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11 Gennaio 2016

Opere di Architettura

Druk White Lotus School
Ladakh, India, 2001/2013
Arup Associates

La Druk White Lotus School, realizzata da Arup Associates a Ladakh, è interamente concepita come un progetto sostenibile: dal punto di vista architettonico e tecnologico, da quello costruttivo e funzionale, fino a quello sociale, strettamente legato al ruolo culturale della scuola.


Veduta del sito, dominato dalla catena dell’Himalaya

L’altipiano desertico dove sorge l’edificio è infatti caratterizzato da situazioni climatiche estreme (dai -30° C invernali agli oltre 40° C estivi), dove le piogge sono scarse per gran parte dell’anno. Allo stesso tempo Ladakh non solo è caratterizzata da un paesaggio dominato dalla catena dell’Himalaya, ma è una delle ultime regioni montuose in cui è praticato lo stile di vita buddista, che ha assegnato un ruolo centrale al monastero nell’organizzazione della società e degli stessi centri abitati. Per questo motivo il masterplan ha seguito l’impostazione tradizionale dei nuclei abitati della regione. Il progetto è suddiviso in quattro parti principali: la prima è costituita dall’ingresso del sito, dal centro visitatori e dalla fermata del bus, e consente l’accesso alla seconda, quella delle aree di insegnamento. La terza è costituita dal sistema residenziale, organizzato lungo un asse centrale e che si prevede possa espandersi verso nord. La quarta parte si trova a parte a fianco di un binario di servizio a ovest, ed è costituita dalle infrastrutture per l’acqua e l’energia oltre che dagli impianti sportivi.


Ingresso alla biblioteca e Muratura in granito di uno degli edifici del complesso

Il disegno che regola gli edifici scolastici è basato sulla tradizionale griglia di nove quadrati del mandala, una figura simbolica di particolare rilievo nella filosofia buddista, circondati da una serie di cerchi concentrici, formata da bassi muri, chiamati stupa, e salici. Al centro del mandala, l’edificio circolare della biblioteca costituisce il centro del complesso e offre sia un tempio a cielo aperto, sia uno spazio comunitario. Il progetto sfrutta al massimo l’orientamento e gli edifici sono disposti secondo le diverse funzioni: il mandala è orientato di 30° verso sud-est in modo che i tutti gli edifici possano sfruttare il sole mattutino, che a queste quote è notevole anche in inverno. Gli edifici scolastici sono costituiti da una serie di classi e di uffici degli insegnanti, disposti parallelamente attorno ad una corte aperta, che costituisce sia uno spazio di gioco che di insegnamento all’aperto. D’inverno le ampie vetrate servono a captare il calore solare che viene accumulato dai muri, mentre d’estate vengono aperte in modo da sfruttare la ventilazione verticale attraverso delle aperture sul tetto. Anche le residenze sono organizzate in due corpi disposti attorno ad una corte, ma sono orientate lungo l’asse nord-sud in modo che possano sfruttare la radiazione solare in ogni momento.
La corte è utilizzata sia come spazio all’aperto sia come luogo per la coltura di orti, pratica che fa parte integrante del programma di insegnamento.


Cortile della scuola

Un aspetto molto importante della sostenibilità è dato dai materiali con cui è stata costruita. La Druk White Lotus School non solo smentisce l’immagine stereotipata che associa l’architettura sostenibile e il risparmio delle risorse alla leggerezza dell’involucro, ma fa ritrovare alla pietra un ruolo importante all’interno della sostenibilità.
La pietra naturale difficilmente è stata associata a questo ambito, sia perché materiale non rinnovabile sia perché lontana dall’immagine di leggerezza. In questo caso invece il granito locale di Ladakh è stato fondamentale nel raggiungimento degli obbiettivi del progetto in termini di sostenibilità. La scelta di usare materiali locali, invece dell’acciaio e del cemento armato, ha risposto anch’essa all’obbiettivo di realizzare una costruzione durabile: i materiali importati avrebbero infatti mostrato un deterioramento più rapido, dovuto alle condizioni climatiche estreme, motivo per cui il loro impiego è stato ridotto il più possibile.


Vedute di un modulo didattico.

