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Notizie

4 Novembre 2006

Eventi Toscana

Utopia, Etica e tecnologia
Incontro con Frei Otto

Osservatorio sull’Architettura / Fondazione Targetti
in collaborazione con archphoto.it e l’Istituto degli Innocenti
presenta


Cupola gonfiabile, 1981

Utopia, Etica e tecnologia
Incontro con Frei Otto

a cura di Pino Brugellis e Emanuele Piccardo
intervengono:
Gianni Biagi, Christine Kanstinger, Paolo Targetti

Lunedì 20 novembre 2006, ore 17,30
Salone Brunelleschi, Istituto degli Innocenti, P. SS. Annunziata, Firenze


Frei Otto, ritratto

Il nuovo appuntamento dell’Osservatorio sull’Architettura della Fondazione Targetti avrà come protagonista
uno dei più grandi maestri dell’architettura del ‘900: si tratta dell’ultraottantenne Frei Otto che proprio a
Firenze e per la Fondazione terrà, in anteprima mondiale, la sua prima conferenza pubblica dopo il conferimento dell’ambitissimo Praemium Imperiale della Japan Art Association (2006).
Sarà dunque un ospite di eccezione a chiudere la stagione 2006 dell’Osservatorio sull’Architettura di Targetti. La lecture in programma per il 20 novembre, grazie al contributo critico di Pino Brugellis e Emanuele Piccardo, vuole rendere omaggio al grande architetto tedesco che con il suo lavoro ha scritto pagine decisive della storia dell’architettura moderna.
“Le utopie” diceva Lamartine “non sono altro che verità premature”: è proprio in quest’ottica che va
inquadrato il lavoro di Frei Otto, oggi reso particolarmente attuale dal ridefinirsi di una nuova “cultura ecologica della città”. Il tema generale della ricerca di Frei Otto mira alla definizione di tipologie macrostrutturali ad alto contenuto tecnologico atte alla creazione di scenari urbani futuri capaci di coniugare l’etica con la capacità di immaginare un mondo migliore generato dall’operato dell’architetto; un futuro che si
propone di trovare soluzioni integrali eco-sostenibili.
L’ecologia, l’etica e la tecnologia sono i grandi temi che Frei Otto ha affrontato nei suoi progetti attraverso la sperimentazione sui materiali e le forme derivanti dagli studi sulla natura e sugli elementi biologici. Il suo è un invito a non imitare gli animali o le forme naturali, bensì a comprendere le forti analogie che vi sono e ad applicare le conoscenze delle strutture naturali alle strutture della tecnica.


Expo Montreal, Padiglione Tedesco 1967

Le sue cosiddette “strutture leggere” nascono principalmente dalla constatazione che molte delle forme che la natura crea spontaneamente sono forme ottimali in quanto la natura si esprime e sviluppa i suoi fenomeni con il minimo dispendio di energia. Le strutture leggere appartengono infatti alla categoria delle “costruzioni naturali”, ottenute con processi di formazione analoghi a quelli della natura, la cui stabilità dipende essenzialmente dalla loro forma. La scelta di questo tipo di strutture da parte di Otto Frei non è casuale, ma
è dovuta al fatto che in tal modo si possono realizzare coperture (permanenti o temporanee) luminose e leggerissime portando a una riduzione enorme di materiali in confronto alla maggior parte delle strutture classiche traducibile in un immediato ridimensionamento dei costi.
In “Storia dell’architettura moderna”, Bruno Zevi colloca Frei Otto – insieme a Soleri e Buckminster Fuller – nella sezione “Utopia e Futuribili”. “Utopia è termine ambiguo” scrive Zevi “applicabile in senso rigoroso forse soltanto ad alcune scenografie dell’Archigram Group. Per il resto, si tratta di ipotesi concrete, riguardanti un domani paurosamente vicino che urge predisporre per evitare incalcolabili catastrofi”. Proprio questa attenzione allo studio di palinsesti urbani futuri sono alla base della relazione tra Otto, Soleri e Fuller.


City in the Artic, visione sotto la cupola gonfiabile, schizzo 1970

L’opera di Otto non è il risultato di una creazione singola, ma è l’espressione di un disegno unitario che coniuga la ricerca teorica sull’idea di città e la sperimentazione tecnologica sulle potenzialità dei materiali, come dimostrano gli studi sulla città antartica e quelli sulle strutture pneumatiche gonfiabili. Con la sua architettura vuole contribuire a migliorare le condizioni di vita delle persone attraverso la costruzione di una società fondata su una più equa occupazione dello spazio.
Le architetture si Frei Otto nascono dall’osservazione degli accampamenti nomadi in condizioni climatiche estreme e dalla sperimentazione quasi ossessiva che compie sui materiali, di cui sfrutta al massimo possibilità tecnologiche e statiche a vantaggio di una grande leggerezza e trasparenza.
Scrive Lara-Vinca Masini in “L’arte del novecento”: “Frei Otto può considerarsi il creatore di una sorta di architettura organica , prodotta cioè, con il minimo sforzo, allo scopo di ottenere il massimo del risultato; egli sfrutta la leggerezza, la pieghevolezza, la resistenza delle materie plastiche, di involucri gonfiabili, che organizza in strutture ordinate scientificamente.” Da ciò si deduce quanto Frei Otto sia uno straordinario sperimentatore la cui influenza è evidente sia nell’architettura radicale (gruppi come gli inglesi
Archigram e i fiorentini Ufo hanno preso in prestito da lui tensostrutture e strutture gonfiabili) sia nell’architettura hi-tech di Renzo Piano, Norman Foster, Richard Rogers che con il maestro tedesco hanno un debito intellettuale di non poco conto.


Federal garden exhibition Colonia 1957

L’uomo riuscirà a riconsiderare il rapporto con l’ambiente naturale? In che modo condizionerà il progetto della città del futuro? Questa attenzione per l’etica porterà a definire nuovi scenari relazionali volti alla creazione di una società più aperta ed equa? Quanto la tecnologia può contribuire al raggiungimento di questi obiettivi?
Queste sono solo alcune delle questioni che verranno trattate durante l’evento che sarà aperto dalla presentazione di una serie di progetti di Frei Otto che hanno determinato l’efficacia della sua riflessione teorica e progettuale: dalla tensostruttura per lo stadio olimpico di Monaco alla città antartica, dal padiglione tedesco all’esposizione universale di Montreal del ’67 allo studio “Shadow in the Desert”.


Monaco, Coperture impianti sportivi Olimpiadi 1972

NOTA BIOGRAFICA
Frei Otto nasce a Siegmar (Sassonia) nel 1925, studia architettura alla TU di Berlino laureandosi nel 1952, anno in cui fonda il suo ufficio. Nel 1961 incontra Johann-Gerhard Helmcke, professore di biologia e antropologia al Max Planck Institute, che sarà fondamentale per i suoi studi sulla biologia applicata alle costruzioni. Viene incaricato di progettare il padiglione della Germania per l’Expo ’67 di Montreal.
Parallelamente all’attività progettuale elabora una ricerca teorica espressa attraverso la pubblicazione, avvenuta in due fasi nel ’62 e nel ’66, dei due volumi “Tensile Structures. Design, Structure and Calculation of Buildings of Cables, Nets and Membranes”. Nel 1968 gli viene commissionata una delle sue opere più conosciute: le coperture per le strutture sportive realizzate in occasione delle Olimpiadi di Monaco di
Baviera. Numerosi i premi che riceve tra i quali si ricorda la Medaglia d’oro dell’associazione degli architetti tedeschi (1982), la Medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects (2005) e il Praemium Imperiale della Japan Art Association (2006).


Monaco, Copertura dello Stadio Olimpico 1972

L’OSSERVATORIO SULL’ARCHITETTURA della FONDAZIONE TARGETTI è un ciclo di incontri, conferenze e dibattiti volti a indagare gli aspetti più significativi della progettazione contemporanea, analizzati nelle loro interrelazioni con la sociologia, l’urbanistica, l’arte, la comunicazione, la psicologia e il mondo dell’innovazione tecnologica.
Sono stati ospiti delle prime due stagioni dell’Osservatorio alcuni dei più significativi esponenti del pensiero e della pratica architettonica internazionale, tra cui Yona Friedman, Norman Foster, Peter Eisenman, Bernard Tschumi, Thom Mayne, Greg Lynn e Dennis Frenchman.
L’incontro con Frei Otto è realizzato in collaborazione con la rivista digitale di architettura, arti visive e culture Archphoto.it e con L’Istituto degli Innocenti di Firenze.

La partecipazione è ristretta si prega di confermare la propria presenza
all’indirizzo e-mail osservatorioarchitettura@targetti.it

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3 Novembre 2006

Eventi

Gianni Berengo Gardin
Reportage su Carlo Scarpa

MAXXI architettura – Centro Archivi
Roma, Museo Hendrik C.Andersen
10 novembre 2006 – 7 gennaio 2007
www.darc.beniculturali.it

Nell’ambito delle celebrazioni del centenario della nascita di Carlo Scarpa (1906-1978), il MAXXI architettura espone una selezione di fotografie che Gianni Berengo Gardin ha scattato ai “cantieri” di Carlo Scarpa, in particolare la Biennale di Venezia e la Tomba Brion. Le foto, realizzate nel 1972, sono conservate nella collezione della Fototeca Carlo Scarpa del CISA Palladio.
La Mostra, curata da Maddalena Scimemi, è stata realizzata a Vicenza nel giugno-luglio 2006. Propone una spettacolare selezione di fotografie in bianco e nero tuttora inedite, una documentazione straordinaria realizzata a cantiere aperto,
Viene riproposta a Roma nel Museo Andersen, sede provvisoria dell’archivio Scarpa, a cura del Centro archivi di architettura del MAXXI con il contributo della Regione del Veneto.
Le 40 foto esposte sono articolate in 4 sezioni tematiche: Ritratti, dove i protagonisti sono gli operai ripresi nei padiglioni e nei giardini della Biennale d’Arte di Venezia; Ombre, raccoglie le immagini del complesso monumentale Brion; Linee, frazioni, quasi frammenti di architetture; Distanze, paesaggi naturali o urbani.
Il lavoro di Berengo Gardin fissa in immagini di grande suggestione i momenti significativi delle opere scarpiane negli anni in cui l’architetto veneziano realizza i suoi più noti restauri e allestimenti in grandi musei come il Correr, la Querini Stampalia, le Gallerie dell’Accademia e la Biennale; negli stessi anni inizia anche la costruzione della Tomba Brion nel cimitero di San Vito di Altivole. Attraverso la visione di queste immagini, il visitatore è indotto ad una rilettura profonda ed inusuale delle opere del grande architetto veneto.

