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8 Settembre 2008

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Michele De Lucchi, un architetto per l’industria

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“Seppure coinvolto in diverse discipline, io in realtà faccio un lavoro solo, che è quello di interfacciare l’industria in tutti i suoi problemi legati alla comunicazione, ma soprattutto alla sua identità e al suo carattere. In tutti questi anni ho imparato a capire l’industria riuscendo a collegare in modo giusto le sue funzioni aziendali nei loro molteplici aspetti, dando carattere e personalità alle varie manifestazioni nelle quali l’azienda si esprime. Indipendentemente se queste siano prodotti o showroom, manifesti o edifici, uffici o altro”1.
Michele De Lucchi, un architetto che all’industria ha dedicato gran parte della propria carriera professionale, presenta con queste parole il ruolo che lui stesso ha assunto nel corso degli anni all’interno delle aziende con le quali ha collaborato. Un ruolo che identifica il designer industriale nel trait d’union fra industria, consumatore, cultura e ricerca, nel creatore di un valore aggiunto per l’impresa, ormai indispensabile al percorso evolutivo della sfera produttiva contemporanea.
In questa ottica Michele De Lucchi opera oggi collaborando con Pibamarmi, che in occasione della 42° edizione di Marmomacc, tenutasi nel 2007, ha partecipato all’iniziativa “Marmomacc incontra il Design”. L’evento ha offerto l’opportunità a dieci aziende specializzate nella lavorazione della pietra di confrontarsi con designer di fama internazionale in un percorso di ricerca e sperimentazione incentrato sul prodotto dell’industria lapidea.
Pibamarmi ha scelto di collaborare con Michele De Lucchi per l’importante e singolare carriera professionale dell’artista. Questa nuova esperienza si è dimostrata capace di rispondere alle esigenze dell’impresa, apportando stimolanti contributi creativi alla sua produzione, pronti a nuovi, futuri sviluppi.

Profilo d’Autore
Le tappe principali della carriera di Michele De Lucchi si sviluppano attraverso esperienze all’apparenza disomogenee, caratterizzate da mutevoli approcci formali. Uno sguardo più attento rivela tuttavia un percorso segnato da un filo di congiunzione senza soluzione di continuità che, oltre ad accompagnarci nella scoperta dell’attività di un grande designer della nostra epoca, ci aiuta a comprendere la nuova esperienza avviata insieme a Pibamarmi.

Michele De Lucchi nasce a Ferrara nel 1951 e si laurea in Architettura a Firenze nel 1975 in seguito alla fondazione, avvenuta due anni prima, del gruppo sperimentale Cavart (arte delle cave), che si forma a Padova come promotore di dibattiti, laboratori seminariali, performance.
Con Cavart De Lucchi organizza seminari e partecipa a concorsi come “Progettarsi addosso”, “Architetture culturalmente impossibili” e “Homo Trahens”, incentrati sulla sperimentazione e la contestazione, che vedono esperienze apparentemente ludiche legate essenzialmente al mondo dell’abitazione trasformarsi in azioni di protesta rivolte al risveglio di una coscienza critica rispetto alla società consumistica.
Le prime esperienze professionali di De Lucchi ci introducono all’interno dell’affascinante clima di rinnovamento dell’architettura radicale, che caratterizza parte del panorama architettonico italiano degli anni Settanta del Novecento. La sua carriera inizia all’insegna della contestazione di una “maniera” di fare architettura e design ormai obsoleta e lontana dalle esigenze dell’uomo contemporaneo; nell’ambito dell’arte concettuale, che vuole essenzialmente “comunicare messaggi”. La sfera nella quale De Lucchi opera negli anni dei suoi esordi è quella della teoria e della comunicazione, come ci testimonia la performance realizzata nel 1973 in occasione della XV Triennale di Milano: indossando una divisa da ufficiale napoleonico, lui stesso si proclama “Designer in Generale” e sottolinea la responsabilità etica del designer, progettista di oggetti che influenzano il comportamento di chi li utilizza.
A partire dal 1977 De Lucchi si unisce a nuovi gruppi, studi di progettazione e riviste operanti in ambito milanese che vanno da Alchymia al Centrokappa alla rivista Modo, grazie ai quali i progetti utopici dei primi anni cominciano gradualmente a trasformarsi in manufatti tangibili e funzionali.
Il passaggio dalla teoria alla pratica avviene gradualmente attraverso la progettazione di una serie di oggetti, definiti “gentili”, che De Lucchi disegna nel contesto di Alchymia. Caratterizzati dal colore e dalle forme sinuose e leggiadre, questi oggetti di uso quotidiano – essenzialmente lampade come la “Sinerpica” e la “Sinvola”, progettate rispettivamente nel 1978 e nel 1979 – si accostano allo spazio domestico come piccole storie dal carattere giocoso che si contrappongano all'”aggressività” degli strumenti tecnologici dell’abitazione moderna.
Nella stessa ottica, fra il 1979 e il 1981, De Lucchi si avvicina al mondo degli elettrodomestici disegnando per Girmi articoli come l’aspirapolvere, il bollitore, il tostapane e il ferro da stiro, concepiti in forma di personaggi animati formati dalla composizione di solidi geometrici puri colorati con tinte dai toni pastello.
Contemporaneamente, all’interno di Alchymia De Lucchi conosce Alessandro Mendini, Andrea Branzi, Ettore Sottsass; con quest’ultimo, nel 1980 decide di staccarsi dal gruppo per fondare, l’anno successivo, Memphis2.

