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30 Novembre 2009

Pietre d`Italia

ALBERTO CAMPO BAEZA E IL MARMO DI CARRARA
Pibamarmi e Telara a Marmomacc 2009

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Il marmo apuano Bianco Lavagnina riveste l’interno del padiglione Pibamarmi, disegnato da Alberto Campo Baeza al Marmomacc 2009. (ph Giovanni De Sandre)

«Se vi ha paese in Italia degno di richiamare l’attenzione dei naturalisti, uno di questi è senza dubbio il territorio dell’Alpe Apuana, piccolo gruppo di montagne situato sull’estremità occidentale dell’Etruria. Questa Contrada […] non è niente meno singolare nella storia fisica del Globo per la struttura e formazione delle sue rocce, avendo la natura fino dalla prima età ivi depositato il più bianco marmo, e per le arti il più pregevole.
[…] I più profondi dirupi si presentano dalla parte orientale di questa catena fra i quali è rimarcabile quello del Pizzo d’Uccello, precipizio altissimo che dalla più elevata sommità quasi tagliato a picco si sprofonda verticalmente al piede della montagna nella valle del Lucido. Per farsi una giusta idea dell’azione corrosiva delle acque che cadano da quest’alpe basta osservare la strada scavata in profondo e stretto solco dal torrente di questo nome, i cui argini sono fiancheggiati da marmi bianchi levigati dall’attrito della corrente».

Con queste parole, Emanuele Repetti apre il suo celebre volume “Sopra l’Alpe Apuana ed i marmi di Carrara” (1820), introducendo il lettore con immediatezza ed efficacia alla peculiarità del paesaggio, e alla specificità geologica, di questa piccola area geografica stretta tra la dorsale dell’Appennino e il mar Tirreno. L’aspra e grandiosa orografia delle Apuane, e la bellezza dei marmi che in queste montagne trovano origine, hanno da sempre suggestionato viaggiatori, letterati e artisti: è già Rutilio Namaziano nel V secolo d.c. a scrivere «dives marmoribus tellus, quae luce coloris provocat intactas luxuriosa nives» in riferimento al candore degli affioramenti marmorei che ricordano la presenza di nevi perenni; è Dante a richiamare l’impressione delle vette delle Panie (antico nome delle Apuane) e delle loro pietre; è ancora Repetti, più oltre nella sua opera, a ricordare che «al dire di Vasari, Michelangelo, quale nel 1515 frequentò quelle cave, ebbe la gigantesca idea di ridurre quella sommità in statua colossale, idea che tornò in campo pochi anni fà, onde colpire la vista dei naviganti alle più grandi distanze».
L’immagine del biancore dei marmi Carraresi, fissata con più frequenza nella tradizione, cela in realtà una straordinaria ricchezza di varianti cromatiche e tessiturali, che contraddistingue questa famiglia di materiali a struttura saccaroide uniforme, fine e compatta. I marmi apuani, scavati nei bacini di Torano, di Fantiscritti e di Colonnata, possono infatti presentarsi di colore bianco, con sfumature più o meno intense crema o grigio-azzurre, per raggiungere in alcuni casi le tinte più forti del grigio cupo; le tessiture possono essere sottilmente venate, o più decisamente nuvolate o arabescate.

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Il tavolo Tabla Bianca disegnato da Alberto Campo Baeza per Pibamarmi e realizzato in marmo Bianco Lavagnina. (ph Giovanni De Sandre)

Simmetrica alla varietà di aspetti è la molteplicità delle denominazioni: Bianchi, Bianchi Chiari, Bianchi Venati, Statuari, Cipollini, Crema Delicati, Arabescati, Calacatta, Bardigli; a cui spesso si aggiungono le specificazioni delle località di escavazione come nel caso del Bianco Lavagnina, estratto nell’omonima cava del bacino di Colonnata sulle pendici della Cima di Gioia. Il materiale, caratterizzato da un tono omogeneo grigio chiarissimo, presenta sottili striature più scure; il sito di escavazione è coltivato da diverse generazioni dalla Carlo Telara, azienda carrarese di consolidata tradizione familiare che esporta tale materiale in tutto il mondo, continuando a rendere disponibile il marmo apuano al contributo creativo di architetti e artisti della contemporaneità.
L’incontro più recente tra il Bianco Lavagnina e uno dei principali protagonista della cultura architettonica attuale è avvenuto in occasione nell’ultima edizione della fiera scaligera Marmomacc; in tale contesto, infatti, Alberto Campo Baeza, architetto spagnolo di rilievo internazionale, ha impiegato il materiale per dare corpo al raffinato progetto de “La Idea Construida”, padiglione espositivo per il brand lapideo Pibamarmi.
L’interno della struttura, incentrato sul tema del rapporto tra pietra, luce e tempo, si è offerto ai visitatori come uno spazio vuoto, per la sosta e la meditazione, immerso nella penombra e segnato dal passaggio lento di fasci luminosi sulla superficie naturale del marmo apuano, tagliato in grandi moduli quadrati impiegati per rivestire in continuità le pareti e il pavimento dell’essenziale camera litica.
L’architetto ha poi declinato il Bianco Lavagnina nel design di un grande tavolo con piano monolitico e struttura metallica, portando l’interpretazione delle caratteristiche del marmo ad esiti di particolare raffinatezza. I motivi della scelta materica sono ben sintetizzati nelle parole dello stesso Campo Baeza: «Il Marmo di Carrara è meraviglioso e sublime, era certamente il più adatto per realizzare questa camera di pietra attraversata da una riproduzione della luce solare in movimento; un marmo bianco greco sarebbe stato troppo omogeneo, troppo artificiosamente perfetto, non sarebbe stato così vibrante nel lasciarsi accarezzare dal passaggio dei fasci luminosi; questo Marmo di Carrara, con le sue sottilissime venature, con la sua lieve e calda sfumatura grigia, con la sua grana naturale, è universale ed eterno».

di Davide Turrini

Vai a:
Intervista ad Alberto Campo Baeza
Bianco Lavagnina
Pibamarmi
Carlo Telara

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