Il granito di Ladakh è reperibile sul posto, quindi la sua posa in opera è stata a zero emissioni di CO2, inoltre molti dei blocchi sono stati trovati direttamente sul posto, senza richiedere l’apertura di cave. La scelta di questa qualità di pietra ha risposto anche a delle esigenze di durabilità, quasi nel senso letterale del termine. Nel corso dell’alluvione del 2010 infatti, mentre le abitazioni in terra cruda sono state spazzate via, i muri in pietra della scuola hanno retto alla frana, offrendo un sicuro riparo ai suoi allievi e alle famiglie. Le possenti murature in pietra sono state poste in opera da artigiani locali secondo quelle stesse tecniche tradizionali con cui sono stati costruiti gli antichi monasteri della regione e realizzate in blocchi di granito irregolari legati con malta cementizia, di spessore di 45 cm. Ad essi è stata affiancata una parete di mattoni in terra cruda, separata da un’intercapedine di 10 cm. Le fondazioni sono in pietra e hanno larghezza e profondità di un metro. Le pareti interne sono invece in malta e terra cruda. L’edificio della scuola ha pareti spesse 70 cm per il primo piano che si rastremano per i successivi due. Le scatole murarie sono chiuse all’ultimo piano da un cordolo in cemento armato, e con lo stesso materiale sono state realizzati gli architravi delle aperture. Le strutture verticali sono indipendenti, mentre i solai interni in legno fungono comunque da controventi, migliorando in questo modo la resistenza sismica degli edifici.


Particolari delle latrine con sistema di ventilazione e smaltimento “ventilated improved pit” (VIP)

Da un punto di vista impiantistico le murature in pietra sono dei “muri di Trombe”. Questa tipologia costruttiva consiste in un muro passivo, posizionato sul lato sud dell’edificio e realizzato con un materiale ad alta inerzia termica. Il modello originale è stato in questo caso integrato con le tradizioni costruttive locali, dimostrandosi una valida alternativa alla combustione del letame utilizzata come principale fonte di produzione del calore. A Ladakh, che ha una media di 320 giorni di sole all’anno, l’ibridazione con i metodi costruttivi tradizionali in pietra e terra cruda, ha reso possibile la costruzione di muri massivi necessari per l’accumulo di calore nel “muro di Trombe”. La pietra è stata impiegata anche per i gradini, i muretti, i sedili e le fioriere, che articolano gli spazi e con la loro ridotta altezza creano un rapporto dimensionale adatto ai bambini.
Nella costruzione muraria a vista della Druk White Lotus School, realizzata da artigiani e lapicidi nepalesi, non c’è solo una celebrazione della loro precisione e capacità, ma è anche una inequivocabile affermazione di come la sostenibilità possa essere un punto di incontro tra la tradizione e l’innovazione.

A. B.


Esploso assonometrico della biblioteca

Scheda tecnica
Titolo dell’opera: Druk White Lotus School
Indirizzo: PO Box 91, Shey, Ley Ladakh, Jammu and Kashmir, 194101, India
Data di progettazione: 1996-1999
Data di realizzazione: 1999-2013
Committente: Phil Cornwell, Drukpa Trust
Progettazione: Arup Associates
Project team: Rory McGowan, Mike Beaven (Project director), Sean Macintosh (Project manager)
Collaboratori: Fase attuale Project Team: Rob Baldock, Jake Armatige, Richard Boyd, Nicola Perandin, Dimitris Argyros, Richard Hughes, Francesca Galeazzi, Marcus Weyler, Leslie Dep, Anokhee Shah, Suria Ismail
Prima fase Project Team: Jonathan Rose, Duncan Woodburn, Jim Fleming, Caroline Sohie, Roland Reinardy, Ian Hazard, Omar Diallo, Martin Self, Masato Minami, James Devine, Dorothee Richter
Direzione lavori: Mr Sonam Angdus, The Druk Pema Karpo Education Society (DPKES), India
Strutture: Arup & Arup Associates, Londra, UK
Materiali lapidei utilizzati: Ladakhi Tonolite “Karakoram Granodirorite”
Fornitura e istallazione pietre: Mr Sonam Angdus, The Druk Pema Karpo Education Society
(DPKES), India

Per una documentazione completa dell’opera Download PDF

Rieditazione tratta da Re-Load Stone, a cura di Vincenzo Pavan pubblicato da Marmomacc

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