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12 Febbraio 2010

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Giardini di Pietra

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Tempio di Ryoanji, Kyoto, Giappone

«Prima di realizzare il progetto per Pulitzer avevo trascorso quasi sei settimane in Giappone per studiare i templi e i giardini Zen Myoshin-ji a Kyoto.
La principale caratteristica dei giardini di pietra è che tutti i passaggi che li circondano e quelli per attraversarli sono curvilinei. La geometria della conformazione dei giardini ti spinge a camminare secondo un movimento arcuato. L’articolazione di elementi distinti all’interno del campo e il senso del campo nella sua totalità emergono solo attraverso un loro costante attraversamento e la continua osservazione. Altri templi giardini sono costruiti in modo da poter essere osservati da un portico. Ma anche in questo caso, il paesaggio del giardino si rivela nella sua interezza solo se si compie l’intera lunghezza del portico. Gli elementi all’interno della conformazione asimmetrica del giardino sono ridotti al minimo; le sensazioni sono ridotte al minimo in modo che l’attenzione sia rivolta esclusivamente sulla variazione del contesto e si concentri su un elemento alla volta all’interno dello spazio fluido del campo. In tutti questi casi la percezione si basa sul tempo, sul movimento e sulla meditazione. I giardini giapponesi riflettono il concetto di “uji” cioè di “essere-tempo” dove l’esperienza del tempo e dello spazio è inseparabile e fluida. Il vuoto e il pieno sono visti come un unicum e sono compresi nel concetto di “ma”, che può essere definito come lo spazio tra due punti qualsiasi o il silenzio tra due suoni e così via; il concetto di “ma” considera il tempo e lo spazio come sostanza. Il rapporto tra gli elementi è definito dalla distanza tra di loro; vuoto e solido vengono misurati nello stesso modo. Un parallelo di questo concetto si può trovare nella fenomenologia della percezione o nell’esperienza pre-oggettiva come definita dalla filosofia esistenzialista che i minimalisti e gli altri artisti della mia generazione conoscevano bene.

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Tempio di Ryoanji, Kyoto, Giappone

Kyoto ha ridefinito il mio modo di vedere. Lo spazio percettivo del giardino Zen definisce il paesaggio come un campo totale, la sua organizzazione si basa su un concetto di moto perenne da parte dell’osservatore. In questo tipo di giardini il significato della forma deriva solo dal movimento, dal ritmo del corpo. L’attenzione non è mai rivolta verso un oggetto scultoreo isolato ma verso la complessità sincretica dell’insieme. Questa concezione dello spazio è fondamentalmente diversa da quella tradizionale occidentale, la quale si basa su una prospettiva centrale che riorganizza tutti gli oggetti lungo delle linee convergenti emanate dagli occhi di uno spettatore statico. La mia esperienza dei giardini Zen mi ha indicato la necessità di affrontare un paesaggio in termini di totalità di campo. La questione non riguardava più il posizionamento di un oggetto autonomo in un campo ma piuttosto un modo di vedere delle cose fra delle cose. La conoscenza della totalità di un sito diventa essenziale in quanto una lettura critica di quel sito doveva precedere qualsiasi altra intenzione. Il sito deve essere assorbito prima di essere trasformato.»

Richard Serra, “Questioni, contraddizioni, soluzioni”, pp. 55-57 in Eduardo Cicelyn, Mario Codognato (a cura di), Richard Serra (catalogo dell’esposizione, Napoli, MADRE, 22 febbraio – 10 maggio 2004), Napoli, Electa, 2004, pp. 241

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