Museo Hendrik C.Andersen
Via P.S.Mancini 20, 00196 Roma
Tel. 06.3219089

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In viaggio verso l’alabastro di Volterra


Le colline intorno a Volterra (foto: Sara Benzi)

Un viaggio alla scoperta dell’alabastro di Volterra, un materiale ed un mondo da scoprire, non da tutti conosciuto. Come procedere, il primo passo è ovvio: andare a Volterra.
In questa regione così ricca e vasta quale è la Toscana, Volterra sembra quasi isolata, dimenticata nella campagna della Val di Cecina, fra Siena e Pisa. Mi incammino, affrontando un viaggio quasi all’insegna dell’avventura. Lascio l’automobile affidandomi ai mezzi pubblici, autobus o treno? Autobus, in fondo sembra agevole, andare verso Siena, cambiare a Colle Val d’Elsa…. no, forse è meglio il treno, andare verso Pisa e cambiare a Pontedera. Parto e subito mi è chiaro che davvero Volterra è una città a sè, lontana dalle principali vie di comunicazione. Ponsacco, Lajatico, La Rosa, attraverso paesi, osservo campagne che si aprono sempre di più avvicinandosi alla meta. Colline che si susseguono, paesaggi quadrettati, terre colorate dalle mille sfumature del marrone, grigio, verde e una volta in più mi soffermo a riflettere sul colore della terra, così diverso e caratterizzante per ogni regione di questo ricco paese, l’Italia. Percepisco di non essere lontana da Siena, ma nello stesso tempo di attraversare una terra che in qualche modo se ne discosta. Inizio ad intravedere un paese arrocato su un colle, la strada sale, si avvicina in mille tornanti e arriviamo.
Ecco Volterra, sembra davvero di essere lontani da tutto. Scendo, mi fermo, mi guardo intorno: un paese di pietra che ha conservato la sua conformazione medievale, domina dall’alto distese infinite di territorio.
Decido di incamminarmi e subito capisco di essere davvero arrivata nella terra dell’alabastro che stavo cercando e che sentivo così lontana. Un’insegna di un negozio che vende oggetti in alabastro, due, tre. Continuo a camminare e riscopro la bellezza di questo luogo, l’avevo dimenticata, incantevole. Cerco di orientarmi, ambientarmi; capisco che in un modo o nell’altro, tanti hanno raggiunto questo angolo di Toscana, rendendomi conto di essere una turista fra turisti, circondata da inglesi, tedeschi, francesi.


Scultura in alabastro. Ecomuseo dell’alabastro (foto: Sara Benzi)

Arrivo in Piazza dei Priori e trovo un altro segno della presenza di questo ancestrale materiale: un’esposizione di sculture in alabastro, il risultato di un simposio di artisti venuti a Volterra da varie parti del mondo. Mi addentro e osservo da vicino queste affascinanti creazioni. I colori della pietra sono diversi, le venature e le trasparenze anche; mi metto allora a parlare con il ragazzo che vi lavora, scopro che lui stesso è scultore e pazientemente mi spiega, ha voglia di parlare della ricchezza della sua terra. Mi fa notare le differenze fra le varie pietre, mi spiega la loro provenienza ed il perchè di questo evento. Noto subito nelle sue parole un certo velo di amarezza: il simposio è una delle iniziative organizzate dal Comune di Volterra per far rinascere questo materiale, che si sta sempre più allontanando dalla realtà di questa città. Ma i negozi e le botteghe sono tanti, osservo io, arrivando a Volterra si ha subito l’impressione che sia una cittadina che vive grazie a questa pietra. Mi spiega che questi negozi sopravvivono quasi esclusivamente per il turismo, e che la maggior parte degli oggetti venduti sono frutto di un processo di lavorazione ormai industrializzato, che l’alabastro non è quasi più quello originale di Castellina Marittima, ma proviene per la maggior parte dalla Spagna, dai dintorni di Saragozza. L’estrazione dell’alabastro avviene in piccolissima parte in alcune cave nei dintorni di Volterra; la storica cava di Castellina, invece, è divenuta proprietà di una multinazionale tedesca che la utilizza per l’estrazione del gesso. La città sta provando a far riemergere le proprie potenzialità, consapevole che la ricchezza del suo territorio è ormai l’unica risorsa sulla quale puntare per far rinascere cultura ed economia; ma il percorso non è facile.
Lo saluto, continuo nella scoperta di questa cittadina e del suo materiale prezioso. Le persone sono accoglienti, sorridenti, hanno voglia di raccontare la loro realtà. Visito l’Ecomuseo dell’alabastro. Il museo è silenzioso, piccolo ma interessante, ho tutto il tempo per leggere e osservare. La ricostruzione di un’antica bottega, gli utensili per la lavorazione, pannelli, foto storiche, oggetti, sculture. Anche qui scambio due parole con il ragazzo che vi lavora. Altro tono di amarezza e perplessità! Ex studente della sezione “alabastro” dell’Istituto d’Arte di Volterra, mi spiega il funzionamento dell’ecomuseo: i percorsi sono tanti, anche fuori dalla città, verso i territori dell’escavazione, ma purtroppo i visitatori non sono numerosi. Mi chiede cosa sto cercando, gli rispondo semplicemente: conoscere questa realtà, le sue origini, la sua ricchezza, il panorama odierno, e mi dà utili consigli, botteghe da visitre, persone con le quali parlare.


Ricostruzione di un angolo di bottega. Ecomuseo dell’alabastro (foto: Sara Benzi)

Proseguo, decido di visitare anche il Museo etrusco Guarnacci, per capire meglio quanto davvero questo materiale sia radicato nella storia del territorio. Le sale presentano decine di urne cinerarie etrusche in alabastro, e capisco quanto davvero questa pietra così morbida e modellabile faccia parte di questi luoghi.
Continuo nel mio viaggio di scoperta, comincio ad addentrarmi nei negozi, nelle botteghe, in ognuno chiedo informazioni, cerco di capire, tutti sono pronti al dialogo. Mi parlano di un certo Pupo, l’artigiano più anziano: lui davvero ha visto e vissuto il cambiamento degli ultimi venti, trenta anni e ti può raccontare e spiegare. Lo cerco senza trovarlo, forse allora è in campagna, mi dicono; lo incontrerò la prossima volta. Mi addentro allora nel piccolo negozio di Alab’Arte, anche qui esterno la mia curiosità ed il proprietario inizia gentilmente a raccontarmi, invitandomi ad andare a visitare la bottega, a pochi passi di distanza: se vuoi passare, riaprirà fra poco. Vado e vi trovo la stessa persona, martello e scalpello in mano, questa volta intento a dare forma ad un pezzo di alabastro. Mi accoglie nel suo laboratorio, questo mondo innevato, bianco, quasi surreale, dove tutto sembra immobile, mi affascina. Mi addentro e osservo: ovunque sculture, modelli in gesso, strumenti per la lavorazione, pezzi di alabastro ancora da tornire, da lavorare, oggetti già pronti. La piacevole chiaccherata continua, in un tono a metà tra passione e disillusione, nelle parole la sensazione di una tradizione che sta per sfuggire al suo territorio: se non facciamo qualcosa, nessuno proseguirà il nostro cammino. Accompagnandomi nella visita attraverso la spiegazione dei modi di lavorazione, delle procedure di estrazione, delle dinamiche del commercio e del rapporto fra le diverse scuole che, pur in una realtà così piccola, esistono, l’artigiano mi permette di fotografare e mi chiede il perchè del mio interesse, contento di avere l’occasione per raccontare la storia di ciò a cui in qualche modo ha dedicato la propria vita.


Modelli in gesso (foto: Sara Benzi)

Una realtà suggestiva, pur se venata dalla malinconia di tradizioni passate, una giornata piacevole che mi ha fatto venire voglia di sporcarmi le mani con questa polvere bianca, di capire meglio la natura di questa pietra, tanto diversa ed unica. Purtroppo però è tardi e devo ripartire; Volterra mi sembra già più vicina e tornerò presto, il viaggio verso Firenze mi aspetta.