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Oggetti di design progettati da Michele De Lucchi.
“Kristall”, tavolino in laminato plastico, legno e metallo, Memphis, 1981; tostapane, Girmi, 1979, modello esposto nella sezione “La casa decorata” della XVI Triennale di Milano, 1980; lampada “Tolomeo”, Artemide, 1986.

Memphis apre la strada al nuovo design
Esperienza centrale dell’avanguardia italiana degli anni Ottanta, Memphis è l’appellativo di un gruppo di architetti e designer provenienti da tutto il mondo che, durante sette anni di collaborazione, pone criticamente l'”oggetto” al centro della propria ricerca intellettuale. I progetti si sviluppano all’insegna del colore, del decoro, della flessibilità e della sperimentazione formale; creano prodotti emozionali e artistici più che beni meramente funzionali da commercializzare. Gli oggetti che Memphis presenta sono perlopiù polivalenti e trasformabili e i loro colori, forme e decori diventano gli strumenti per una ricerca sulla natura dei materiali e delle superfici, che caratterizzerà tutta la carriera professionale di De Lucchi.
Attraverso Memphis, l’esperienza forse più duratura e basilare della sua carriera, De Lucchi sviluppa la propria ricerca verso un design anticonvenzionale indirizzato a rappresentare i sentimenti dell’uomo.
Nel 1979, chiamato da Ettore Sottsass, allora responsabile del product design e dell’office forniture della Olivetti, De Lucchi avvia anche una collaborazione con l’industria piemontese3. Inizialmente si occupa dello sviluppo dei prodotti per Olivetti Synthesis, dedicati essenzialmente all’archiviazione, negli anni successivi (e fino al 2002) progetta elementi d’arredo per l’ufficio come quelli delle linee Icarus e Delphos, create con Sottsass, e oggetti tecnologici come personal computer, telefoni, fotocopiatrici e stampanti.
Pur se apparentemente diversi in forma e stile rispetto ai primi oggetti progettati, i prodotti di Olivetti, dalle forme ergonomiche e dall’aspetto fortemente visivo ed emozionale, si inseriscono perfettamente nel suo percorso di ricerca verso forme delicate e confortevoli dell’oggetto tecnologico.
Dal 1980, De Lucchi progetta anche per Artemide. Ernesto Gismondi, fondatore dell’azienda, lo contatta in seguito all’esposizione degli oggetti disegnati per Girmi alla XVI Triennale di Milano. La proposta di disegnare lampade viene accolta da De Lucchi con entusiasmo. I numerosi progetti iniziali sfociano, nel 1982, nella produzione della lampada Cyclos, il primo prodotto di successo; ma è nel 1986, con la serie Tolomeo, che le lampade di De Lucchi divengono un simbolo del design nel campo dell’illuminazione. La Tolomeo si evolve in svariati modelli ma il progetto originario, una lampada da tavolo con bracci mobili, diventa l’oggetto Artemide più diffuso degli ultimi vent’anni. La collaborazione con Artemide, tutt’oggi in corso, in avvio del terzo Millennio si evolve verso oggetti dall’accentuata emotività, rappresentata da forme scultoree e organiche connesse con moderne tecnologie digitali come quella dei led.

A partire dagli anni Novanta, l’attività nel campo del design si integra sempre più intensamente a quella architettonica.
Se nel 1990 De Lucchi crea “Produzione Privata”, una organizzazione di lavoro indirizzata alla fabbricazione di oggetti concepiti senza una committenza precisa e realizzati da botteghe artigiane con materiali e tecniche tradizionali, negli stessi anni avvia progetti legati alla composizione di lastre zigrinate o lisce, in materiali differenziati, con le quali sviluppa prodotti che vanno dagli accessori per ufficio della Kartell, agli arredamenti per i negozi di Mandarina Duck, ad edifici per uffici o abitazioni come l’American Village di Osaka. La lastra è il modulo base della composizione architettonica, è elemento compositivo e strutturale al tempo stesso.
Dal 1997 De Lucchi inizia a collaborare con grandi realtà del mondo economico quali Enel, Poste Italiane, Deutsche Bank. Per loro elabora progetti su scala diversa che vanno dall’oggetto di design (come il contatore della luce), al traliccio dell’alta tensione, agli allestimenti d’interni (come quelli per le filiali di Deutsche Bank e per gli uffici postali), a manufatti architettonici di grandi dimensioni come le centrali elettriche di Enel.
Fra il 1998 e il 2003, per Poste Italiane porta a termine un vero e proprio progetto globale: ridisegna l’intera immagine istituzionale dell’azienda, dagli interni delle agenzie, agli uffici direzionali, alle strutture temporanee e commerciali, agli arredi, agli accessori, alla grafica, alle forme di comunicazione.
Oltre a questi progetti, ad alcune collaborazioni con Compaq Computers, Philips, Siemens e Vitra, a progetti di abitazioni private ed esercizi commerciali, l’attività architettonica di De Lucchi si sviluppa nell’ambito degli allestimenti museali. Fra il 2000 e il 2002 è incaricato dell’allestimento delle mostre che si tengono alle Scuderie del Quirinale di Roma, all’interno degli ambienti progettati da Gae Aulenti. Nel 2002 cura la riqualificazione degli spazi interni e del giardino della Triennale di Milano per poi occuparsi, a partire dal 2003, della progettazione del Museo Diocesano di Ivrea e del Museo della Città di Bologna4.

