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19 Marzo 2012

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Intervista a Mauro Andreini

“NON E’ UN MONDO A PARTE”
I DISEGNI DI MAURO ANDREINI

di Franco Purini

Il mondo figurativo di Mauro Andreini ha tra i suoi riferimenti ideali quel privitivismo di matrice classica che segnò l’arte italiana durante gli Anni Venti del secolo scorso. Si tratta di un momento cruciale della ricerca artistica del Novecento italiano caratterizzato dal ritorno all’ordine, una svolta radicale rispetto all’azione delle avanguardie che fu teorizzata, tra gli altri, da Ardengo Soffici e da Gino Severini. Le atmosfere di Carlo Carrà, dense di silenzi metafisici; le suggestioni paesistiche e urbane di Ottone Rosai, attraversate da un senso di straniata sospensione; i volumi solidi e assoluti di Giorgio Morandi, isolati nella loro icasticità scultorea primaria, costituiscono altrettante fonti poetiche del lavoro ormai consistente e sempre intenso dell’architetto toscano. Un lavoro del quale si avverte anche un’eco del realismo magico di Massimo Bontempelli. Le opere di Mauro Andreini – edifici, progetti, disegni, acquarelli – si iscrivono con originalità di interpretazione e con una profonda sincerità di sentire nella dimensione iconica individuata dagli artisti citati. Retrocedendo fino ad archetipi giotteschi Mauro Andreini ha riaffermato il valore della misura come esito della convergenza tra una propensione quasi innata alla proporzione e una tendenza all’equilibrio della forma. Una forma piena e compiuta, plasticamente definita, immediatamente riconoscibile nei suoi elementi eppure capace di prosciogliersi nel contesto come un’apparizione sublimale, quasi facendosi memoria di se stessa. Da qui una scrittura architettonica che sa arrivare all’essenza del costruire, che è in grado di esprimere quel quid razionale e insieme misterioso nel quale la tettonica evolve con naturalezza in una spazialità pura e nello stesso tempo segnata da stratificazioni e da alternative virtuali.

Nata da una narrazione collettiva che si perde nel tempo l’architettura di Mauro Andreini, sia quella costruita sia quella solo rappresentata, è volta a esprimere le centralità della permanenza non tanto come una speranza ma come una certezza, sulla quale fondare l’intero abitare. Al tempo che scorre – il tempo convulso e tortuoso della modernità – si oppone un’architettura della stabilità che si fa antemurale nei confronti di tutto ciò che è effimero e casuale, interscambiabile e indeterminato. Criticando la modernità della velocità, della dispersione e della frammentarietà – la modernità della tabula rasa, della rottura preventiva con il passato – Mauro Andreini riafferma il valore di una parallela modernità della continuità nella quale le nuove tematiche proposte dal secolo breve si accordano sapientemente con tutto ciò che le ha precedute. Tradizionale senza essere mimetico, il mondo figurativo di Mauro Andreini non è un mondo a parte, un’espressione marginale e anacronistica, seppure autentica e prestigiosa, di una cultura della località. Tale mondo, consapevole e ispirato, è qualcosa di più, un orizzonte di senso che può oltrepassare i propri confini autografici per divenire un orientamento più vasto e generale, una prospettiva creativa chiara e operante che molti potrebbero e dovrebbero condividere. Che la complessità del mondo contemporaneo possa avere come esito una semplicità portatrice di forti valenze intellettuali, spirituali ed estetiche è il risultato che l’impegno assiduo e severo di Mauro Andreini offre alla confusa e contraddittoria scena architettonica contemporanea.

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