Sara Benzi

Leggi anche Pietre di Toscana. L’alabastro di Volterra
Visita l’Ecomuseo dell’alabastro

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29 Ottobre 2006

Eventi Toscana

Tusciaelecta. Arte contemporanea nel chianti


A cura di ARABELLA NATALINI
www.tusciaelecta.it

Sabato 4 novembre 2006 Flavio Favelli
Gemini Hall
Ore 11.30
Presentazione del progetto e prima colazione CANGO Cantieri Goldonetta Firenze a seguire pranzo/buffet alla Limonaia di Panzano
Ore 13.30
Innesti doc a cura di Lisa Marrani e Desdemona Ventroni
Ore 15.00 Limonaia di Panzano
Opere di : Roberto di Benedetto, Giovanni Erbabianca, Raffaele Luongo, Vincenzo Fiore Marrese, Tassilo Mozer, Valeria Muledda, Cristiana Palandri, Linda Salvadori.
Evento speciale in occasione dell’inaugurazione: Caravan Kermesse bus navetta porta romana · limonaia di panzano
su prenotazione, con partenza sabato 4 novembre 2006
ore 13.00 dal piazzale di porta romana.
T +39 055.2269570
info@tusciaelecta.it

TUSCIAELECTA. ARTE CONTEMPORANEA NEL CHIANTI è una manifestazione biennale promossa dai Comuni di Greve in Chianti, Barberino Val d’Elsa, Castellina in Chianti, Gaiole in Chianti, Impruneta, Radda in Chianti, San Casciano Val di Pesa, Tavarnelle Val di Pesa e Firenze, in collaborazione con Regione Toscana, Province di Firenze e Siena, Agenzie di Promozione Turistica di Firenze e Siena.
La rassegna, giunta quest’anno alla V edizione, nasce dalla volontà e dall’esigenza di dare spazio ai poliedrici linguaggi espressivi della contemporaneità fornendo al contempo nuove chiavi di lettura e nuove occasioni di scoperta di un territorio al centro di importanti flussi turistici per le caratteristiche create nei secoli da una profonda ma del tutto particolare antropizzazione. Si tratta di una manifestazione d’arte che opera su un possibile modello di ridefinizione del paesaggio e del tessuto urbano attraverso l’inserimento di opere contemporanee nel Chianti fiorentino e senese con l’intento di costituire un rapporto significativo tra opere d’arte, appositamente realizzate, e contesto ospitante.
Dal 1996 ad oggi Tusciaelecta ha ospitato più di cinquanta artisti, invitandoli a visitare le cittadine coinvolte e a progettare opere che intervenissero nel territorio. I lavori, eterogenei per processualità, progettualità e poetica, si trovano a travalicare la sfera prettamente estetica per inoltrarsi nella dimensione sociale, non solo con la loro presenza nei luoghi, ma anche attraverso lo scambio con il pubblico e con le energie produttive locali.
Gemini Hall

Visitabile dal 4 novembre 2006 negli orari di apertura dello spazio CANGO Cantieri Goldonetta Firenze
Via S. Maria 25, 50125 Firenze
Tel +39 055 2280525-fax+39 055.222377,
cango@sienidanza.it
www.cango.fi.it

Flavio Favelli lavora sulla reinvenzione del presente attraverso uno sguardo intimamente rivolto al passato.
Alla base dei suoi lavori, una continua ricerca di spazio mentale che si traduce nell’attenzione, sempre rinnovata, ai luoghi in cui interviene, luoghi che vengono trasformati in case per il corpo e per l’anima, spazi fisici intrisi di memorie sempre sottilmente coniugati al presente .Segni, oggetti e frammenti si ricompongono, seguendo la necessità esistenziale che porta Favelli a plasmare spazi abitativi che gli corrispondano, spazi in cui muoversi e poter pensare, spazi fatti di un delicato equilibrio di pieni e vuoti. L’abitare è da sempre al centro del suo interesse: “attrezzarsi per abitare è come prepararsi al domani, che è segnato inesorabilmente dal giorno prima e da tutto il passato (è come se mi voltassi sempre indietro)”. (F. Favelli)
L'”attrezzarsi”, per Favelli, passa anche per un fare che implica l’uso di utensili, di materiali, di una conoscenza approfondita dello spazio, e di pazienza. Ed è proprio la protratta esperienza dell’abitare (i suoi spazi di lavoro) che permette all’artista di entrare in contatto con le ragioni di questi luoghi, e crearne di nuove e necessarie.
Per Tusciaelecta, in collaborazione con Cango Cantieri Goldonetta e Relocated Quarter, Flavio Favelli ha progettato Gemini Hall, opera-bar specificamente concepita per la sala grande della Goldonetta.
Questo spazio storico, riapertosi dei recente alle ricerche contemporanee più avanzate, è oggi un importante luogo di produzione che si concentra sul concetto di residenza produttiva. In questo senso il nuovo lavoro di Favelli si inserisce perfettamente nella dimensione progettuale dei Cantieri (l’artista ha “gia abitato ” questi spazi in occasione di “Oltrarno Atelier” realizzando un workshop e due installazioni temporanee) così come nelle linee guida del progetto Tusciaelecta. Nel corso delle ultime edizioni sono stati realizzati infatti lavori etoregenei per processualità, progettualità e poetica, che hanno travalicato la sfera prettamente estetica per inoltrarsi nella dimensione sociale, non solo con la loro presenza nei luoghi ma anche attraverso lo scambio con il pubblico e con le energie produttive locali.
E proprio allo scambio con il pubblico si rivolge Gemini Hall, opera – fruibile, elaborazione poetica ma anche momento di intrattenimento, socializzazione e scambio. L’installazione dei due banconi va a colmare così una sorta di vuoto (fisico e temporale) dello spazio antistante la sala principale dando vita a nuove relazioni spaziali, linguistiche e sociali.

Innesti Doc
4 novembre – 8 dicembre 2006
Orario: sabato e domenica ore 15.30- 18.30
Limonaia Di Panzano
Via di Pescille 108
Panzano in Chianti

Da sempre Innesti Doc si propone di promuovere il dialogo tra le diverse pratiche artistiche e stimolare il confronto con il territorio. Cambiando veste, ma restando coerente con il suo spirito originario, la manifestazione si concentra quest’anno negli spazi della Limonaia di Panzano in Chianti che ospiterà un’esposizione di opere pittoriche, sculture, fotografie video di giovani artisti e artiste. Con un’ulteriore apertura verso linguaggi non solo visivi dell’arte, sarà presentata al pubblico di Innesti anche l’originale rappresentazione di David Batignani intitolata Caravan Kermesse e ispirata al mondo del circo, che costituirà l’evento speciale della serata inaugurale. Opere di: Roberto di Benedetto, Giovanni Erbabianca, Raffaele Luongo, Vincenzo Fiore Marrese, Tassilo Mozer, Valeria Muledda, Cristiana Palandri, Linda Salvadori.
PRENOTAZIONE SPETTACOLO CARAVAN KERMESSE
T +39 055.2269570
info@tusciaelecta.it

Leo Lionni- Laboratorio itinerante
18 novembre – 15 dicembre 2006
Castellina, Gaiole e Radda in Chianti
a cura di eva d.toklas

18 novembre 2006, ORE 16.30 presso la Biblioteca comunale di Radda in Chianti
LABORATORIO APERTO (ADULTI E BAMBINI)
Un laboratorio itinerante sulle pubblicazioni di Leo Lionni (Amsterdam 1910 – Radda in Chianti 1999) “trasportato” dal Bibliobus, un furgone appositamente allestito per portare i libri e l’arte anche nei luoghi più remoti e nascosti.
Per un mese intero, il Bibliobus e i suoi operatori proporranno i laboratori in tutte le scuole primarie dei comuni di Radda, Gaiole e Castellina in Chianti.
I laboratori didattici propongono un percorso che parte dai libri e dalle tecniche utilizzate dall’artista per arrivare a creare un nuovo microcosmo personale.
I laboratori, della durata di 2 ore circa, si svolgeranno su prenotazione con le classi delle scuole primarie dei comuni coinvolti nel progetto.

PRENOTAZIONE LABORATORI PER LE SCUOLE NELLE DATE:
Novembre 21-22-2-28-29-30 ; Dicembre 5-6-7-12-13-14
FAX: 06/5344759
evatoklas@libero.it

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28 Ottobre 2006

Eventi Toscana

Generacomunicazioni / cantiere di nuovi processi comunicativi

Casa Masaccio 16 ottobre 22 novembre 2006
Corso Italia 83 – San Giovanni Valdarno

Prossimi appuntamenti:
Lunedi 30 ottobre 2006
dalle ore 09.30 alle ore 12.30, incontro pubblico con Stefano Jacoviello ( Semiologo – Universita di Siena )
Estetica dei nuovi media

dalle ore 14.30 alle ore 17.30, incontro pubblico con Mario Gorni (Centro di documentazione arti visive care/of&Viafarini MIlano)

Martedi 31 ottobre 2006 – dalle ore 09.30 alle ore 17.30
L ‘artista Massimo Bartolini, realizzera un processo creativo, con i partecipanti al cantiere, che avra come soggetto l’Annunciazione del Beato Angelico conservata nel Museo della Basilica di San Giovann Valdarno.

casa masaccio/centro per l’arte contemporanea
Corso Italia, 83 – 52027 San Giovanni Valdarno (AR)
tel. 055 9126283 fax. 055 942489
casamasacciosgv@val.it
www.casamasaccio.it

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Non c’è pietra nel design o non c’è design nella pietra?
(I parte)


Tavolino Bernini (da Bernardini, M.G., Fagiolo dell’Arco M., Gian Lorenzo Bernini, catalogo della mostra, Roma 1999)

