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4 Novembre 2006

Eventi Toscana

Utopia, Etica e tecnologia
Incontro con Frei Otto

Osservatorio sull’Architettura / Fondazione Targetti
in collaborazione con archphoto.it e l’Istituto degli Innocenti
presenta


Cupola gonfiabile, 1981

Utopia, Etica e tecnologia
Incontro con Frei Otto

a cura di Pino Brugellis e Emanuele Piccardo
intervengono:
Gianni Biagi, Christine Kanstinger, Paolo Targetti

Lunedì 20 novembre 2006, ore 17,30
Salone Brunelleschi, Istituto degli Innocenti, P. SS. Annunziata, Firenze


Frei Otto, ritratto

Il nuovo appuntamento dell’Osservatorio sull’Architettura della Fondazione Targetti avrà come protagonista
uno dei più grandi maestri dell’architettura del ‘900: si tratta dell’ultraottantenne Frei Otto che proprio a
Firenze e per la Fondazione terrà, in anteprima mondiale, la sua prima conferenza pubblica dopo il conferimento dell’ambitissimo Praemium Imperiale della Japan Art Association (2006).
Sarà dunque un ospite di eccezione a chiudere la stagione 2006 dell’Osservatorio sull’Architettura di Targetti. La lecture in programma per il 20 novembre, grazie al contributo critico di Pino Brugellis e Emanuele Piccardo, vuole rendere omaggio al grande architetto tedesco che con il suo lavoro ha scritto pagine decisive della storia dell’architettura moderna.
“Le utopie” diceva Lamartine “non sono altro che verità premature”: è proprio in quest’ottica che va
inquadrato il lavoro di Frei Otto, oggi reso particolarmente attuale dal ridefinirsi di una nuova “cultura ecologica della città”. Il tema generale della ricerca di Frei Otto mira alla definizione di tipologie macrostrutturali ad alto contenuto tecnologico atte alla creazione di scenari urbani futuri capaci di coniugare l’etica con la capacità di immaginare un mondo migliore generato dall’operato dell’architetto; un futuro che si
propone di trovare soluzioni integrali eco-sostenibili.
L’ecologia, l’etica e la tecnologia sono i grandi temi che Frei Otto ha affrontato nei suoi progetti attraverso la sperimentazione sui materiali e le forme derivanti dagli studi sulla natura e sugli elementi biologici. Il suo è un invito a non imitare gli animali o le forme naturali, bensì a comprendere le forti analogie che vi sono e ad applicare le conoscenze delle strutture naturali alle strutture della tecnica.


Expo Montreal, Padiglione Tedesco 1967

Le sue cosiddette “strutture leggere” nascono principalmente dalla constatazione che molte delle forme che la natura crea spontaneamente sono forme ottimali in quanto la natura si esprime e sviluppa i suoi fenomeni con il minimo dispendio di energia. Le strutture leggere appartengono infatti alla categoria delle “costruzioni naturali”, ottenute con processi di formazione analoghi a quelli della natura, la cui stabilità dipende essenzialmente dalla loro forma. La scelta di questo tipo di strutture da parte di Otto Frei non è casuale, ma
è dovuta al fatto che in tal modo si possono realizzare coperture (permanenti o temporanee) luminose e leggerissime portando a una riduzione enorme di materiali in confronto alla maggior parte delle strutture classiche traducibile in un immediato ridimensionamento dei costi.
In “Storia dell’architettura moderna”, Bruno Zevi colloca Frei Otto – insieme a Soleri e Buckminster Fuller – nella sezione “Utopia e Futuribili”. “Utopia è termine ambiguo” scrive Zevi “applicabile in senso rigoroso forse soltanto ad alcune scenografie dell’Archigram Group. Per il resto, si tratta di ipotesi concrete, riguardanti un domani paurosamente vicino che urge predisporre per evitare incalcolabili catastrofi”. Proprio questa attenzione allo studio di palinsesti urbani futuri sono alla base della relazione tra Otto, Soleri e Fuller.


