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21 Febbraio 2013

Design litico

Marmo Tecniche e Cultura, Milano, 1983.
Dibattito e ricerca tra arte, architettura e design


Angelo Mangiarotti, vaso in alabastro di Volterra, produzione Conexport, 1983

La mostra “Marmo Tecniche e Cultura” è ordinata da Giuliana Gramigna, Sergio Mazza e Pier Carlo Santini e si tiene all’Arengario di Milano nel dicembre del 1983.
L’evento, centrale per lo sviluppo del design litico italiano degli ultimi decenni del Novecento, ha l’obiettivo di richiamare l’attenzione del grande pubblico sulle qualità delle pietre e dei marmi e sui loro significati culturali; i curatori presentano una serie di opere declinate nei settori della scultura, dell’architettura e – soprattutto – del design di prodotto, proponendo molteplici tipologie di sperimentazioni tecniche e di temi formali e funzionali. L’auspicio ultimo della rassegna è quello di stimolare ulteriormente il dibattito e la ricerca inerente le evoluzioni produttive dei materiali lapidei.
Il percorso espositivo, e conseguentemente la trattazione del catalogo, si dipanano a partire dall’analisi dell’opera di artisti come Guerrini, Noguchi e Adam che vivono un rapporto stretto e diretto con la materia litica; vengono poi presentate sculture di Pietro Cascella, Gigi Guadagnucci, Francesco Somaini e Giò Pomodoro, realizzate tra gli anni ’70 e gli anni ’80 e rappresentative di diversi approcci espressivi ed operativi nei confronti della pietra e del marmo.
La sezione dedicata all’architettura presenta le realizzazioni litiche degli anni ’30 di Giovanni Muzio e Giuseppe Terragni, per approdare alle opere dei BBPR, di Gardella, Albini, Zanuso e Carlo Scarpa costruite tra l’immediato dopoguerra e i primi anni ’80.


Giulio Lazzotti, stoviglie Peanuts, marmo Bardiglio Imperiale e ardesia levigata, produzione Casigliani, 1981

Sculture e architetture vengono documentate sottolineando le peculiarità del rapporto tra artefice e macchina, tra materiali e lavorazioni più o meno seriali; individuando gradazioni di incidenza e dinamiche di interazione variabili tra artigianato e industria, ancora oggi valide per analizzare la fenomenologia del design litico1.
La parte preponderante dell’allestimento è dedicata al design e muove concettualmente dalla valorizzazione delle sperimentazioni degli anni ’60, lette come momento di avvio di un importante dibattito teorico-critico sulle possibilità di rinnovamento dell’oggetto o del mobile lapideo; tali esperienze portano a rilevanti ricadute in termini produttivi per tutti gli anni ’70, fino agli anni ’80 con i pezzi litici realizzati dai più importanti produttori dell’arredamento italiano come Knoll, Cassina, B&B e Danese e con le collezioni contrassegnate da veri e propri marchi dedicati del design in pietra come Skipper, Up & Up, Casigliani, Ultima Edizione e Primapietra.
Descrivendo questo fenomeno, nel saggio del catalogo dedicato al design, Pier Carlo Santini sottolinea la centralità dell’esperienza culturale e operativa di Officina, che nasce a Pietrasanta, ma si sviluppa in una prospettiva di contatti internazionali in cui si intrecciano diverse storie personali: quella di Erminio Cidonio – a capo della sede apuo-versiliese della multinazionale dei lapidei Henraux per tutti gli anni ’60 – e quelle di artisti, designer, galleristi e critici d’arte militanti come lo stesso Santini.


Gae Aulenti, dettaglio di Jumbo, tavolo in marmo prodotto da Knoll, 1964

Cidonio, promotore di una breve ma intensa stagione di sintesi tra sperimentazione progettuale e spirito imprenditoriale, invita al cantiere d’arte di Officina rappresentanti di ogni tendenza creativa, che operano nella più ampia libertà, utilizzando forme complesse e processi tecnologici inusuali, con l’obiettivo di rinnovare e riqualificare l’oggetto litico. La mostra collettiva Forme 67, che si tiene nel 1967 a Pietrasanta, è il risultato di tale attività.
Nel contesto che si delinea a partire dalle sperimentazioni di Officina prendono avvio singoli percorsi progettuali, più o meno fertili ma in ogni caso di importante valore, primi fra tutti quelli di Enzo Mari e Angelo Mangiarotti, ma anche di Mario Bellini, dei Castiglioni, di Gae Aulenti e Tobia Scarpa, che portano a consistenti risultati in termini di innovazione formale e tecnologica del prodotto in pietra e che rappresentano un riferimento metodologico e operativo ancora vivo per le ricerche presenti e future sul design dell’oggetto litico2.


