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7 Aprile 2009

Interviste

Gijs Bakker intervistato da Patrizia Mello*

bakker
Gijs Bakker, fondatore nel 1993, con Renny Ramakers, di Droog Design

Patrizia Mello:
La relazione tra natura e artificio. Cosa pensa a questo proposito?
Gijs Bakker: Molti designer sono ispirati dalla relazione tra naturale e artificiale e amano giocare con questo tema. Nella collezione Droog c’è anche il progetto di una pianta artificiale. Assomiglia a un groviglio di gomma con un gran numero di foglie simili. Oggi, molte persone – anche in Olanda, un paese che esporta fiori in tutto il mondo – hanno nella propria casa fiori artificiali. Questa pianta artificiale, nella collezione Droog, non è altro che un commento ironico su questa affezione folle per le piante artificiali. Un altro genere di prodotto completamente diverso nella collezione Droog è una panchina ricavata in un tronco d’albero di Jurgen Bey. In un tronco d’albero caduto vengono fatti dei fori e al loro interno vengono inseriti schienali di sedie tipiche della tradizione olandese. Gli schienali sono stati trasformati in bronzo, aspetto che rende la panchina in parte naturale e in parte artificiale. Ma la natura è una nozione molto relativa. Quando si parla delle foreste in Olanda si pensa alla natura vergine, ma attualmente questo è un paese dove la natura vera non esiste più. La natura che si trova qui è completamente fatta dall’uomo, completamente artificiale e organizzata. Sarebbe più appropriato parlare di parchi che di foreste.

P.M. Progetto di ibridazione uomo-macchina. Pensa che il “design dell’umano” potrà essere campo d’azione per un progettista?
G.B. Mi permetta di riferire la domanda a Droog Design. Quando iniziammo nel 1993, il “design dell’umano” era il punto di partenza della nostra fondazione. All’inizio degli anni novanta, il design era ancora ristretto all’industrial design. L’industria era il committente. Noi abbiamo rovesciato questo approccio affermando: “Non è l’industria ma l’essere umano il punto di partenza”. Da questo momento in poi ci siamo sempre concentrati sul lato umano del design. Parallelamente a questa convinzione c’è stata una evoluzione all’interno dell’Accademia di Design di Eindhoven, dove io e Renny Ramakers insegniamo, tra l’altro. L’Accademia di Design è stata fondata quindici anni fa. Abbiamo cambiato i programmi e la tradizionale divisione tra settori come moda, arredamento e graphic design, e abbiamo collocato l’essere umano al centro dell’attenzione: il modo di vivere dell’uomo, il suo modo di lavorare, il modo in cui trascorre il tempo libero, ecc.

P.M. La sua idea per l’abitazione del futuro in rapporto all’attuale sviluppo tecnologico
G.B. L’abitazione e l’utilizzo dell’abitazione cambiano continuamente. Pensiamo, ad esempio, all’inizio del secolo scorso, quando l’elettricità ha fatto ingresso nella nostra vita: ogni famiglia aveva solo una lampadina appesa al centro della tavola. Lì si concentrava la vita della famiglia, lì si mangiava, si stava insieme, si leggeva il giornale e i bambini facevano i compiti. Naturalmente si tratta di tanto tempo fa. Se si considera la situazione ora e il futuro prossimo, si capisce che la famiglia tradizionale sta cambiando. Soprattutto nel Nord Europa, sempre più persone vivono da sole. Ora come ora sto lavorando a un progetto denominato Single Life. La vita sociale dei single e i contesti sociali in cui vivono producono effetti sul modo in cui attrezzano la propria casa. Lo spazio riflette una posizione completamente privata, una vita privata. La vita sociale per la maggior parte dei single è fuori. Dunque, si tratta di una situazione del tutto differente rispetto a quella di una famiglia tradizionale, e la situazione continuerà a evolvere. Ma naturalmente non è così facile, poiché le persone devono inventarsi altri luoghi per socializzare.

P.M. Innovazione e design. In che senso oggi pensa se ne possa parlare?
G.B. L’innovazione è cruciale per il design. Nel 1995, Droog ha intrapreso un progetto comune con il Dipartimento di Tecnologia Aerospaziale della Technical University di Delft. Questo dipartimento lavora con fibre hi-tech completamente nuove. Ora, dieci anni più tardi, abbiamo una nuova collaborazione con i tecnici del TU di Delft, i quali stanno concentrando la propria attenzione sullo sviluppo dei nuovi materiali, di nuove tecniche. Per noi designer è molto importante essere informati su questi sviluppi, apprenderli e lavorare insieme ai tecnici. In questo modo siamo stimolati a trovare nuove direzioni, a inventare nuove funzioni per i prodotti, a escogitare soluzioni per i processi di produzione e a creare nuove modalità di comunicazione.