L’esperienza con Pibamarmi
Michele De Lucchi oggi, affermato e noto architetto-designer, continua ad operare all’interno di quella molteplicità di contesti ed interessi che ne ha caratterizzato la ricca e poliedrica vicenda professionale ed intellettuale. Il rapporto con le aziende si dimostra ancora una costante cui De Lucchi non vuole rinunciare5.
Particolare rilievo assume la collaborazione con Pibamarmi, nella quale De Lucchi libera l’aspetto prettamente ludico del proprio operare ritornando a processi progettuali a lui cari fin dalle sue prime esperienze. La pura espressività dell’oggetto di design, l’emozionalità del prodotto realizzato con materiali naturali attraverso tecniche manuali diventano occasione per mostrare al pubblico il valore dell’industria italiana, del lavoro artigiano che opera per l’industria mostrando la qualità di materiali pregiati come il marmo.
L’artigianato, una risorsa che l’Italia è riuscita a salvaguardare, permette oggi di riscoprire il concetto di “materialità”, restituendo valore ad alcuni materiali talvolta ritenuti obsoleti come il legno e il marmo.

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Una sensibilità verso i materiali naturali che si manifesta in un progetto come quello che De Lucchi sviluppa per “Marmomacc incontra il Design” 2007, incentrato sul tema “La leggerezza del marmo”. Il progetto prevede una serie di piccole casette inizialmente costruite in legno e successivamente in marmo, dei piccoli oggetti d’arte sviluppati “in riduzione” a partire da manufatti di grandi dimensioni, quasi a rappresentare un gioco che permette al progettista di riprodurre il luogo per eccellenza della vita dell’uomo dalla semplice lavorazione di blocchi di marmo.
Quest’anno l’edizione della fiera veronese, che si terrà fra il 2 e il 5 ottobre, offre una seconda occasione per mostrare l’attività di ricerca e le qualità produttivo-realizzative delle aziende presenti. “Marmomacc incontra il Design” propone il tema “Pelle, Skin, Texture”, in perfetta continuazione con l’argomento della precedente edizione. Un tema che si relaziona alla pietra, materiale massivo per eccellenza, in maniera fortemente innovativa e all’avanguardia, cercando di estrapolarne ulteriormente i caratteri di leggerezza già indagati. Le imprese hanno la possibilità di fare interagire la creatività propria dei designer partecipanti con la professionalità delle applicazioni artigiane e delle moderne tecnologie industriali utili alla lavorazione della pietra.
Anche quest’anno De Lucchi si affianca a Pibamarmi, rinnovando la propria proposta in veste di tramite ideale fra il mondo della creatività e quello dell’impresa.

di Sara Benzi

(vai al sito di Michele De Lucchi)
(vai al sito di Pibamarmi)

Note
1 Da Modo, 2003, cit. in Fiorella Bulegato, Sergio Polano, Michele De Lucchi: comincia qui e finisce là, Milano, Electa, 2004, p. 204.
2 Nel 1980 De Lucchi apre il proprio studio a Milano, in via Borgonuovo, vicino a Sottsass Associati. Nel 1984 lo studio si trasferisce in via Vittoria Colonna.
3 Dal 1992, De Lucchi è responsabile del Design Olivetti.
4 Per un approfondimento sulla ristrutturazione del palazzo della Triennale di Milano si veda Elena del Drago, La Triennale di Milano. Design, territorio, impresa, Roma, Luca Sossella, 2004; Silvana Annachiarico, a cura di, Michele De Lucchi. Il Museo del Design e la nuova Triennale, Miano, Electa, 2008.
5 La carriera di De Lucchi è accompagnata da numerosi riconoscimenti internazionali e dalla nomina come professore ordinario presso la Facoltà di Design e Arti dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia, avvenuta nel 2001.

Bibliografia essenziale
– Annachiarico S., a cura di, Michele De Lucchi. Il Museo del Design e la nuova Triennale, Miano, Electa, 2008.
– Bulegato F., Polano S., Michele De Lucchi: comincia qui e finisce là, Milano, Electa, 2004.
– Del Drago E., La Triennale di Milano. Design, territorio, impresa, Roma, Luca Sossella, 2004.
– Kicherer S., Silvio San Pietro, a cura di, Michele De Lucchi, Milano, L’Archivolto, 1992.
– Suardi S., Michele De Lucchi: Dopotolomeo, Ginevra, Milano, Skira, 2002.

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