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25 Settembre 2009

Pietre Artificiali

Attualità del laterizio a vista*

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Scuola a Trevi di Lorenzo e Massimo Carmassi. (foto Studio Carmassi)

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Stile laterizio
I materiali dell’architettura sono stati guardati – li abbiamo, anche noi, spesso studiati — da vari punti di vista: rapporto con la materia costitutiva d’origine, archetipi, elementi costruttivi disposti in classi e in serie sedimentate storicamente, regole di esecuzione, fasi di oblio e “rinascimenti” che ci parlano — a date differenziate – di attualità al plurale più che al singolare dei materiali.
Attraversando il tempo della lunga durata i materiali dell’architettura inevitabilmente danno vita ad una tradizione applicativa, ad un cultura linguistica specifica al punto da spingerci a parlare di Stili Tecnologici e a proposito dell’uso dell’argilla cotta, di Stile laterizio caratterizzato dalla “rossa materia” e dai suoi elementi costruttivi e figurativi fondamentali — muro, arco, colonna, pilastro, superficie, texture, epidermide materica — che hanno valore di indice, di elenco e, inevitabilmente, di potente strumento di orientamento del progetto.
Ai due poli dello Stile laterizio collochiamo, da una parte, gli oggetti primi (o se si vuole gli archetipi delle origini) e dall’altra le replicazioni, gli aggiornamenti e le innovazioni di ogni presente. Nel mezzo gli sviluppi e le sequenze intermedie (siano esse tecniche o solo formali) fra loro intimamente concatenate posti ad arricchire i temi d’avvio e a rappresentare – in ultima analisi – il collante fra i primi e gli ultimi stadi.
Oltrepassato il millennio, nello scenario attuale dell’architettura nazionale e internazionale sembrano potersi leggere tre principali tendenze all’uso del laterizio:
– la prima, minoritaria, riguarda l’impiego massivo, strutturale del materiale tipico dell’ordine murario;
– la seconda, maggioritaria sul piano quantitativo, è quella che lavora sul dispositivo tecnico del rivestimento a spessore autoportante, sull’idea della simulazione del muro;
– la terza, emergente e più innovativa, punta a “reinventare” morfologicamente l’uso del materiale attraverso involucri sottili fissati alle strutture portanti attraverso dispositivi meccanici.

Dell’ordine murario massivo
La costruzione pesante si ricollega al tema della muratura a grosso spessore qual è quella dei muri monostrato (formati unicamente da mattoni) o dei muri compositi (nella fattispecie di muri a sacco armati) con tutte le loro implicazioni spaziali, costruttive, di caratterizzazione architettonica.
Per quanto riguarda la riproposizione di murature portanti a grande spessore è possibile segnalare le opere significative recenti di Raphael Moneo, Michael Hopkins, Massimo Carmassi
Una specifica modalità di riannodarsi all’idea di costruzione pesante per tentarne un aggiornamento progettuale è quella rivolta alla rivalorizzazione della concezione di ascendenza romana dell’opus testaceum.
La muratura a sacco moderna — con doppia cortina di mattoni e getto interno di calcestruzzo armato — costituisce una struttura composita, disponibile a nuove ricerche formali risultando svincolata dalle regole costruttive che per secoli hanno dettato la logica e i ritmi della composizione murale, quali la regolarità e la serrata organizzazione cellulare, la continuità delle pareti, la limitata foratura dei muri per la creazione delle aperture.
A riattivare in epoca recente la tecnologia della muratura a sacco troviamo due figure centrali della stagione architettonica contemporanea: Rafael Moneo e Massimo Carmassi.
Se il primo, comunque, dopo il superbo Museo di arte romana a Merida ha indirizzato l’opera successiva verso un uso ampio e diversificato del mattone a vista — come nella stazione Atocha a Madrid o nel recentissimo ampliamento del Museo del Prado a Madrid — l’architetto toscano ha proseguito la sperimentazione con continuità fino ad oggi attraverso numerosissime opere, insistendo sulla complessificazione degli impianti spaziali, sul perfezionamento tecnologico delle murature che, conservando quell’unità tra forma e struttura tipica dei muri portanti monostrato, garantiscono la permanenza sul piano morfologico di un impianto forte.

