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3 Giugno 2005

Letture

Savin J. Couëlle

(Introduzione di Anna Wakhevitch-Corsy. Fotografie di Tiziano Canu), Milano, Electa, 2002, pp. 99


fg64
Nuvole, vento e marosi sono soggetti ostici all’interpretazione d’architettura tramite le pratiche costruttive più tradizionali delle masse litiche e delle opere murarie.
Savin J. Couelle riesce a sovvertire la condizione di partenza di squilibrio fra elementi dotati di propria leggerezza ed animati da forza naturale e la materia litica recante propria connaturata gravità ponderale e trattenente entro sè, come in potenza, tutta la carica dinamica conferitale.
In virtù dell’accentuato lirismo, le proposte architettoniche del progettista francese, ora italiano e particolarmente sardo d’adozione, risultano con tutta probabilità tra le meno didattiche e trasmissibili in senso accademico, ma tra le più espressive.
La reazione sollecitata all’architetto dalla drammaticità cromatica e formale della linea di costa fronteggiante la Corsica non è dunque quella di annullarsi dietro i caratteri dominanti del paesaggio sardo, ma di proporre opere di altrettanto forte temperamento, capaci di sostenere vigorosamente e poeticamente il confronto con gli impeti del maestrale e lo sciabordio delle onde.
Le applicazioni scelte entro gli ambiti della tecnologia sono sovente quelle più istintivamente collegabili all’idea di naturalità: muri di conci irregolari, acciottolati per le pavimentazioni, coperture in lastre sbozzate.
Quando si riesca a scostarsi, anche se l’atto può risultare innaturale, dal senso di morbido avvolgimento scaturente dalla visita degli spazi in particolare abitativi di Couelle, si verificherà la correttezza dell’esecuzione costruttiva, come pure si avrà consapevolezza del controllo dei materiali e del cantiere, frutto della presenza e dell’attenzione durante le fasi prima ideative, poi costruttive, in modo prevalente su quelle del disegno al tavolo.
Nel concretare costruttivamente l’immagine di tutte le architetture, i conci di ogni arco si assestano lungo le linee di scarico nei punti salienti, i disegni pavimentali esterni sempre assecondano le linee di pendenza per il deflusso delle acque, quelli interni riconoscono particolarmente i motivi dei bordi perimetrali e delle soglie, le coperture infine integrano con accortezza l’opera dell’uomo con quella organica disegnata dal tempo.
L’intento scultoreo emergente nelle occasioni concesse dai blocchi granitici di maggiori dimensioni scopre più evidentemente la genìa artistica di Couelle, così come fanno – in ulteriore esempio – le forme plastiche dei focolari.
La giustapposizione di elementi di progetto ed elementi di natura ingaggia il confronto più serrato e criticamente interessante nei disegni pavimentali: all’incontro di posa fra materiale laterizio prodotto in serie e lastre litiche irregolari, tanto irregolari però quanto progettualmente volute. E’ questa la soluzione spesso preferita alle direttrici perimetrali della costruzione in prossimità dell’elevato dei setti, ad accentuare l’idea dello scavo della materia naturale ed a ritagliare definiti ambiti di forma organica in cui inserire l’intervento progettuale più controllato. L’accostamento di elementi con vocazioni materiche differenti accresce le tensioni cromatiche e percettive.
Giungendo alle caratteristiche dell’opera a stampa, il volume è un manuale monografico breve, di una cinquantina di pagine. Presenta rilegatura rigida per la cui sovraccoperta è scelto l’abito scuro. Il contenuto testuale è ridotto – questo anche quando si ricerchi il corredo d’informazioni agli scatti fotografici. Va da sè dunque che le immagini debbano essere parlanti e che la scelta grafica sulle dimensioni ed impaginazioni delle fotografie – non vi sono disegni – voglia concorrere alla comprensione della lettura.
La tipologia della raccolta scelta di immagini quale modo di rappresentare i progetti indica la vocazione del volume: non concepito quale documento per studiare l’architettura anche dei fatti del processo progettuale, ma per tentare di rendere allargata ed intelligibile particolarmente l’esperienza percettiva delle opere costruite.
In Fotografia come terapia Anna D’Elia registra l’allontanamento progressivo attuale dei racconti per immagini dalle categorie percettive proprie dell’uomo ed ammonisce allora: “Rallentare il tempo della visione, recuperarvi la perduta affettività, rientrare in contatto con lo stupore, ritrovare i limiti del visibile, opporsi alla quantità per la qualità, ricongiungere ogni immagine ad un occhio che guarda, possono essere i primi passi verso un cambiamento. Oggi le immagini vivono lo stesso destino delle città, sono sempre più distanti da chi le vive. Sia il vedere che l’abitare dovrebbero, invece, dare risposte al vivere. Ritrovare un senso a ciò che si vede, vuol dire anche saper distinguere tra buone e cattive immagini, tra quelle che mettono in moto trasformazioni o le bloccano.”
Le fotografie di Tiziano Canu costituiscono felicemente un ritorno al racconto misurato degli spazi abitativi. Essi sono illustrati per sequenze logiche ed esplorative componendo alchemicamente la luce naturale e le cromie materiali, inquadrando in quest’occasione soprattutto l’ambiente e non tanto il dettaglio, interpretando lo spazio e suggerendo le presenze fisiche dei committenti.
Savin J. Couelle possiede formazione e disciplina artistica, prima – in senso solo cronologico – che prettamente architettonica. La frequentazione della vita intellettuale parigina della metà del secolo scorso è viatico ad aperture ed esperienze sovralocali e sovranazionali. Le prove fornite negli ambiti della scenografia cinematografica costituiscono il possibile ricercato trait d’union con la progettazione spaziale e con la regia dei diversi talenti.

Alberto Ferraresi

(Visita Electaweb)

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