Lodovico Acerbis e Giotto Stoppino, tavoli I Menhir con basi componibili in marmo e piani in cristallo, produzione Acerbis International, 1983

Così la mostra “Marmo Tecniche e Cultura” del 1983 dà conto in maniera esaustiva di un’articolazione complessa di percorsi progettuali e produzioni, presentando i vasi Paros di Enzo Mari per Danese; i vasi e le scatole in marmo di Angelo Mangiarotti per Horus (Skipper), come pure – dello stesso autore – le consistenti collezioni di oggetti in alabastro per Horus, Conexport e Società Cooperativa Artieri Alabastro.
Di Sergio Asti sono esposti i vasi e i contenitori in marmo per Up & Up e Knoll; inoltre i posacenere in marmo di Gianfranco Frattini per Henraux; le stoviglie in ardesia e bardiglio di Giulio Lazzotti per Casigliani; gli oggetti in alabastro della serie Batu di Enzo Mari per Danese.
Accanto agli oggetti d’uso è consistente la presenza di arredi e complementi: la lampada Biagio di Tobia Scarpa per Flos; i tavoli Eros e Incas di Mangiarotti per Fucina (Skipper); i tavoli Samo e Delfi di Carlo Scarpa e Marcel Breuer per Simon International; il tavolo Jumbo di Gae Aulenti per Knoll.
Di Mario Bellini il tavolo Colonnato per Cassina e il divano Grande Muraglia per B&B Italia; lo scaffale Biblos di Renato Polidori per Fucina; i tavoli Mega di Enrico Baleri per Knoll; il tavolo Metafora di Lella e Massimo Vignelli per Casigliani.
Per Mageia il tavolo Rotor 4 di Carlo Venosta e il tavolino Unipede di Giulio Lazzotti; la toilette Buñuel di Carlo Forcolini per De Padova; i tavolini I Menhir di Lodovico Acerbis e Giotto Stoppino per Acerbis International; il sistema di sedute Waiting System di Tecno.


Renato Polidori, libreria Biblos, marmo, produzione Fucina per Skipper, 1976

Gli elementi di design sono ottenuti con tecniche avanzate di taglio, fresatura, tornitura, incastro ed intarsio e valorizzano le qualità strutturali ed espressive di molteplici litotipi. Le categorie oggettuali e le morfologie sono numerose. L’orizzonte vasto e diversificato delineato dal percorso espositivo ricostruisce così, con efficacia, quella che i curatori definiscono come una “nuova cultura del marmo”, proiettata oltre il Moderno alla ricerca di un “umanesimo produttivo” alternativo rispetto ad una concezione livellante della standardizzazione, condizionata dall’inflessibile meccanismo costi-produzione-tecnologia. In questo modo la pietra diviene l’essenza materica attorno a cui si costruisce e si rinsalda un inedito connubio tra artigianato e industria, fatto di efficienza dei processi, di qualità dei prodotti e di risposte appropriate al «problema della corrispondenza di questa materia alle esigenze dei linguaggi contemporanei»3.

di Davide Turrini

Aggiornata la Lithospedia Interior Design con le schede di Marmo Tecniche e Cultura

Note
1 Sia nella prospettiva storica recente, sia nello scenario attuale, le categorie della replicazione artigianale, della serialità industriale e dell’artefatto multiplo sono fondamentali per analizzare opere e lavorazioni litiche. Per un approfondimento in merito si rimanda a Guido Ballo, La mano e la macchina. Dalla serialità artigianale ai multipli, Milano, Jabik & Colophon, 1976, pp. 271.
2 Sull’esperienza di Officina, su Erminio Cidonio a capo della Henraux e sulle conseguenti linee di sviluppo del design litico italiano dopo la metà degli anni ’60 del secolo scorso, si vedano: Anna Vittoria Laghi, “Cidonio, 1963-1965: cronaca di un’utopia” pp. 280-285 e Claudio Giumelli, “Pier Carlo Santini e il design del marmo” pp. 377-412, entrambi in Anna Vittoria Laghi (a cura di), Il primato della scultura. Il Novecento a Carrara e dintorni, catalogo della X Biennale Internazionale Città di Carrara, Carrara, Artout, 2000, pp. 423; si rimanda anche a Lara Conte, “L’Henraux: i progetti, i protagonisti (1956-1972)” pp. 36-49, in Costantino Paolicchi, Manuela Della Ducata (a cura di), Henraux dal 1821: progetto e materiali per un museo d’impresa, Pontedera, Bandecchi & Vivaldi, 2007, vol. II, pp. 87.
3 Pier Carlo Santini, “Il materiale marmo”, p. 23, in Marmo. Tecniche e cultura, catalogo della mostra, Milano, Promorama, 1983, pp. 103.

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