P.M. Mercificazione del quotidiano e potere della comunicazione. Dal suo punto di vista, che posto occupa il design tra questi due processi?
G.B. Facciamo riferimento al mondo dei marchi aziendali, che è stato un imperativo per lungo tempo. Le aziende si preoccupano di essere visibili e riconoscibili dal consumatore. Investono una gran quantità di denaro nel marchio, in pubblicità divulgata in tutto il mondo, e tutto questo ha un grande impatto. I prodotti e i prodotti di design possono aiutare nella diffusione del messaggio e il marchio può aiutare a raggiungere una utenza ampia. Tuttavia, secondo me, si tratta di una situazione decisamente pericolosa. Se la vita è governata dalla mercificazione, vuol dire che noi compriamo i prodotti per il marchio, piuttosto che per l’uso che ne facciamo. Su questo sono assolutamente contrario. D’altra parte, se tutto questo aiuta a promuovere un prodotto utile, allora sono d’accordo. Nella collezione Droog, talvolta ci sono prodotti che definiamo “prodotti commerciali”: questi contengono sia l’aspetto funzionale che quello legato alla comunicazione.

P.M. “Il design è un fatto di cultura” diceva Dan Friedman. Cosa ne pensa?
G.B. Personalmente, parlando come direttore di Droog, considero il design un atto assolutamente culturale. Oggi si parla addirittura di “designer autore”, così come si parla dell’autore di un libro. Un “designer autore” è un individuo, con un punto di vista individuale sulla vita. Il design che lui o lei fanno si basa su questa individualità. È l’opposto di un industrial designer, che viene incaricato dall’industria e che deve risolvere problemi per l’industria: in generale prodotti che sono facili da produrre e facili da vendere. Credo molto fermamente che il designer debba essere un “designer autore”, per avere un impatto sulla nostra vita sociale.

P.M. Progetto e computer. Quali le innovazioni nel settore della progettazione di oggetti d’uso?
G.B. Considero il computer come uno dei tanti strumenti. In passato abbiamo cominciato con un chiodo e un martello. Oggi, questi strumenti si stanno perfezionando sempre più. Guardandoci attorno si può osservare che la vita non è diventata migliore o meno piacevole migliorando gli strumenti. Dunque, non dobbiamo sovrastimare l’importanza degli strumenti, poiché è il cervello umano prima di tutto il “designer autore”. Poi, d’altra parte, utilizziamo strumenti fantastici come il computer che ci permettono di visualizzare concetti presenti solo nella nostra mente, e che prima non eravamo in grado di esprimere sulla carta. Concetti talmente complessi che rimandano direttamente ai sogni. Ora, con l’aiuto del computer, ne possiamo realizzare i disegni tecnici ed avviare il processo di produzione. In questo senso il computer rappresenta una estensione molto importante del nostro cervello.

P.M. L’attuale ambiente urbano e il design. In che termini vede questa relazione?
G.B. Se ci si riferisce all’Urbano come a un luogo dove gli esseri umani vivono, questa relazione è cruciale per il designer. I nostri prodotti sono relazionati con la società, hanno un legame fortissimo con l’ambiente urbano.

P.M. Nel panorama progettuale contemporaneo quali sono i designer che ammira di più e perché?
G.B. Ammiro i “designer autore” come ho spiegato prima e non ho alcuna stima dei designer alla moda o dell’industria commerciale, che disegnano solo per grosse cifre di denaro.

P.M. Il “design italiano” può essere ancora riconosciuto come tale?
G.B. Ha, ha, ha… È molto difficile parlare del design Italiano in generale. Penso che sarebbe anche un peccato parlare del design olandese in generale, poiché si semplificherebbe troppo. Per esempio voi avete grandi designer come Enzo Mari, Achille Castiglioni, Bruno Munari.
Li considero persone di immenso valore. Secondo me sono esempi di “designer autore”. Hanno un’opinione sulla vita e affrontano il progetto in modo serio. L’Italian design ha avuto un impatto immenso sul mondo intero. Se si guarda allo sviluppo degli ultimi anni settanta, e dei primi anni ottanta con Memphis ed Alchimia, c’è stato un notevole passo in avanti nell’evoluzione del design. Non importa se alla gente piacesse oppure no. È stato semplicemente molto importante per lo sviluppo della professione. Ora è quello che si dice di Droog Design, e penso che sia vero. Ogni decade ha i propri designer che fanno un passo in avanti, mentre molti altri designer seguono il loro esempio. Droog raccoglie molte risposte positive ai propri prodotti, dall’Asia, dall’Europa, dalla Russia, dagli Stati Uniti – praticamente da tutto il mondo. Dovunque si vada, riceviamo questo genere di apprezzamento positivo, soprattutto da parte delle nuove generazioni. Significa che i designer si sentono come liberati dal nostro modo di lavorare. Di solito ci sono sempre individui differenti o gruppi di designer che fanno prevalere la professione su tutto. Bisogna tenere presente che la professione del designer è molto recente. Non c’è sempre stata. Per le belle arti come la pittura o la scultura, si va indietro nel tempo, prima di Cristo. Il design è molto più giovane, ed è incredibile come la professione di designer si sia sviluppata nelle ultime decadi.
Personalmente, non nutro alcun problema nei confronti dell’appariscente e ricco design italiano di oggi. Rappresenta un genere di look globale, che manca di un impatto individuale e spirituale. Ma questo non vale solo per l’Italia. Vedo questo ovunque, questo genere di design globale, alla moda, design minimalista con colori molto alla moda. Secondo me ha un impatto veramente minimo.