Il dibattito e l’attenzione sulla materia litica appare oggi affievolito mentre fu molto significativo in Italia nel periodo che va dagli anni ’50 alla fine degli anni ’70, quando alcuni tra i più importanti architetti si cimentarono nel design di prodotti litici con esiti di alto valore formale e funzionale, proponendo progetti connotati da una capacità espressiva contemporanea declinata con sapienza tecnologica, nel più rigoroso rispetto delle caratteristiche e del portato storico della materia. Una tale significativa concentrazione d’interesse non sembra essersi più verificata da allora, e la cosa sorprende molto data la creatività espressa dal mondo del design nel lanciare sempre nuovi slogan. Il fatto è ancora più paradossale perchè si tratta di settori connessi a distretti produttivi importanti nel panorama italiano sul piano economico oltre che territoriale, storico e paesaggistico. Questo aspetto merita di essere analizzato più approfonditamente facendo delle ipotesi: si potrebbe pensare che il mondo del design abbia totalmente esaurito le sue proposte oppure, seconda e non meno paradossale ipotesi potrebbe, non è più tanto interessato a questa materia che, di conseguenza, è quasi assente dal panorama delle più recenti proposte e dal dibattito del settore. Le cause che vi concorrono sono state già in parte individuate nel dibattito in corso ipotizzando l’indebolimento dei magisteri costruttivi (Acocella, 20041).
Non consideriamo una terza possibilità: ossia che non vi sia progetto litico nel campo d’interesse del design, cosa che deve essere esclusa per manifesta inconsistenza e sulla quale dobbiamo però proporci di approfondire il discorso direttamente con le aziende produttrici.
Al momento lasciamo tali questioni aperte e proseguiamo il ragionamento, ipotizzando che, in qualche modo, si attendano altri elementi in termini di obiettivi e suggestioni, per comprendere meglio verso quale orizzonte il tema possa evolvere.
Esposte lapidariamente le prime ipotesi relative alla ricerca contemporanea di identità del prodotto ed, in questo ambito, di un’ area di rinnovato interesse riguardante il design litico, connesso con opportunità che di nuovo oggi si aprono, e non volendo affrontare il problema sul piano teorico, bensì rimanendo fedele all’approccio “euristico” che caratterizza il progettista, che ricerca soluzioni che nella pietra stessa siano contenute, come pensava Mighelangiolo, ma sempre verificando che rispondano a requisiti chiaramente definiti come oggi è necessario, inizieremo a parlare di progetti riferibili all’ambito del design litico.
Vogliamo ripercorrere per progetti il periodo aureo del design italiano, ma anche ricercando nella storia dei secoli passati qualche esempio di approccio progettuale utile a meglio definire le peculiarità del tema.
Si può iniziare con una considerazione, che appare opportuna dopo che la comunità litica si è arricchita di contributi di tale area, riguardante il come e il perchè il design industriale si differenzi fortemente dall’arte, soprattutto nel metodo: l’arte non deve preoccuparsi dei requisiti, nemmeno di quelli tecnici che, al contrario, sono alla base dello sviluppo e controllo di una soluzione efficace nel design industriale come nell’architettura. Il progetto di design si qualifica come un processo razionale e quindi ripetibile, obiettivo che salvo specifica intenzione dell’artista, espressa con la serialità dell’opera, non è tra quelli che generalmente connota l’arte.
Ecco perchè, pur guardando con interesse all’arte, ad essa ispirandosi, il designer, artista non è, ma è, e rimane progettista nel senso latino del termine (pro iectare, gettare in avanti) ossia colui che ricerca e sperimenta una soluzione che non esiste, ma esisterà in futuro, dopo che il concetto iniziale sarà appropriatamente stato sviluppato mediante una serie di attività tese alla ricerca della soluzione di problematiche di varia natura che il progetto pone, alla verifica delle soluzioni adottate, al riesame multidisciplinare del progetto, alla sua validazione in condizioni d’uso. Questo non significa che, automaticamente, tutto quello che si progetta nel design debba sembrare, anche formalmente, innovativo, adottando una sorta di riduzionismo linguistico, che enfatizzi semplicisticamente l’idea che abbiamo in un determinato momento storico del futuro. Il linguaggio del design, essendo un esito intrinseco del processo di sviluppo, appare sempre proiettato in avanti, ma non necessita di essere ridotto sintatticamente ad un manierismo minimalista, semmai è proprio la materia di progetto e le tecnologie di lavorazione e costruttive, che, oggi, pongono dei vincoli in tal senso imponendo rispetto per la materia stessa, cosa di cui dobbiamo essere consapevoli se vogliamo governare il progetto. Nulla vieta tuttavia di sperimentare nuove strade che integrino tecnologie avanzate e manualità, e quindi sensibilità, umana, artigiana, in cui la fase di finitura divenga significativa e pregnante di nuove frontiere espressive. In questo senso la tradizione italiana nel settore è significativa e deve essere oggetto di attenta valorizzazione nel progetto stesso.
Prima di tutto bisogna capire perchè e come un progetto che si rivolge alla materia litica assuma un significato specifico per la nostra sensibilità contemporanea.
Infatti in un panorama affollato di oggetti spesso inutili e connotati da forme effimere e gratuite, la pietra sembra richiamare la nostra attenzione ad un progetto più consapevole e duraturo, anche sul piano linguistico si avverte l’esigenza di una coerenza tecnologica, un richiamo quasi etico alla natura stessa del materiale.
L’essenzialità della forma che qualche volta si impone per motivi fisico-meccanici, non è un esito scontato, anzi la potenziata capacità di gestione dell’informazione, la conoscenza delle dinamiche prestazionali del materiale scelto, fa sì che oggi il progettista litico sia essenzialmente un tecnologo e quindi capace di governare la complessità del sistema requisiti/prestazioni nel prodotto. Recuperando al termine tecnologo la radice greca technè, che per gli antichi comprendeva sia la bellezza che la sapienza tecnica (Nardi,19982).
Dunque più capacità di trattamento dell’informazione, più conoscenza scientifica del materiale ed anche mezzi di realizzazione più sofisticati frutto dell’innovazione tracciano uno scenario evolutivo, determinando una nuova frontiera da superare. Si sono già affacciate all’orizzonte sperimentazioni nel campo edilizio che tuttavia fanno riferimento a metodi tipici del design industriale attraverso la progettazione realizzazione di componenti litici ad alta complessità formale e non più solo “sottili”, ma anche caratterizzati da un certo spessore. Questi progetti a cerniera tra design ed architettura tracciano una linea di pensiero che vede gli architetti, etimologicamente coloro che sanno costruire l’arco, ossia i sapienti riguardo alla tecnica, impegnati a tracciare metodi di progetto integrati tra design industriale ed architettura che possiamo considerare il punto centrale della discussione.
La fertilizzazione incrociata tra la visione dell’oggetto e quella dell’architettura hanno dato luogo sia ad un potenziamento linguistico del progetto nell’architettura di pietra contemporanea da un lato ed alla emersione di nuove forme nel mondo degli oggetti dall’altro. Tuttavia come vedremo il fenomeno non è nuovo storicamente.
Un esempio lo possiamo osservare nel settore oggi definito dell’ “arredo urbano”, ancora uno slogan contemporaneo per raggruppare una parte del progetto di architettura che si prende cura dello spazio pubblico che accoglie l’opera. Qui la materia litica da secoli è protagonista, perchè risponde efficacemente e requisiti tecnici, funzionali, d’uso ed espressivi, in quanto consente al progettista di concentrarsi sulla ricerca di soluzioni più durature che, sicuramente, oggi vediamo dal punto di vista del ciclo di vita del prodotto e della manutenibilità, ma sul quale dal movimento moderno si tenta anche di sviluppare anche una ricerca contemporanea anche dal punto di vista formale.
La storia dell’architettura ci indica alcuni esempi in varie epoche, ed in particolare possiamo osservare nel periodo Barocco, si trovano efficaci sperimentazioni sulla espressività della pietra, sia in architettura che nello spazio pubblico, che hanno creato i presupposti per una ricerca progettuale che risponda ad esigenze espressive complesse simili a quelle che troviamo nel design contemporaneo.
Come osserva C. Brandi3 riguardo all’opera del Bernini – la sublimazione del marmo in cera, ossia l’assunzione come emanazione propria della luce, la trasformazione dell’alone luminoso in pertinenza spaziale, non è il solo attestato della metamorfosi della materia, per cui diviene forma la sostanza dell’espressione.– Dunque la metamorfosi dello scultore in architetto in realtà è gia avvenuta nella sua scultura che si appropria dello spazio con una sorta di messa in scena teatrale mediante lo spostamento irrealistico della luce lungo le superfici in movimento che la caratterizzano. L’irrealismo della sua scultura, mostra una natura filtrata dal progetto che la reinterpreta e fa sì che – Altrove, dovendo presentare una materia bruta o grezza come la pietra o la roccia, il Bernini non si contenta di usare pietre tratte dalla cava, ma le scolpisce in modo che della superficie naturale della roccia non conservino neppure un palmo – le rocce scolpite significano roccia, ma non sono la roccia, ma il progetto di un oggetto che esprime la roccia più del modello naturale. L’illusionismo barocco della sua architettura rappresenta dunque un naturale sviluppo di questo gioco intellettuale tipico del suo procedimento progettuale. – Allo stesso modo che nel marmo veniva inclusa la luce e l’alone spaziale, una nuova metamorfosi della materia si produce: ma non in un’altra materia, perchè pietra è e resta, sebbene in una pietra, che non è similitudine di alcuna pietra, e che nessuno potrà prendere per naturale… Perciò la finta pietra del Bernini non è illusionismo, non è come il finto marmo o la scagliola, anzi l’opposto, e in un cerro senso, la sublimazione ultima del suo processo creativo, che da una partenza estensionale arriva a creare un contenuto che non corrisponde a nessun contenuto, che è finto in quanto non è naturale, ma è naturale proprio in quanto è finto.– Per questo motivo il Bernini non modellava (modelli di creta, n.d.r.), ma scolpiva i suoi modelli, usava per esempio costruire modelli in legno, come quello per la fontana dei Fiumi di piazza Navona a Roma rivenuto a Bologna4, lavorato con la sgorbia e lo scalpello o come si può vedere in una base di tavolo scolpita, a lui attribuita (Fig.)5, per studiare elementi come le colonne tortili, che andavano poi a costituire la sua architettura ad esempio nel baldacchino dell’altare di S.Pietro a Roma. Brandi osserva, giustamente, che – Bernini scultore aveva ben poco da trasmettere al Bernini architetto in quanto la metamorfosi della materia in architettura non è richiesta perchè già la trasformazione delle superficie in superficie emittente è gia del tutto in atto. Dalla pedana di lancio della scultura, il Bernini potè essere avviato solo saltuariamente all’architettura, quando il fatto della modellazione era preminente.– Ossia quando la scultura-architettura, come nel Baldacchino, era una esigenza spaziale esplicita. Sviluppata anche grazie alla collaborazione con il Borromini.
Queste prime sperimentazioni nel Barocco romano per coinvolgere lo spazio e la luce sono ricchi di spunti progettuali che verranno sviluppati nei secoli successivi, anche su manufatti seriali, ad opera sia dei magisteri fabrorum murariorum, i maestri muratori, sia nella tradizione dei lapidum incisores, gli intagliatori, la cui technè, risalente per alcune tecnologie costruttive ad epoche più antiche, connota l’architettura nel Barocco siciliano e dove se ne trovano echi.
Arte e tecnica si fertilizzano reciprocamente nei secoli con lo scambio di conoscenze e obiettivi di progetto. Oggi con l’aumento delle possibilità realizzative questo fenomeno sembra avere meno rilievo, ma nell’ambito del design litico il tema si ripropone e chiede attenta valutazione, ridefinizione di metodi e processi creativo-realizzativi.
Un altro aspetto che modifica profondamente questo peculiare rapporto nel design riguarda oggi i tempi di fruizione dei prodotti che spesso sono inferiori al ciclo di vita programmato: il consumo veloce che caratterizza la bulimia contemporanea è un elemento destabilizzante del progetto, tutto ciò che appare effimero induce infatti l’idea dello spreco. Quindi appare più evidente anche che certi materiali, piuttosto che altri, sembrano opporsi a tale tipo di consumo. Oggi siamo impegnati su ricerche diverse, la sostenibilità e l’ecocompatibilità dei prodotti è un obiettivo sociale atteso e quindi dobbiamo anche modificare coerentemente l’immagine e la comunicazione del prodotto. La materia litica impone attenzione anche su questo punto, anche se non sposiamo la dottrina del riuso dello scarto6, che sembra etica ma che, in realtà, risulta soprattutto promossa dal suo peso economico nel settore litico, la pietra, in quanto risorsa non rinnovabile, non ammette sprechi e sembra idonea a veicolare nuovi valori di durata anche sul mercato, che in qualche modo già attende e ricerca nuovi valori culturali, legati al territorio ed alla sua identità, contrastando la mera ricerca della quantità e dell’abbattimento dei costi.