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Columba Museum a Colonia di Peter Zumthor. (foto: Pietro Savorelli)

Del rivestimento a spessore
Attualmente la prassi contemporanea più diffusa connessa all’uso dei prodotti in laterizio è quella che “veste dall’esterno” l’architettura, oramai strutturalmente dipendente da dispositivi a telaio in calcestruzzo armato.
Questa tendenza applicativa — svincolando il mattone dalla funzione portante — lo usa come strato esterno ricoprente e protettivo, declinandone le valenze espressive attraverso i dispositivi tecnici in simulazione del muro.
È una modalità di impiego del mattone ampiamente diffusa in tutti i paesi europei alimentando la ricerca progettuale di molti architetti contemporanei.
Il rivestimento svolge il ruolo di preservazione delle strutture di elevazione a cui è applicato, contribuisce significativamente a conferire idonee prestazioni nel campo dell’isolamento termo-acustico, funge da elemento di caratterizzazione architettonica.
Si adotta il rivestimento in forma di parete-cortina anche per quel suo conservare qualcosa della massa, del peso visivo, dell’architettura del passato. Rimangono costanti e immutati gli elementi in laterizio (mattoni) come pure i criteri di montaggio (posa in umido) e di logica connettiva (stratificazione e concatenamento).
Le opere, alla fine, si propongono attraverso soluzioni architettoniche dove — a volte — si legge, stratigraficamente, l’innalzamento di rivestimenti omogenei e continui in simulazione del muro, altre si assiste alla crescita discontinua di reticoli strutturali, tamponamenti e/o riempimenti riportati.
Recentemente Peter Zumthor nel Kolumba Museum a Colonia ha offerto un mirabile esempio di ri-interpretazione di tale tema dove il rivestimento a spessore è declinato attraverso le regole murarie convenzionali ma a queste viene aggiunta una inedita e suggestiva scrittura parietale in forma schermatura filtrante (ottenuta attraverso laterizi di formato speciale) con ruolo bioclimatico e di caratterizzzazione luministica degli interni.

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Padiglione spagnolo all’Expo di Saragozza (2008) di Navarro Patxi Mangado.

Dell’involucro sottile
A fronte del rivestimento a spessore in mattoni che risulta autoportante vi è, invece, un modo, del tutto nuovo di intendere l’involucro architettonico in laterizio, attraverso il quale – sulla scia della fortunata sperimentazione di Renzo Piano – lo si innova morfologicamente e tecnologicamente, sorreggendolo mediante fissaggi metallici, riducendolo in spessore, assegnandogli un ruolo di scudo montato “a secco”. All’interno di questa nuova concezione, l’innovazione di prodotto e di esito architettonico si coniuga con l’innovazione esecutiva, trasferendo anche nel cantiere logiche e metodiche di montaggio seriale di tipo industriale.
Nel trattamento morfologico dei rivestimenti sottili il vocabolario e la sintassi non sono più quelli della figurazione murale con i suoi caratteri costruttivi di pesantezza, di massa. I nuovi dispositivi sottolineano al contrario la disgiunzione degli elementi in laterizio partecipi alla definizione dell’involucro protettivo.
Si assiste, nel complesso delle esperienze ad oggi attivate, ad una maggiore linearizzazione di disegno del rivestimento dove la geometria compositiva, la leggerezza (conferita dalla discontinuità delle trame materiche) esprimono il livello di rottura con la tradizione muraria aprendo ad un nuovo orizzonte applicativo il materiale.
L’involucro innovato, alla fine, è un sottile strato di rosso laterizio discostato dalla struttura portante la cui caratterizzazione è affidata spesso a forme plastiche, tridimensionali degli elementi in argilla cotta molto diverse da quella standardizzata del mattone
Ancora una volta, oltrepassando il millennio, dopo venti secoli di storia applicativa, l’argilla cotta materiale storico dell’architettura mette in rilievo la sua vitalità facendo parlare di se, da una prospettiva inedita.
In questa vitalità inesauribile sta, indubbiamente, la sua attualità.1

Alfonso Acocella

Note
* L’articolo è apparso in versione parziale sul Giornale dell’architettura, Rapporto Annuale Laterizi, 2009.
1 Per un approfondimento più sistematico e approfondito dell’architettura del laterizio si vedano le opere dell’Autore:
L’architettura del mattone faccia a vista (Laterconsult, Roma, 1989); L’architettura dei Luoghi (Roma, Laterconsult, 1992); Tetti in laterizio (Roma, Laterconsult, 1994); Rosso Italiano (Firenze, Alinea, 2006); Involucri in cotto (Firenze, Sannini, 2008 riedizione).

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