Note
* L’intervista è tratta dal testo di Patrizia Mello, Design Contemporaneo. Mutazioni, oggetti, ambienti, architetture, Electa, 2008, pp. 156-159.
Oltre a Bakker, sono stati intervistati sugli stessi argomenti: Jurgen Bey, Ronan Bouroullec, Richard Hutten, Alberto Meda, Denis Santachiara, Ilkka Terho, Marcel Wanders.

Design Contemporaneo
Mutazioni, oggetti, ambienti, architetture

AUTORE: Patrizia Mello
COLLANA: Arte contemporanea
EDITORE: Electa
PAGINE: 288
ILLUSTRAZIONI: 280
PREZZO: 39 €
ANNO EDIZIONE: 2008

Il volume fa il punto sulle nuove mutazioni del design contemporaneo, puntando a colmare un vuoto di impegno teorico e critico.
L’autrice Patrizia Mello mira in particolare a configurare una mappa degli eventi più significativi che stanno segnando lo sviluppo del design contemporaneo, all’interno della quale orientarsi e trovare di nuovo senso per l’azione progettuale, al di là della semplice registrazione dei fatti e delle tendenze.
A partire dagli anni Settanta del Novecento e fino a oggi, viene esplorato il tema dell’innovazione nel progetto e dell’influenza esercitata sul sociale: dal nostro rapporto con gli oggetti ai differenti comportamenti che ne scaturiscono, dal modo di vivere in casa a quello di concepire l’ambiente domestico.
Il volume fornisce una valutazione delle attuali tendenze nel settore dell’industrial design e dell’ambiente domestico in generale, in particolare alla luce di uno dei cambiamenti più significativi che riguardano l’attuale momento storico: l’influenza delle nuove tecnologie elettroniche, che porta a un rapporto sempre più intimo e disinibito con gli oggetti, i quali finiscono per essere considerati parte integrante di se stessi.
Inoltre i cambiamenti che interessano i metodi di produzione, e il conseguente moltiplicarsi delle possibilità di dare forma alle idee, sta ampliando da diversi anni la gamma di scelte del progettista. Si arriva quindi alla progettazione di materiali su misura, in vista di performance sempre più raffinate, accattivanti dal punto di vista estetico e singolari rispetto alle soluzioni funzionali adottate.
È l’universo materiale che prende vita, che ci attrae sempre più, che esercita fascino sugli sguardi.
Le varie argomentazioni si distribuiscono nel testo attraverso l’individuazione delle sperimentazioni più recenti sul modo di concepire oggetti e ambienti, in particolare attraverso l’analisi del lavoro di alcuni designer contemporanei: Philippe Starck, Droog Design, i fratelli Bouroullec, Alberto Meda, Denis Santachiara, i Valvomo. E attraverso le differenti modalità di approccio al progetto oggi è possibile individuare sintomi di innovazione reale nel magma di produzione materiale oggi presente sul mercato.
Il tempo della standardizzazione, del rigore dei linguaggi e delle visioni univoche è ormai un ricordo lontano. Il progetto, grazie a possibilità di realizzazione sempre più evolute, può essere più incisivo nei confronti dell’azione sul sociale, e i confini tra architettura e design sono sempre meno distinti, a favore di un senso di operatività diffusa a vari livelli. È così che oggi il progetto può rispondere alle esigenze del maggior numero di utenti possibile, operando in vista di una maggiore accessibilità dei luoghi, suggerendo comportamenti e stimolando all’azione.
In sintesi, l’analisi e la ricerca avanzata da Patrizia Mello in questo volume si arricchisce di numerosi esempi e di riferimenti culturali con lo scopo di proiettare lo sguardo verso il futuro, gettando le basi per una sistematizzazione di nuove teorie e per dare forma al presente, troppo spesso lasciato alla improvvisazione dei pensieri e alla superficialità delle mode.

L’autrice
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Patrizia Mello si interessa di teoria del progetto contemporaneo, di architettura e di disegno industriale, argomenti su cui svolge attività di ricerca, con pubblicazione di numerosi articoli e saggi, organizzazione di convegni e incontri di studio. Insegna presso la Facoltà di Architettura di Firenze. Nel 1995 ha fondato e diretto, fino alla chiusura, IDEA. (Industrial Design Electronic Address), uno dei primi siti Internet di design esistenti a livello internazionale, e il primo in Italia.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Philippe Starck. Progetti in movimento (Festina Lente, 1997), Spazi della patologia Patologia degli spazi (Mimesis, 1999), L’ospedale ridefinito. Soluzioni e ipotesi a confronto (Alinea, 2000), Metamorfosi dello spazio. Annotazioni sul divenire metropolitano (Bollati Boringhieri, 2002), Ito Digitale. Nuovi media, nuovo reale (Edilstampa, 2008).

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