Maria Antonietta Esposito

Note
1Acocella A., Architettura di pietra, Alinea – Lucense, Firenze, 2004.
2Nardi G. et alii, Poiesis, l’informatica nel progetto euristico, Milano, Città Studi, 1993; Nardi G. et alii, Cultura tecnologica e progetto di architettura, Milano, Editoria Elettronica, 1998, ISBN 88-251-7066-1.
3Brandi C., La prima architettura Barocca. P.da Cortona, Borromini, Bernini, Universale Laterza, Editori Laterza, Bari, 2° ed. 1972, pagg.121.
4Ibidem, pag.123.
5Bernardini, M.G., Fagiolo dell’Arco M., Gian Lorenzo Bernini, catalogo della mostra, (Roma 1999), Ginevra Milano, 1999, p.193, fig. 123, p.385, n.123, p.222, figg. 157 a-b, pp.403-404, n.157.
6Legnante E., Lotti G., Un Tavolo a tre gambe. Design, Impresa, Territorio, Alinea, Firenze, 2005, ISBN 88-8125-976-1

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Export di tecnologie lapidee italiane a MARMOMACC 2006*


Tagliatrice a filo diamantato.

I dati ufficiali ASSOMARMOMACCHINE”
I primi sei mesi del 2006 hanno confermato la ripresa delle esportazioni di macchine e attrezzature italiane per la lavorazione delle pietre ornamentali. Secondo le rilevazioni elaborate dal Centro Studi ASSOMARMOMACCHINE – l’Associazione Italiana dei Costruttori e Utilizzatori di macchine e attrezzature per la lavorazione delle pietre naturali aderente a Confindustria – i segnali positivi già emersi nei primissimi mesi dell’anno hanno infatti trovato conferma anche nel rilievo statistico del primo semestre, periodo in cui l’export italiano di tecnologie lapidee ha fatto segnare un incremento pari al 14,54% in valore che si traduce in vendite sui mercati internazionali per 407 milioni di euro complessivi.
“Un risultato buono – dichiara Flavio Marabelli, presidente ASSOMARMOMACCHINE – che non solo conferma la decisa ripresa del nostro export ma ci consente anche di intravedere una chiusura 2006 di segno decisamente positivo. Una tendenza al rilancio che al di là dei rilievi statistici – prosegue Marabelli – ci viene confermata anche dai contatti quotidiani con le aziende nostre Associate e con i principali operatori internazionali del settore, che ribadiscono la fiducia nella continuazione di questo trend anche per i prossimi mesi”.
Risultato importante per l’intero settore tecno-lapideo italiano, la crescita delle esportazioni nel periodo gennaio-giugno 2006 è ancor più significativa se riferita ai dati finali dello scorso anno, che avevano fatto segnare una flessione complessiva dell’8,5%: “una riprova – prosegue Marabelli – che la battuta d’arresto del 2005 era stata effettivamente una conseguenza per certi versi ‘fisiologica’ e prevedibile dopo gli ottimi risultati di vendite degli anni precedenti, e in particolare del 2004 e del 2003, come d’altronde avevamo già rilevato all’epoca in sede di analisi”.
Osservando più nel dettaglio la classifica dei principali buyers di macchine e attrezzature italiane si nota, inoltre, come questa crescita complessiva si rifletta in modo significativo anche sui risultati dei principali paesi acquirenti.


Elementi lapidei curvi dopo l’operazione di taglio.

“I principali mercati di destinazione della tecnologia lapidea italiana – continua il Presidente ASSOMARMOMACCHINE – hanno fatto segnare una crescita notevole in modo pressochè indistinto, con incrementi mediamente superiori al 25% rispetto all’anno precedente. Eccezione importante a questa tendenza quella dell’Iran che, forse anche per le note posizioni in tema di politica estera, ha ridotto le proprie importazioni di quasi il 30% e allo stato attuale delle cose è realistico pensare che questo dato potrebbe trovare conferma anche nei prossimi mesi”.
Una flessione, quella dell’Iran – passato dai 48.755.059 € del primo semestre 2005 ai 34.682.210 € dello stesso periodo del 2006 -, che ha fatto perdere al gigante Medio Orientale, sceso ora al terzo posto, il ruolo di primo acquirente di tecnologie lapidee italiane. Posizioni perse a vantaggio degli Stati Uniti, tradizionale mercato di riferimento per l’industria tecno-lapidea italiana, risalito al primo posto grazie alla crescita delle proprie importazioni di ben 26,2 punti in percentuale equivalenti ad acquisti per oltre 50 milioni di Euro; e della Spagna, che è passata dai 28.365.096 di Euro del primo semestre 2005 ai 37.246.920 del primo semestre 2006, con un incremento del 31,3% che la colloca di diritto al secondo posto della classifica dei paesi acquirenti. Seguono poi l’India, quarto paese acquirente con un considerevole +91,7% dato dai suoi 34.224.734 € di acquisti complessivi, e la Turchia, quinta, con un altrettanto rilevante +51,76% dato da 24.070.380 € di made in Italy tecnologico importato nel periodo considerato. A livello di risultati spot ottime sono risultate anche le performance di Russia, protagonista di un boom del +43,2% che la fa balzare dal 9° al 6° posto, e Belgio, capace di un bel +64% che lo proietta dalla diciassettesima alla nona posizione nella speciale classifica che stiamo tratteggiando. Completano il quadro dei primi dieci paesi buyers, Regno Unito (7° con -14,54%), Francia (8° con +24%) e Algeria (10° con -5,39%).
Rilevazioni statistiche – quelle su primi dieci paesi acquirenti – che acquistano un particolare significato statistico in quanto questi mercati assorbono da soli, sempre secondo i dati elaborati da ASSOMARMOMACCHINE su base Istat, il 58,5% del nostro export settoriale mondiale (238.722.415€ su 407.995.292€ di export totale).
Passando all’analisi dei dati per macro-aree geografiche è importante sottolineare come il mercato europeo, principale bacino di assorbimento di macchine e attrezzature italiane a livello continentale con uno share del 41,3% sul dato complessivo dell’export, abbia fatto registrare un buon +20,5%, mentre quello nord-americano, altra fondamentale area strategica per le nostre esportazioni, si assesti anch’esso su un + 17%.
Concludendo con la disamina del dato per continenti, si osservi infine che nel periodo preso in esame il mercato asiatico, il secondo in termini di valore per il nostro settore, è l’unico ad aver lievemente diminuito (-3%) le importazioni dal nostro paese: “Questi dati li definirei più come un assestamento che come un calo – afferma Marabelli – una pausa di riflessione di alcuni paesi dovuta alle forti importazioni di questi mercati negli anni precedenti. In virtù della nostra esperienza internazionale, possiamo testimoniare che la predominanza della tecnologia italiana presso le aziende estere è un dato che rimane invariato nonostante una certa effervescenza di alcuni nostri concorrenti, che ci attaccano soprattutto sui mercati cosiddetti ‘di prezzo’ e su segmenti di prodotto a basso contenuto tecnologico”.

