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14 Settembre 2005

Citazioni Pietre dell'identità

Omaggio al Salento. Incipit


La costa rocciosa salentina. (foto di A.Acocella)
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“Nuovo del tutto – citando Francesco Rodolico dal suo pregevole libro Le pietre delle città d’Italia – il paesaggio pugliese, a chi lo guardi avendo ancora negli occhi la regione subappenninica marchigiana ed abruzzese, ovvero l’Appennino Sannitico e Lucano.
Qualora mancassero gli elementi umani, che recano dovunque il chiarissimo segno della nostra storia, si dubiterebbe di trovarsi ancora su terra italiana, e non piuttosto di là del Mediterraneo. Dalle Murge alla Penisola Salentina, tutto concorre a tale impressione: l’uniforme dominio dei motivi orizzontali, nella sequenza di piani ed altopiani appena ondulati; l’assoluto prevalere dei calcari, tra le rocce che ne costituiscono il suolo, di frequente aspro e petroso; la quasi totale scomparsa della rete idrografica superficiale, dalla destra dell’Ofanto alla sinistra del Bradano. […] A portata di mano dovunque la pietra di Puglia, e poche regioni d’Italia, al pari di questa, ne hanno visto sì largo impiego, tanto nelle singolari fabbriche rustiche, quanto nell’edilizia e nell’architettura delle città.” (1)
Infissa nel Mediterraneo, occupandone una posizione centrale, la penisola salentina – estrema propaggine, in forma di “tallone”, dello stivale italiano posto a dividere il mare Adriatico dallo Ionio e dal golfo di Taranto – risente appieno, forse ancor più dei restanti territori pugliesi, dell’ambiente mediterraneo: nel clima, nella flora, nell’assetto topologico e orografico generale.
Una struttura geologica particolarmente ricca di banchi rocciosi affioranti fa sì che nel Salento sia proprio la presenza diffusa e onnipresente della pietra a tenere insieme ogni cosa, a rendere così caratteristico ed unica questa lingua di terra protesa e allungata nel cuore del Mediterraneo.
Sotto il cielo caldo e luminoso del Salento la pietra appare innanzitutto in grandi masse rocciose lungo i litorali costieri al cospetto di un mare turchino.
Verso l’interno l’altopiano salentino, invece, si presenta come una grande “spugna di pietra”, poichè non ha laghi o fiumi, non trattiene l’acqua in superficie, ma la assorbe tutta nel sottosuolo.
L’andamento pianeggiante del suolo è scavato, ogni tanto, da profonde “gravine” di tufo (sedimentazione geologica molto friabile di frammenti vulcanici e di conchiglie marine) che nel tempo hanno subito una notevole erosione.
La pietra riemerge, poi, dovunque dal terreno in forma di massi tarlati e consunti dal tempo utilizzati per la formazione ininterrotta di muri a secco (che avvolgono i campi con grandi e contorte piante di ulivo) posti a disegnare, attraverso una grande maglia a scala territoriale, il paesaggio della campagna.
Muri a secco di maggiore spessore ed articolazione costruttiva danno corpo, invece, a quei particolarissimi ricoveri monocellulari, simili a piccole tholos, rappresentati dai trulli di variata dimensione e forma volumetrica.
I progenitori dei costruttori dei muri a secco e dei trulli furono certamente i Messapi che eressero mura megalitiche a difesa delle loro città e “specchie” quali strutture sepolcrali per i loro defunti. Sono questi i “muri antenati” “spesso nella più perfetta struttura isodoma a blocchi squadrati, posati a secco, orizzontalmente gli uni sugli altri) che lasciano ancora intravedere di aver posseduto un taglio netto e preciso.
Da millenni, con una tecnica appropriata al materiale impiegato che ancora non si è spenta (l’arte del paritaru), si costruiscono nella penisola salentina muri a secco di diversa natura architettonica e ruolo funzionale:
– muri bassi e muri alti;
– muri semplici e muri doppi;
– muri con pietre piccole e grandi;
– muri con pietre grezze, sfaccettate o con elementi squadrati;
– muri plebei e muri gentilizi.

Alfonso Acocella

(1) Francesco Rodolico, “L’antiappenino pugliese”, p. 341, in Le pietre delle città d’Italia, Firenze, Le Monnier, 1965 (1° 1946), pp. 501.

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