City in the Artic, visione sotto la cupola gonfiabile, schizzo 1970

L’opera di Otto non è il risultato di una creazione singola, ma è l’espressione di un disegno unitario che coniuga la ricerca teorica sull’idea di città e la sperimentazione tecnologica sulle potenzialità dei materiali, come dimostrano gli studi sulla città antartica e quelli sulle strutture pneumatiche gonfiabili. Con la sua architettura vuole contribuire a migliorare le condizioni di vita delle persone attraverso la costruzione di una società fondata su una più equa occupazione dello spazio.
Le architetture si Frei Otto nascono dall’osservazione degli accampamenti nomadi in condizioni climatiche estreme e dalla sperimentazione quasi ossessiva che compie sui materiali, di cui sfrutta al massimo possibilità tecnologiche e statiche a vantaggio di una grande leggerezza e trasparenza.
Scrive Lara-Vinca Masini in “L’arte del novecento”: “Frei Otto può considerarsi il creatore di una sorta di architettura organica , prodotta cioè, con il minimo sforzo, allo scopo di ottenere il massimo del risultato; egli sfrutta la leggerezza, la pieghevolezza, la resistenza delle materie plastiche, di involucri gonfiabili, che organizza in strutture ordinate scientificamente.” Da ciò si deduce quanto Frei Otto sia uno straordinario sperimentatore la cui influenza è evidente sia nell’architettura radicale (gruppi come gli inglesi
Archigram e i fiorentini Ufo hanno preso in prestito da lui tensostrutture e strutture gonfiabili) sia nell’architettura hi-tech di Renzo Piano, Norman Foster, Richard Rogers che con il maestro tedesco hanno un debito intellettuale di non poco conto.


Federal garden exhibition Colonia 1957

L’uomo riuscirà a riconsiderare il rapporto con l’ambiente naturale? In che modo condizionerà il progetto della città del futuro? Questa attenzione per l’etica porterà a definire nuovi scenari relazionali volti alla creazione di una società più aperta ed equa? Quanto la tecnologia può contribuire al raggiungimento di questi obiettivi?
Queste sono solo alcune delle questioni che verranno trattate durante l’evento che sarà aperto dalla presentazione di una serie di progetti di Frei Otto che hanno determinato l’efficacia della sua riflessione teorica e progettuale: dalla tensostruttura per lo stadio olimpico di Monaco alla città antartica, dal padiglione tedesco all’esposizione universale di Montreal del ’67 allo studio “Shadow in the Desert”.


Monaco, Coperture impianti sportivi Olimpiadi 1972

NOTA BIOGRAFICA
Frei Otto nasce a Siegmar (Sassonia) nel 1925, studia architettura alla TU di Berlino laureandosi nel 1952, anno in cui fonda il suo ufficio. Nel 1961 incontra Johann-Gerhard Helmcke, professore di biologia e antropologia al Max Planck Institute, che sarà fondamentale per i suoi studi sulla biologia applicata alle costruzioni. Viene incaricato di progettare il padiglione della Germania per l’Expo ’67 di Montreal.
Parallelamente all’attività progettuale elabora una ricerca teorica espressa attraverso la pubblicazione, avvenuta in due fasi nel ’62 e nel ’66, dei due volumi “Tensile Structures. Design, Structure and Calculation of Buildings of Cables, Nets and Membranes”. Nel 1968 gli viene commissionata una delle sue opere più conosciute: le coperture per le strutture sportive realizzate in occasione delle Olimpiadi di Monaco di
Baviera. Numerosi i premi che riceve tra i quali si ricorda la Medaglia d’oro dell’associazione degli architetti tedeschi (1982), la Medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects (2005) e il Praemium Imperiale della Japan Art Association (2006).


Monaco, Copertura dello Stadio Olimpico 1972

L’OSSERVATORIO SULL’ARCHITETTURA della FONDAZIONE TARGETTI è un ciclo di incontri, conferenze e dibattiti volti a indagare gli aspetti più significativi della progettazione contemporanea, analizzati nelle loro interrelazioni con la sociologia, l’urbanistica, l’arte, la comunicazione, la psicologia e il mondo dell’innovazione tecnologica.
Sono stati ospiti delle prime due stagioni dell’Osservatorio alcuni dei più significativi esponenti del pensiero e della pratica architettonica internazionale, tra cui Yona Friedman, Norman Foster, Peter Eisenman, Bernard Tschumi, Thom Mayne, Greg Lynn e Dennis Frenchman.
L’incontro con Frei Otto è realizzato in collaborazione con la rivista digitale di architettura, arti visive e culture Archphoto.it e con L’Istituto degli Innocenti di Firenze.

La partecipazione è ristretta si prega di confermare la propria presenza
all’indirizzo e-mail osservatorioarchitettura@targetti.it

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