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4 Ottobre 2008

Interviste

Intervista al designer Raffaello Galiotto

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Raffaello Galiotto, giovane designer vicentino, dopo una intensa esperienza ed attività nel campo del design industriale, è ora dedito ad una singolare azione di avvicinamento del mondo della pietra al Design.
Presso la recente esposizione di Abitare il Tempo si è alzato il velo sopra una ricca produzione di oggetti di design in pietra che traggono ispirazione da una originale ricerca sui temi, disegni e realizzazioni, del maestro Andrea Palladio. I progetti di Raffaello Galiotto confluiscono infatti nella mostra itinerante “Palladio e il Design Litico”, promossa dal Consorzio Marmisti del Chiampo. L’attenzione del pubblico sarà riaccesa in occasione di Marmomacc presso gli spazi di VeronaFiere.
Lo incontriamo presso il suo vivace studio, localizzato, non a caso, nella Valle del Chiampo e dove, con i suoi collaboratori, oltre al progetto di design industriale si occupa anche di immagine coordinata e di progettazione di spazi espositivi, per rivolgergli alcune domande.

Veronica Dal Buono: Dai polimeri ai lapidei, dalla “materia d’invenzione” della modernità, la plastica, a quello per eccellenza della “permanenza”, la pietra. Quali gli obietti che ha scelto di perseguire avvicinandosi al mondo della pietra e quali le difficoltà incontrate?
Raffaello Galiotto: Il traguardo affascinante che mi sono posto è stato di lavorare un materiale unico, naturale, non ripetibile. Subito è nata la curiosità di capirne la provenienza, la natura, l’origine e l’eccezionalità; d’altra parte ho cercato di osservare l’atteggiamento di discrezione e rispetto che merita una materia tanto importante quale la pietra. Quindi, rispetto alle altre mie sperimentazioni, una differenza enorme: pensando ai polimeri, si tratta di un materia amorfa che non ha una tradizione remota; dall’altra parte invece la pietra, con un intero mondo alle spalle e una serie di caratteristiche dalle quali il progetto non può prescindere. Un approccio completamente diverso dove la materia gioca un ruolo fondamentale, quello di attribuire all’opera, in un certo senso, l’unicità. Quindi, nel progetto di design litico, alla riproduzione in serie si accompagna l’unicità del materiale, la venatura, l’intrusione, la stratificazione, la macchia di colore, elementi tante volte considerati “difetti” ma che divengono in questo caso caratteristiche ad impreziosire e rendere unica l’opera stessa.

V.D.B.: Che influenza ha avuto sul Suo percorso di designer-progettista la ricerca applicata al materiale lapideo e quali conseguenze pensa possa esercitare sul Suo orientamento progettuale futuro?
R.G.: Probabilmente da oggi in poi, dopo essermi misurato con la pietra, ci sarà un cambiamento nel mio atteggiamento verso la materia e il progetto di design. Lo verificherò a breve avvicinandomi ad un altro bel mondo, quello del legno, che peraltro sto già affrontando. Un materiale naturale ma che dall’altra parte ha anche la caratteristica della rinnovabilità. L’albero cresce, muore e si ripianta mentre il marmo lo si estrae una sola volta. Tuttavia il legno porta in sè alcune caratteristiche simili a quelle della pietra naturale, conoscenze di cui poso avvalermi.
Per quanto riguarda invece il mondo dei polimeri e dei metalli la ricaduta di cui posso giovare è sicuramente come approccio culturale. In questo senso dunque l’esperienza mi sta aiutando ad affrontare gli altri mondi materici.

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Doccia in moduli di pietra naturale, dal disegno alla realizzazione. Raffaello Galiotto Designer

V.D.B.: Collaborando con le 18 aziende del Consorzio Marmisti del Chiampo coinvolte nel progetto “Palladio e il Design Litico”, come si è articolato il rapporto impresa/committente e designer/progettista?
R.G.: Alcune di queste aziende, quelle alla prima esperienza di rapporto con il design, sono cambiate molto durante il percorso: hanno incontrato un mondo nuovo, un modo nuovo di pensare gli oggetti e sentirli propri quindi affrontare una produzione “personale” e dunque affacciarsi sul mercato con un atteggiamento completamente diverso. E l’interesse è forte, il mercato lo sta dimostrando. Con altre con le quali invece il rapporto era già consolidato, il progetto “Palladio e il Design Litico” è una operazione rafforzativa per consolidare il lavoro intrapreso e sicuramente giovare a sviluppi futuri.
Nel dialogo con il designer, in generale, la principale difficoltà che le aziende affrontano è nella relazione con una persona esterna che si “intromette” nel ciclo produttivo, nell’intimità aziendale, snaturandone in qualche modo le caratteristiche: diffidenza dovuta alla paura che il designer possa carpire e portare altrove il know-how e i segreti industriali. Nel mio caso il fatto non si è verificato, grazie alla reciproca conoscenza e stima – anzi, le aziende si sono aperte in modo disponibile e trasparente alla ricerca e alla messa a punto dei processi produttivi per realizzare questi oggetti. Non solo, hanno scoperto che attraverso questa apertura hanno più da imparare che da perdere.