(Clikka sui grafici per scaricare il .pdf relativo)

(in alto)
Continenti importatori di macchine e attrezzature lapidee italiane. Dati in euro (gennaio/giugno 2006)
(in basso)
Classifica dei primi dieci paesi acquirenti di macchine e attrezzature italiane per la lavorazione delle pietre. Dati in euro (gennaio/giugno 2006)

In particolare, il Presidente ASSOMARMOMACCHINE rimarca come la crescita della competizione a livello mondiale debba fungere da sprone per tutti i costruttori italiani, invitati a non abbassare al guardia e a rinnovare, intensificandolo, il proprio impegno produttivo e promozionale per affrontare al meglio le nuove sfide che si profilano all’orizzonte. “Anche l’impegno e gli strumenti recentemente messi in campo da istituzioni come il Ministero del Commercio Internazionale, ICE e Confindustria vanno in questa direzione – conclude Marabelli -. L’accresciuta competitività di alcuni concorrenti internazionali non deve perciò trovarci impreparati, ma ci deve spingere a crescere sempre più velocemente per mantenere il vantaggio acquisito, lavorando sul rapporto tra prezzo e prestazioni e sulla conquista di nuovi mercati. Questi sono i fattori critici di successo su cui i costruttori italiani devono puntare”.
A tal proposito è da sottolineare come la presentazione ufficiale dei dati semestrali – resi noti in concomitanza dello svolgimento di MARMOMACC – sia stata anche l’occasione per anticipare il perfezionamento di un protocollo d’intesa tra Veronafiere e ASSOMARMOMACCHINE, che impegnerà le due organizzazioni nello studio di iniziative riservate al comparto tecno-lapideo nazionale da svolgersi congiuntamente in mercati esteri d’interesse strategico, e che va a rinnovare ed ampliare il pre-esistente agreement tra le due importanti organizzazioni.

Comunicato ASSOMARMOMACCHINE

(*) “Export di tecnologie lapidee italiane: + 14, 54 % nel primo semestre 2006. Presentati a Marmomacc i dati ufficiali ASSOMARMOMACCHINE”

Associazione italiana Costruttori e Utilizzatori di macchine e attrezzature varie per la lavorazione delle pietre naturali
Italian Association of manufacturers and users of machinery and other equipment for natural stone processing

20154 Milano – Via Cenisio 49 – Tel. +39 02 315 360; Fax +39 02 315 354
web: www.assomarmomacchine.com
e-mail: info@assomarmomacchine.com

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Il design a Marmomacc


PIBA MARMI al Marmomacc 2006

Materiali della tradizione ed estetica contemporanea: un ambito di sperimentazione, progetto e ricerca in cui architetti e designer individuano nuove possibilità espressive, sempre più attratti dall’aspetto primitivo, grezzo dell’elemento naturale, così come dagli effetti (visivi, tattili e di modellazione) che possono regalare le nuove tecnologie.
Un settore, quindi, a cui non può sfuggire la pietra, materiale della natura e della tradizione per eccellenza, le cui qualità estetiche, plastiche e materiche si sposano perfettamente con le nuove esigenze di gusto e con la riscoperta dei valori di autenticità.
È per questo che l’edizione 2006 di Marmomacc ha dedicato due nuovi padiglioni al design e al prodotto finito, dando visibilità ad aziende e progetti che coinvolgono la pietra e il design.
Protagonisti: gli ambienti domestici, ma non solo; il confine tra interno ed esterno tende ad assottigliarsi e il design litico sa declinarsi in una varieà di linguaggi e di applicazioni.


Piba Marmi

Pure ed essenziali sono ad esempio le forme del bagno PibaMarmi, le cui vasche “tinozze”, i lavabi a mo di mensola o di catino celebrano la pietra nei toni del beige, del bianco e del grigio, in una finitura ora opaca ora leggermente patinata.


Vasellimarmi di Rapolano

Forme “primarie” anche quelle di Vasellimarmi, che predilige il linguaggio della pietra scabra e porosa, esaltando la “verita” del Travertino di Rapolano, le cui venature “segnano” vasche monolitiche trapezoidali, lavabi appena scavati su grandi lastre, o poggiati come barche su ampie basi.


Matteo Thun lavabi circolari

L’immagine della goccia che cade aprendo lo spazio intorno a sè è la proposta di Matteo Thun per i lavabi circolari ricavati nel massello squadrato e grezzo.


Claudio Silvestrin. Cucina per Minotti

Nel settore cucina, dalla collaborazione tra Minottti e Claudio Silvestrin nascono piani squadrati che anche in questo caso lasciano parlare la pietra nella sua essenza, non indugiando in alcun tipo di formalismo.
La mostra “Stone & Marble Hospitality”, realizzata in collaborazione con “Abitare il Tempo”, ha presentato innovative applicazioni della pietra, per gli spazi dell’accoglienza, del benessere, del relax. In scena: pietre e marmi ripensati da architetti e designer di prestigio per offrire nuovi effetti di tridimensionalità, texture e modellazione.
Sempre in collaborazione con “Abitare il Tempo”, il progetto “Panchine d’autore” del Comune di Verona ha presentato le sette panchine disegnate da altrettanti artisti e architetti (tra i quali Aldo Cibic, Marco Della Torre, Alberto Garruti) per valorizzare i luoghi suggestivi ma meno conosciuti della città.


Stone & Marble Hospitality. Ingresso alla mostra.
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Dedicata ai temi del vino, del gusto e del design, invece, l’esposizione di Wine&Design, iniziativa nata da un’idea di Progettomarmo e presente in fiera con i set di decanter e bicchiere in vetro con vassoio in marmo firmati da: Boris Podrecca & Dottings, Massimo Vignelli, Tobia Scarpa, Numeruonodesigngroup, Studio Blam, Angelo Micheli, Cleto Munari, Sergej Babushkin, Michael Reva, Atodesign, David Palterer, Simone Micheli, Kazuhiko Tomita, Gianmaria Colognese, Giandomenico Sandri, Norberto Medardi.


Wine&Design di Progettomarmo.

Infine il gioiello, nella preziosità della pietra, dei suoi chiaroscuri e dei contrasti, ha rappresentato la novità di Antolini per questa edizione di Marmomacc. Giochi di luce racchiusi in perle di marmo, colori luminescenti e un design ricercato compongono la collezione Stone Drops, pensata per far toccare con mano queste “pietre da indossare”, così come gli orologi in madreperla.


Antolini. Goielli.

Tridimensioanlità, retroilluminazione, modellazione plastica, ma anche minimalismo, forme pure ed essenziali, rappresentano quindi la varietà del linguaggio declinato attraverso la pietra, così come lo abbiamo visto a Marmomacc.

Laura Della Badia

Note alla Photogallery

1 e 2 – Viste dell’atrio di ingresso alla mostra: pavimento modulare sopraelevato in vinile e grafica con lentinatura laser realizzato da UNIFLAIR; “marmoteca” retroilluminata realizzata da GREIN ITALIA; parete “a persiana” rivestita in Marmo Orosei Daino realizzata da LA QUADRIFOGLIO MARMI E GRANITI
Views of the entrance hall: modular access flooring in vinyl and graphics made with laser lens system made by UNIFLAIR; back-lighting “marble-theca” made by GREIN ITALIA; “shutter” wall covered in Orosei Daino Marble made by LA QUADRIFOGLIO MARMI E GRANITI
3 e 4 – Vista della zona accoglienza: panca “Hi-Lo” in Pietra di Vicenza e pavimentazione in polvere di cava realizzate da LABORATORIO MORSELETTO, design Pongratz Perbellini Architects; scultura “Cespo gardesano” in acciaio inox di Pino Castagna
View of hall-reception: “Hi_Lo” bench in Vicenza Stone and quarry-dust paving made by LABORATORIO MORSELETTO, design Pongratz Perbellini Architects; “Cespo gardesano” sculpture made of inox steel by Pino Castagna
5 e 6 – Vista della reception: parete in agglomerato di quarzo resina traslucido, bancone e pavimento in agglomerato di quarzo resina realizzati da SANTA MARGHERITA; pavimento modulare sopraelevato realizzato da UNIFLAIR
View of reception: wall in agglomerates made of translucent quartz resin, reception-desk and paving in agglomerates made of quartz resin made by SANTA MARGHERITA; modular access flooring made by UNIFLAIR
7 – Vista della reception e del lounge bar
View of reception and lounge bar
8 – Viste del bar: contenitori base ed elementi a parete della collezione “NAZCA”, design e realizzazione MINOTTI CUCINE, rivestiti in Quarzite Luise Blue realizzato da GREIN ITALIA; poltrone di CHELINI; macchina caffè “Espresso System”, HAUSBRANDT TRIESTE 1892; pavimento in laminato realizzato da P.L. GRUPPO ABET
Bar views: Basic containers and wall elements of “NAZCA” collection design and production MINOTTI CUCINE, coverei by Luise Blue Quartzite made by GREIN ITALIA; armchairs by CHELINI; “Espresso System” coffee machine, HAUSBRANDT TRIESTE 1892; laminate paving made by P.L. GRUPPO ABET
9 e 10 – Pavimentazione, parete e tavoli in Pietra Leccese realizzati da PI.MAR, design Luca Scacchetti; sistemi di ancoraggio realizzati da ALIVA SISTEMI PER FACCIATE; lampade “Atomo” realizzate da BOTTEGA GADDA, design Luca Scacchetti
Paving, wall and tables in Lecce Stone made by PI.MAR, design Luca Scacchetti; anchorage systems made by ALIVA SISTEMI PER FACCIATE; “Atomo” lamps made by BOTTEGA GADDA, design Luca Scacchetti
11 – Entrata alla zona wellness: “Breeze”, parete modellata in Azul Acquamarina realizzata da TESTI FRATELLI, design Pongratz Perbellini Architects; pavimento in Ardesia Vinaccia realizzato da PIBA MARMI; tende metalliche realizzate da TESSITURA TELE METALLICHE ROSSI O. e C.; pavimento in sisal fibra naturale realizzato da COREN; chaise-longue “Larus” realizzate da POLTRONA FRAU; poltrone pensili “Egg” realizzate da BONACINA PIERANTONIO
Entrance to wellness: “Breeze”, modelled wall covering in Azul Acquamarina made by TESTI FRATELLI, design Pongratz Perbellini Architects; Vinaccia Slate paving made by PIBA MARMI; metal-curtains made by TESSITURA TELE METALLICHE ROSSI O. e C.; Sisal natural fibre paving made by COREN; “Larus” chaise-longues made by POLTRONA FRAU; “Egg” hanging armchairs made by BONACINA PIERANTONIO
12 – “Terre che si muovono”, ceramiche, acqua, terra e erba di Pino Castagna; video “Cieli” realizzato da Tiziano Zatachetto e Media&Tech
“Terre che si muovono”, ceramics, water, earth and grass by Pino Castagna; “Skies” video made by Tiziano Zatachetto e Media&Tech
13 – Lavabi “Bouro” realizzati da RAPSEL, design Edouardo Souto de Moura; vasca idromassaggio (Hydrospa), realizzata da TEUCO
“Bouro” wash-basins made by RAPSEL, design Edouardo Souto de Moura; whirlpool bath (Hydrospa) made by TEUCO
14 – Attrezzature per ginnastica di TECHNOGYM; lettini per trattamenti di BONACINA PIERANTONIO
Fitness equipment by TECHNOGYM; massage beds by BONACINA PIERANTONIO

