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1 Novembre 2007

Opere di Architettura

Padiglione della Facoltà di Medicina di Arrixaca, Murcia (1996-2001)
di Juan Carlos Sancho Osinaga e Sol Madridejos Fernández*

English Version

arrixaca1.jpg
Planivolumetrico dell’opera

L’eleganza compositiva di questo edificio traspare attraverso la sua apparente elementarità. La chiarezza e la perentorietà volumetrica, in realtà, nascondono una notevole complessità, sia indotta dalle caratteristiche d’uso dell’edificio, che esplicitamente ricercata. Necessaria perchè le risposte alle esigenze funzionali di un edificio di questo tipo non possono essere eluse; voluta perchè il risultato finale è frutto di un preciso percorso creativo dove non vi è la ricerca di una forma, ma la “produzione” di sequenze di figure e di spazi con rimandi reciproci. La stessa definizione del corpo architettonico dell’opera si allontana dai canoni classici e non è rappresentabile attraverso una singola immagine, ma solo da una successione di figure, di sezioni, di spazi. Viene subito in mente Eduardo Chillida, l’artista basco, e l’energia dinamica impressa nelle sue sculture capaci di sorprendere ad ogni punto di vista.

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Fronte principale

La semplicità è il risultato finale di un lavoro attento, condotto sulle forme e sui materiali. La ricerca di unitarietà, perseguita attraverso la messa in campo di pochi elementi che entrano nella composizione architettonica, dà carattere all’opera e ne favorisce il buon inserimento nel sito. Visto nel contesto, ad opportuna distanza, il padiglione universitario sembra un unico blocco di pietra opportunamente scavato. La pietra di cehegin è il materiale omogeneo e venato che riveste completamente l’esterno dell’edificio; le lastre, di 3 cm di spessore, sono montate assecondando un elegante disegno a corsi orizzontali, di due diverse altezze.
L’opera è intesa come una scatola neutra, compatta, “litica”, nella quale sono definiti i vuoti messi in relazione tra loro in modo da creare sequenze e tensioni spaziali suggestive. Lo scavo della massa piena è simile all’atto scultoreo del “levare” dove i volumi netti e rigorosi sono incisi in punti precisi per far posto ai vuoti. La complessità che ne risulta è percepibile soprattutto negli interni dove gli “avvenimenti” e le “atmosfere” spaziali, di scala e qualità diverse, si susseguono in maniera dinamica indirizzando lo sguardo in direzioni molteplici: verso l’alto, verso l’esterno, verso l’interno. L’opera è fortemente “segnata” da superfici diafane e rarefatte, da transizioni e da sequenze spaziali suggestive da cui emergono il vestibolo (collocato fra due grandi vuoti che lo comprimono determinando una tensione verticale), il grande patio interno e lo scavo esterno all’ingresso.

arrixaca3.jpg
Scorcio del patio con la facciata vetrata

Lo spazio centrale accoglie le funzioni pubbliche (auditorium, caffetteria, biblioteca e le aule) mentre i dipartimenti si sviluppano lungo l’asse longitudinale dell’edificio. Il “progettare per vuoti” degli architetti spagnoli ritaglia le aperture in modo sapiente, in relazione alle esigenze funzionali ma anche alle “attese” architettoniche, ben consci del fatto che la luce naturale svolge un ruolo fondamentale nella definizione degli spazi.
Osservando attentamente l’opera emerge la sottile linea sulla quale Sancho-Madridejos hanno lavorato magistralmente nel dar vita al volume stereotomico scavato, in realtà “superficie piegata” di pietra. A mettere in evidenza questa scelta è l’uso del rivestimento. In corrispondenza delle aperture, la natura sottile dell’involucro esterno è enfatizzata nel rapporto con la struttura portante che è indipendente dal rivestimento sia nel suo simulare l’opera muraria muro, sia quando si trasforma in reticolare metallica. In corrispondenza delle aperture la tessitura di pietra continua il suo racconto attraverso una superficie vitrea serigrafata la cui texture riproduce l’immagine della sezione della pietra. La vetrata individua un involucro ventilato, sullo stesso piano del rivestimento litico, che funge da schermo di protezione rispetto ai raggi del sole, mentre la chiusura è spostata sul filo interno della parete. Solo qualche taglio privo di frangisole vitreo ne interrompe la continuità.

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Spazi interni di distribuzione e di collegamento verticali

[photogallery]arrixaca_album[/photogallery]

Una sottile e leggerissima pelle continua, evidente soprattutto dall’interno, sposta la concezione dell’edificio verso la definizione “tessile” dello spazio architettonico.

Gabriele Lelli

Note
*Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.

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