V.D.B.: Per la realizzazione delle opere in pietra pensate per la mostra, marmo, granito e pietre come vengono scelti? Quali le caratteristiche del materiale che interessano particolarmente? Prima il litotipo e poi il disegno dell’oggetto o come si articolano le fasi di creazione dell’oggetto?
R.G.: La scelta del materiale è stata effettuata in funzione del litotipo che l’azienda già dispone, conosce e lavora. Il progetto è pensato per creare un prodotto con un determinato materiale per una specifica azienda che già lo sa lavorare. Il Consorzio marmisti del Chiampo, nel suo complesso, è capace di lavorare qualsiasi tipo di materiale lapideo; se la singola azienda è specializzata a lavorare il marmo difficilmente lavora il granito o la pietra e viceversa.
Sono stati dunque abbinati materiali precisi a precisi progetti perchè ci sono funzionalità e caratteristiche da rispettare. Per esempio i pavimenti da esterno o gli oggetti da arredo urbano hanno richiesto l’uso di pietre particolari, resistenti agli agenti atmosferici. Allo stesso modo sono stati scelti materiali più teneri, magari fonoassorbenti, meno lucidabili, per oggetti da interni che non hanno necessità specifiche o ben valorizzano queste caratteristiche. Non ultimo il colore, la bellezza del marmo che, secondo il mio punto di vista, influiscono in modo rilevante sulla scelta nella produzione di un oggetto. Perchè un oggetto della serie creata per “Palladio e il Design Litico”, come dicevo pocanzi, non può prescindere dal materiale. La vena e il colore, il disegno forte che posseggono questi materiali, può essere di giovamento al progetto o, d’altra parte, può giocare a svantaggio creando ridondanza tra disegno dell’oggetto e disegno del marmo, innescando conflitto.
Quindi ad ogni oggetto la propria pietra e ad ogni materiale la propria azienda. Se si produrranno degli esperimenti di intercambiabilità lo si farà tenendo sempre presente questo rapporto.

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Vasche in pietra naturale, dal disegno alla realizzazione. Raffaello Galiotto Designer

V.D.B.: Riproducibilità tecnica, precisione, dettaglio consentito dalle tecnologie automatiche da un lato; singolare originalità del progetto d’autore dall’altro: come si conciliano questi due aspetti nella realizzazione delle opere e più in generale nella Sua specifica visione del design?
R.G.: Questa è una considerazione molto importante. Non stiamo parlando di artisti o di arte ma di design. Il designer è un progettista che non mette mano direttamente all’opera ma la affida a un esecutore esterno, quindi non vi è la capacità manuale come fattore primario di resa dell’opera ma vi è la progettualità, la forza del progetto e la precisione, la forza dell’esecuzione meccanica. Certi oggetti non sarebbero realizzabili o non avrebbero lo stesso fascino, se fossero realizzati con l’imprecisione manuale, non sono pensati per consentire l’irregolarità, una invenzione, un apporto anche creativo, positivo, dello scalpellino come esecutore. Questo è un concetto importante che deve essere chiarito. Il designer progetta gli oggetti già prevedendo la loro fattibilità, l’azienda cerca di realizzarli tramite un processo produttivo fattibile, economico e riproducibile.

V.D.B.: Produzione in serie corrisponde spesso a diffusione di massa. Secondo Lei il design e, in particolare, il design litico, a che pubblico si rivolge?
R.G.: Un materiale così prezioso, così limitato nelle quantità, non è pensabile che possa affrontare mercati di grande scala ma tuttavia ciò non per forza va a scontrarsi con il concetto di serialità, dove essa va ad esaltare quegli aspetti del progetto messi a punto proprio per una vista di scala. Per spiegarmi: se produco un lavello singolo non mi soffermo troppo sui dettagli, raggi, finiture, angoli, curvature perchè il costo stesso del dedicarmi al dettaglio porta fuori prezzo; progettare un oggetto per la serie mi consente di studiare in modo preciso tutti gli aspetti e spalmare il costo del progetto su più pezzi – quindi rendere competitivo un oggetto progettato correttamente. Ecco che la serialità va a giovare anche in questi prodotti, oggetti che non hanno specificatamente come obiettivo quello della grande serie ma hanno quello dell’alta qualità. E design non può che essere produzione di serie.

di Veronica Dal Buono

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