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18 Ottobre 2006

Eventi Pietre dell'identità

La pietra nella rete


I protagonisti della Tavola rotonda al MARMOMACC
(da sinistra: Massimo Bergamasco, Marcus Lloyd Andresen, Alfonso Acocella, Luigi Prestinenza Puglisi, Marco Brizzi)

Un viaggio verso le infinite sorprese che la rete può riservare
Il viaggio per le numerose destinazioni che internet ci può suggerire ci porta al 41° MARMOMACC, e la missione di questo viaggio è tentare di dare una definizione della “pietra attraverso internet”. Come si declina la parola “pietra” su internet? Quali strumenti della rete sfrutta? Perde o acquista in concretezza? Questi sono solo alcuni degli argomenti trattati, grazie a persone che svolgono un ruolo importante del mondo della comunicazione. È retorico elencare gli aggettivi che descrivono internet (veloce, leggera, reattiva, breve), come ancor più retorico è elencare quelli che descrivono la pietra (pesante, concreta, immobile, eterna) che, posta alla base della nostra tradizione costruttiva, ha oggi bisogno di nuovi valori. La direzione verso cui propende l’architettura contemporanea, infatti, privilegia la leggerezza, la trasparenza, la caducità; caratteristiche forse più vicine al mondo del virtuale (e perchè no di internet) piuttosto che al mondo materiale a cui siamo stati abituati. Anche a livello di promozione e pubblicità, la pietra, e il mondo che la circonda, hanno bisogno di un rinnovamento. Di qui appunto, parte il nostro viaggio, che unisce il mondo del lapideo, dell’architettura e di internet.
Colui che ci introduce a questo viaggio è Vincenzo Pavan -animatore e coordinatore, da due decenni, degli eventi culturali di Marmomacc – ponendo come punto di partenza la dicotomia delle due entità che verranno trattate: immateriale da un lato, litico-materica dall’altro.
La parola passa quindi ad Alfonso Acocella, direttore del sito architetturapietra2.sviluppo.lunet.it, il primo sito dedicato all’architettura di pietra, che dal rapporto tra materialità/immaterialità ha dato vita ad un “nuovo mondo” comunicativo e di conoscenza. Acocella spiega com’è nato il progetto di rendere comunitario un sapere talvolta limitato agli addetti ai lavori. Grazie ad Internet, infatti, viene offerta un’alternativa ad uno strumento unilaterale come l’editoria a stampa, che oggi richiede un ampio uso di mezzi, e di risorse economiche. Il passaggio dalla carta ad internet è un processo assimilabile ad una rivoluzione culturale e comunicativa. Ed è solo all’inizio.
Dopo aver pubblicato nel 2004 il volume L’architettura di pietra. Antichi e nuovi magisteri costruttivi Acocella si dedica alla messa in condivisione dei relativi contenuti e alla produzione di nuovi attraverso una strada per lui nuova: il blog. La volontà era, ed è, quella di “creare uno spazio aperto, di comunicazione, di interazione, di transazione di varia natura, in cui pensieri liberi ed erogabili entrino in un circuito di progettualità” aprendo così una stagione di libero fluire di pensieri, e dando la possibilità a tutti di partecipare alla “costruzione di un testo corale di intelligenza collettiva”. Attraverso la rete, e quindi attraverso la virtualità, si può comunicare il reale.

Schema evolutivo di architetturadipietra.it. Dal blog al portale Pietre d’Italia

Queste due entità non sono in contrapposizione, bensì la virtualità appartiene al concetto stesso di cultura. Il progetto di Acocella si collega, infatti, al reale, al territorio e alla capacità di internet di offrire rinnovate modalità fruitive alla tradizione. Il sito annuncia delle novità di progetto molto importanti: grazie all’Assessorato alla Cultura della Regione Toscana (capofila e sostenitrice del progetto), attraverso una nuova home page organizzata sull’immagine dell’Italia e delle Regioni di pietra, si possono avere numerose informazioni sulle cave, le lavorazioni e i tipi di pietre presenti sul territorio toscano, appunto. Questo avviene con una funzione specifica: mettere in condivisione informazioni utili a tutti per creare una comunità (community) della pietra che unisca non solo estrattori e maestranze, ma anche progettisti e designers, istituzioni e associazioni culturali che operano sul territorio; come risultato un motore di ricerca al cui interno si possa ricercare informazioni e conoscenze inerenti un tipo di pietra, con una determinata lavorazione, in una determinata regione e insieme a queste localizzazioni di aziende e laboratori di trasformazione, opere architettoniche storiche e contemporanee, itinerari di visita che intrecciano le “tracce di pietra” con quelle dei valori identitari del territorio (paesaggio, beni culturali, prodotti eno-gastronomici ecc.)
La parola passa a Lloyd Marcus Andresen, architetto, docente e direttore del sito www.europaconcorsi.com; Andresen ci racconta la nascita e lo sviluppo di questo particolare sistema di ricerca, che dal 1998 ad oggi ha prodotto numeri straordinari: 11000 schede-progetto, 87000 immagini, 24000 profili di progettisti. Questa particolare “macchina comunicativa” nasce originariamente da una motivazione prettamente economica: “auto-finanziare uno studio di progettazione per partecipare ai concorsi, vendendo informazioni sui concorsi stessi”. Forse non ci hanno creduto nemmeno loro quando si sono accorti del successo che stavano riscontrando, tale da impedire, per mancanza di tempo, la partecipazione ai concorsi stessi. Da questo momento in poi, il sito, a detta del suo stesso fondatore, ha subìto una crescita casuale, dapprima la vendita, appunto, di informazioni sui bandi, poi l’esito dei concorsi stessi e la composizione della giuria esaminante, poi l’aggiunta di banche-dati dei progettisti, poi gli eventi e la rassegna stampa; infine, attraverso l’auto-pubblicazione, l’inserimento dei portfolio dei progettisti. Queste fasi hanno segnato il passaggio da un sistema unidirezionale di distribuzione delle informazioni ad uno policentrico (in cui è la voglia e l’attesa di visibilità del progettista che emerge nell’auto-pubblicazione), fino alla fase in progress, che rappresenta un nuovo obiettivo di EuropaConcorsi, in cui “all’interno di una rete multipolare dove tutti trasmettono a tutti” e in tutte le lingue, vista l’intenzione di portare EuropaConcorsi in giro per il mondo sulle ali di EC2.


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Secondo Andresen, il futuro vedrà la nascita di un “lavoro di più redazioni, in cui tutti possono segnalare la notizia e commentarla; chiaramente, lungo tale direzione di lavoro, la democrazia del web si deve mettere al riparo da vandalismi, pornografia, spam. Tutto questo rende molto molto complicato mettere in piedi una “macchina comunicativa perfetta”; però ci sono casi in cui funziona, ci sono spazi di discussione in cui i lettori stessi censurano in maniera molto democratica dando un voto, e abbassando di livello segnalano come indesiderato chi commenta in maniera scorretta”. Grazie a questi sistemi di auto-controllo e regolamentazione, internet risulta essere un baluardo di democrazia, lasciando sempre più potere all’intelligenza degli user.
Passando dalla novità ad una tradizione ormai consolidata, la tavola rotonda entra nel mondo di Arch’it (www.architettura.it) e di quella che è stata la prima rivista digitale di architettura. Ancora uno strumento molto utile a chi frequenta il web, Arch’it a detta del suo direttore Marco Brizzi, sta vivendo, dopo dieci anni di vita, una fase di standby. Alle iniziali aspettative di innovazione comunicativa, ci si trova ora in una situazione “talmente statica, da farne una virtù”. E direi altrettanto statica da trasformare un sito in un libro stampato: Arch’it papers. La testualità e la predilezione per la scrittura, che sono state alla base di Arch’it, hanno reso più facile il passaggio dal web alla carta stampata, come raccolta degli approfondimenti critici di dieci anni di contributi trasmessi elettronicamente, curato da Pietro Valle.

