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22 Dicembre 2012

Design litico

Il cerchio è chiuso

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Le installazioni per l’exhibit design con tema a indirizzo architettonico sono in genere mirate a offrire nuovi possibili percorsi di ricerca su materiali, tecniche di lavorazione e forme. La strategia comunicativa prevalente è di due tipi: la realizzazione di un frammento, come parte di un tutto, o di una micro architettura, come costruzione completa anche se di dimensioni molto ridotte.
In entrambi i casi però lo scarto con la realtà dimensionale e spaziale dell’architettura reale rende difficile il superamento di una pur efficace azione dimostrativa.
L’opera di Raffaello Galiotto e Alessandro Serafini in collaborazione con Lithos Design dal titolo Stone Gate – The circle is complete, allestita alla 47° Marmomacc, non si riconosce in nessuno dei due indirizzi. Non si tratta infatti di un frammento seriale applicabile modularmente a un edificio, anche se la sua matrice è un megaconcio di pietra che si ripete fino a generare una geometria compiuta, e neppure una costruzione che dà luogo a una forma spazialmente fruibile, anche se il principio generatore appartiene certamente alla disciplina architettonica. Infine, per uscire dal campo disciplinare, non è neppure un prodotto di design perché privo di fruibilità pratica.
È invece certamente una sfida all’ordine costruttivo che per realizzarsi ha intersecato tutti gli aspetti che nega, li ha interpretati e uniti fino a ottenere un oggetto simbolico di potente forza comunicativa. Lo stesso processo di semplificazione e essenzializzazione, dal tubo originario all’anello, dalla forma compiuta alla matrice, così frequente nella grande architettura del passato (spesso per concreti e “prosaici” motivi di sostenibilità), ha aiutato a pervenire alla forma finale.


Le fasi costruttive del grande cerchio di pietra

La chiusura del cerchio di pietra, un apparente non sense statico che nella sua rappresentazione decontestualizzata sfida la gravità, è stato subito riconosciuto dai visitatori come oggetto simbolico dotato di una straordinaria e misteriosa empatia spiegabile forse con la sua evidente “innaturalità”. L’artificio, quasi invisibile, di assegnare ai cavi in tensione il trattenimento dell’enorme accumulo di forze altrimenti assorbite da una massa muraria assente, ha trasformato l’installazione dimostrativa in un coinvolgente strumento di esperienza percettiva, visiva e tattile.
Un oggetto semplice ma allo stesso tempo complesso come questo può nascere solo dall’osmosi di saperi che si trasmettono in due sensi, dal progetto all’esecuzione per tornare di nuovo al progetto fino a concludersi in una forma logica e chiara, com’è giusto che avvenga in una sperimentazione veramente creativa.


L’installazione Stone Gate in rapporto alla figura umana

L’incontro di un team progettuale di eccellenza, un designer e un ingegnere, con una azienda anch’essa eccellente, capace di cogliere e reggere la sfida, di padroneggiare un materiale antico ma sempre da reinventare, ha prodotto attraverso questa esperienza un inedito dispositivo comunicativo.

Vincenzo Pavan

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