alla fisica più elementare per ricordare i concetti che applichiamo nel progetto architettonico. Il peso di un corpo è la forza con la quale la terra lo attrae e dipende dalla massa del medesimo, che è una proprietà caratteristica della materia che lo forma. Tuttavia quale è la differenza tra peso e massa? Restando sulla terra, la differenza è più filosofica che pratica, benchè nel campo dell’architettura sia di speciale rilevanza. Si deve tenere in considerazione, che oltre alla massa, i corpi hanno un’estensione nello spazio, occupano un volume. Il volume di un corpo rappresenta la quantità di spazio che occupa la sua materia. L’architettura tende a perforare e vuotare volumi per esporli più tardi alla luce. In questo gioco “sapiente” si è imbattuta l’architettura. L’esito plastico di questo incontro ha generato gli esempi più eccezionali della architettura moderna, considerando meno visibile – o forse più difficile da manipolare – l’altra variabile irrinunciabile della architettura: la gravità, la forza di mutua attrazione che sperimentano due oggetti con massa.
Si tratta di una delle poche forze fondamentali osservate fino a questo momento in natura. L’effetto dalla forza di gravità sopra un corpo si associa nel linguaggio quotidiano al concetto di peso.
In modo più o meno consapevole, l’architettura ha trovato relazioni tra gli oggetti, definite con ambiguità come spazi, che a suo tempo la Teoria della Relatività aveva analizzato.
Questa revisione della Teoria newtoniana descrive la gravità come un effetto geometrico dello spazio tra due corpi con materia, cioè con massa.
Le prime espressioni dell’uomo considerate architettoniche hanno a che fare con la manipolazione cosciente di queste forze della natura: la caverna, come massa cavata dalla terra per uno spazio abitabile, i cromlech e i dolmen, come esposizione di masse alla gravità in modo più sofisticato.
Senza conoscere le differenze o relazioni concettuali tra massa e peso, l’uomo ha sempre manifestato un grande fascino davanti a queste forze della natura.
Lo sforzo di tener presente la gravità accatastando grandi masse di pietra presuppone l’inizio dell’architettura. Adesso, senza difficoltà, ci impegniamo a far sparire queste forze. L’architettura più recente si affanna nella ricerca di forme ogni volta più estreme e suggestive, più visivamente attrattive. La costruzione di queste forme genera il linguaggio che identifica le architetture tra di loro, e non il modo con il quale le forze essenziali di questa antica disciplina si confrontano. L’architettura contemporanea è andata smaterializzandosi progressivamente in una ricerca del leggero per la perdita della sua massa. E’ un esercizio contro natura in quanto intervengono gli inganni che la percezione trasmette al cervello. Qui entrano nel gioco della illusione gli effetti propri dell’ottica e l’alterazione architettonica delle sue proprietà, la trasparenza, la traslucenza, la riflessione, che posseggono i materiali con i quali costruiamo di fronte alla luce, ma dimentichiamo che dietro la luce c’è l’ombra. La storia dell’architettura si è costruita con l’ombra.
La tecnologia ci ha fornito un amplissimo catalogo di configurazioni materiali con cui elaborare giochi percettivi che si adattano ai sistemi intellettuali e culturali e a un ampio spettro di situazioni che gli architetti adattano a loro convenienza. Si genera in questo modo un linguaggio con il valore che il mercato gli autorizza. Quanta architettura nasconde dietro i suoi sofisticati procedimenti progettuali una assenza di efficacia scientifica che separa la sua verità costruttiva dalla sua apparenza.

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SGAE, Vista interna

L’ identità della pietra
C’è un’architettura che lavora però con le leggi più essenziali. La sua costruzione non è che l’esecuzione materiale delle idee che la producono. Non ha esigenza di cospirare nel circuito architettonico per avere validità nè disegnare tracce che chiarifichino la proposta. Personalmente riconosco la solidità vitruviana come un’invariante della realtà contemporanea, e il suo futuro nell’architettura contiene più ragioni appartenenti alla sua radice storica. Il pietroso è quello che allude alla terra nella quale costruiamo l’architettura. Non dimentichiamo che l’origine della maggioranza dei materiali con i quali costruiamo lo spazio architettonico è minerale. Lasciando da parte l’utilizzazione della pietra naturale, il vetro è sabbia di silice sottoposta a profondi mutamenti nella sua composizione, come i metalli che, a partire dalla loro fusione e dai processi di lavorazione, trasformano la propria condizione minerale convertendosi in materiali da costruzione. Il cemento non è che una pietra che abbiamo ideato perchè il suo iniziale stato liquido possa adattarsi a un contenitore, dato che possiede tutte le qualità della materia pietrosa, con il vantaggio che abbiamo saputo dominare le sue tensioni. La pietra è l’espressione più pura del peso dei corpi, si comporta bene strutturalmente, è stabile meccanicamente e possiede una grande inerzia termica. La perdita di massa in architettura è possibile grazie ad uno smisurato sforzo tecnologico e energetico. Questo sforzo sproporzionato, di dubbia utilità, ha maltrattato la pietra come materiale da costruzione, limitando la sua funzione quasi esclusivamente a rivestimento sempre più leggero, pervertendo in questo modo la sua qualità più intrinseca. Dai forni di fusione esce il liquido che poi si lamina in acciaio o vetro, ma dalle cave otteniamo grandi blocchi che dopo un laborioso processo si convertono in “lastre”, perdendo così tutta la loro massa e identità materiale.
L’espressione della leggerezza con materia che ha poco peso e minore massa non smette di essere un paradosso. La lievità dello spazio architettonico che si raggiunge con la esposizione alla gravità di elementi di grande peso è forse la più emozionante proposta architettonica, l’incontro con le forze della natura e la ricerca delle ragioni della sua logica costruttiva. Rendere leggero ciò che è pesante è la trappola percettiva più audace, e la manipolazione del peso il più difficile processo progettuale con il quale creare uno spazio architettonico.

Antón García Abril

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