Arch’it papers

Scopriamo così come internet sia generatore e a sua volta figlio della materialità cartacea, e in questo caso litica, dell’architettura. Da una parte abbiamo, infatti, chi dalla carta stampata è passato ad internet per liberarsi dai limiti fisici imposti dalla materia, e chi da internet ha sviluppato talmente tanto testo, da sentire la necessità di renderlo materico. Il pretesto della comunicazione è sempre l’azione dell’uomo, e ciò che riesce a trasmettere agli altri. L’architettura è essa stessa comunicazione, e la materia comunica attraverso i sensi.
E di sensorialità, ovvero di sensi virtuali, è stato chiesto a Massimo Bergamasco, direttore del Laboratorio PERCRO (www.percro.org) e Professore Ordinario di Meccanica Applicata alle Macchine alla Scuola Superiore Sant’Anna dell’Università di Pisa, di illustrare il suo lavoro dandoci dimostrazione di quanto la virtualità sia una specchiatura della realtà e aiuti a costruire esperienze. Probabilmente non facciamo caso al tempo che trascorriamo in mondi virtuali, costruendo la nostra “vita esperienziale” sulla virtualità. Nascono così Information Landscape, paesaggi di informazione in cui l’utente si immerge e viene avvolto a 360° dal file di testo, e quindi da tracce e dati; nascono così progetti museali in cui il visitatore può interagire con una copia virtuale delle sculture reali toccandole. Nasce da queste nuove forme di ambienti virtuali immersivi il Museo delle pure forme (progetto finanziato dalla Comunità Europea). Attraverso la realtà virtuale, possono essere ricreate città, e in esse il movimento delle persone che le attraversano, lavorando su flussi di Virtual Crowd (folle virtuali). Esistono già dei software (xvr) in grado di visualizzare informazioni tridimensionali. Il nuovo sistema operativo Microsoft-Windows sfrutta questo tipo di visualizzazione per il suo desktop.


Information Landscape. PERCRO


Tecnologia PERCRO e Progetto “Folle virtuali”

Il contatto tra la virtualità e la pietra potrebbe avvenire anche grazie ad un progetto, ideato dal Prof. Bergamasco e dal Prof. Acocella, di un Museo immersivo del marmo: partendo dal satellite sarà possibile avvicinarsi al mondo della pietra, fino ad arrivare alle tecniche estrattive e di lavorazione della superficie. Entreremo letteralmente nella materialità attraverso l’immaterialità della rete.
I paradossi continuano, e internet assume la forma di uno spazio ibrido e a-temporale a cavallo tra materialità e immaterialità: da un lato un mondo fatto di “teorici” e di “tecnici” in senso estensivo, quindi studiosi, architetti, produttori che inseriscono le loro teorie e i loro dati continuamente aggiornandoli in rete; dall’altro un mondo di fruitori di informazioni che sviluppa i propri interessi proprio attraverso queste esperienze cognitive dentro e fuori la rete, fino all’inversione dei ruoli e alla divulgazione di altri saperi in un continuum di scambi e interazioni. A volte la rete rischia di diventare isolante e di far perdere il contatto con la realtà. Oltre ai rischi rilevati da Andresen, questo rappresenta un altro problema di chi si forma sulla rete e nella rete trascorre la maggior parte del suo tempo.
Il viaggio de La pietra nella rete, a conclusione degli interventi, ci porta alla scoperta di una nuova definizione di Internet: mezzo realizzatore di sogni. Luigi Prestinenza Puglisi, figlio d’arte nel campo del giornalismo, ha sempre avuto come sogno nel cassetto quello di dirigere una rivista. E internet gliene ha dato la possibilità. Infatti partecipa a questo convegno non solo in veste di architetto e docente, ma soprattutto come direttore di PresS/Tletter (www.presstletter.com). Questo “foglio di carta che arriva via mail” sta avendo un discreto successo, e viene inviato a 11000 caselle di posta elettronica. Riassunti in cinque punti, Prestinenza Puglisi svela cosa lui ha compreso del web: innanzitutto che “le tecnologie non sono mai utilizzate in forma pura, ma sono utilizzate in forma non prevista”. Poi, che il mondo di internet è un “mondo ibrido, in cui materialità e virtualità si mischiano sempre”. Terzo, la ricerca del dibattito, che senza cadere nella monotonia degli argomenti e degli interventi, avvenga in un sistema aperto in cui si possano inviare domande, ed avere risposte. Quarto, sulle note della canzone di Lucio Battisti Lo scopriremo solo vivendo, che “molti usi di queste nuove tecnologie si scoprono solo usandole”: infatti anche PreS/Tletter è nata in maniera improvvisa con uno sviluppo causale, andando sempre più ad ingrandirsi, oggi anche con siti di supporto, e un volume cartaceo che raccoglie tutte le interviste. Quinto, per il futuro, è l’idea di creare una federazione: “avete presente Star Wars?”. Ovvero un “sistema di repubbliche indipendenti, che per gruppi coerenti di persone, lavorano su temi simili per poi mettere a circuito il loro lavoro”.


Header home page PresS/Tletter

Al termine della tavola rotonda, tra i presenti invitati a commentare e interrogare, Claudio D’Amato Guerrieri solleva alcuni temi importanti: da un lato che internet recita ancora un ruolo secondario rispetto alla carta stampata, e per questo risulta limitato nelle sue potenzialità; dall’altro rileva come, nonostante anche tentativi personali di proporre nuove tecnologie per il mondo della pietra, questo sia rimasto legato alla tradizione e a lavorazioni tradizionali, riscontrando come anche i media non si siano interessati a questo tipo di evoluzione tecnologica.
Un altro tipo di critica mossa riguarda il problema dei “filtri”, ovvero se lasciare internet un canale aperto, in cui tutti possano dire tutto, oppure limitare l’editazione degli interventi a quelli giudicati (da chi?) più interessanti. Ogni forma di cultura ha in sè una percentuale di tirannia: la carta stampata vittima, in alcuni casi, di interessi economici contingenti; il web tacciabile di demagogia (la chat, il blog, intesi come mezzo di comunicazione non filtrato). Ma tutto è cultura, qualunque forma assuma. Non è plausibile che la cultura, come la intendiamo oggi rimanga un’entità statica, legata ad una forma e ad un linguaggio. Sarà perennemente in movimento, e per questo alla ricerca di forme sempre nuove e sempre diverse. La carta stampata continuerà ad esistere, ma il futuro ne vedrà il depotenziamento, in favore di un mondo digitale che è oggi solo agli albori. Il problema, per noi, sarà quello di aggiornarsi costantemente: e se è vero che per l’architettura i tempi di rinnovamento tecnologico sono di circa vent’anni, è facile comprendere i limiti che ne deriveranno. Ma un sistema integrato di ricerca, di sviluppo e comunicazione, potranno essere d’aiuto agli addetti ai lavori. Senza contare che tutti i partecipanti al convegno sono d’accordo su un futuro fatto di “gruppi di persone che lavorano insieme per un fine comune”, frutto della civiltà contemporanea che, all’isolamento può reagire attraverso l’empatia e la socialità ricercate anche attraverso l’apporto del cyberspazio culturale, in grado di sopperire alle separatezze e ai nostri vincoli fisici, che, almeno in parte, continueranno a distinguerci.

Veronica Cupioli

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16 Ottobre 2006

English Opere di Architettura

Casa Alessi on Lake Maggiore
Aldo Rossi (1989)*

“Aldo Rossi was a lake-lover like me. He really enjoyed retreating to the family’s old house on Lake Mergozzo to write and meditate, and this helped our early friendship in the spring of 1980. He designed some of the most representative objects of the 1980s (…) this as an amateur designer, attracted as always by his beloved architectural constructs …”
Alberto Alessi’s recollections depict Rossi as an architect enamoured of the landscape and the architecture of the Lombardy lakes, along whose banks Roman villas once stood, and where today, alongside aristocratic homes such as Villa Bortolomeo, one can admire the imaginative holiday homes of the Italian middle-classes; those lakes which Rossi himself describes as “a museum of diverse architectural experiences”.
At Suna di Verbania, on the northern shore of Lake Maggiore, Rossi designed a villa which represents the culmination of the relationship between the architect and the Alessi family (manufacturers of household goods). The structure is composed of large, essential, clearly-defined volumes that have been combined in an arrangement that recalls the founding elements of the romantic aristocratic residences of the 19th century, and incorporates an eclectic mixture of styles and materials.
The walls of the villa were built according to the traditional “scagliola” technique: this method, which nowadays is no longer used, can be seen in many of the villas situated along the lakeside, although its roots go back to a much older building technique employed for many years by the peasant farmers and craftsmen of the Upper Verbano district and the Sesia Valley to build their own houses during the winter months, using the stone waste from the cutting of large blocks of granite quarried during the summer months.
The close-knit “weave” of these walls features thin pieces of stone of various shapes, sizes and colours arranged in a stratified manner to give a more “homogeneous”, compact (and only slightly rough) appearance to the facing. A number of different stone varieties have been used: granite from Montorfano, Baveno stone, “beola” and “serizzo” (two varieties of gneiss) – with their leaden grey, silvery grey or grey and ochre colourings. At the villa’s entrance portico, granite is once again the protagonist, forming the drums constituting the powerful columns of a simple trilith completed by a metal architrave, which is highly evocative of a pure, static mechanism.
Special terracotta pieces – from the kilns of Impruneta in Tuscany – have been used to make the turned balustrades and the octagonal-shaped columns of the triple order of loggias that open out towards the lake. The use of brick, both here and in the unusual plastic cornices that emerge from the stone wall around the windows, is an
even clearer sign of the inspiration the architect got from local tradition: indeed, the source declared by the maestro himself was the terracotta sculptures of the processional complex of Sacro Monte.
The reference to historical architecture is confirmed in the main body of the villa, where the corners of the walls feature staggered courses of stone ashlars, a system utilised in the models of villas from the Italian Renaissance onwards. However, this reference is always veiled by a slightly ironic tone. In fact, the relationship between the fineness and the roughness of the various architectural surfaces appears reversed here; where traditional called for the use of a rustic stone in order to give the impression of the strength of the corners of the walls, composed of stones levelled or smoothed by plaster, in the case of Casa Alessi, the staggered courses constitute a mere dentil-like arrangement of flat, white ashlars enclosing the granite surfaces with their lively texture and varied hues.

Davide Turrini

*The re-edited essay has been taken out from the volume by Alfonso Acocella, Stone architecture. Ancient and modern constructive skills, Milano, Skira-Lucense, 2006, pp. 624.
http://architetturapietra2.sviluppo.lunet.it/libro/
1Alberto Alessi, La fabbrica dei sogni. Alessi dal 1921, Milan, Electa, 1998, p.52.

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