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29 Maggio 2007

Opere di Architettura

Anton Garcia Abril
SGAE Central Office, Santiago de Compostela

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SGAE Central Office a Santiago de Compostela di Anton Garcia Abril. Vista del modello in scala 1:1 della facciata realizzata con massi granitici (foto Roland Halbe).

L’arcano delle pietre informi
Il tema della rustica, della trasformazione delle forme naturali del mondo geologico in figure costruttive, ha goduto per lungo tempo di una grande fortuna e ha rappresentato uno dei capitoli fondamentali della storia dell’architettura litica. Sin dall’antichità romana, con un processo di massima rivalutazione durante il Rinascimento e il Barocco, pietre informi, ruvide e scabre sono state chiamate a dar vita a dispositivi costruttivi, trasfigurando l’asprezza degli ammassi rocciosi e dei fenomeni erosivi naturali, e sprigionando una forza figurale e concettuale capace di travalicare i modi e i limiti del linguaggio architettonico.
Come elemento funzionale ed espressivo diacronico, il vitale e inesauribile repertorio della rustica gioca da sempre sul sottile e labile confine tra natura e artificio, regola ed eccezione, ordine e bizzarria, armonia e contrasto formale e materico, finito e non finito, in una complicità dialettica tra gli opposti capace di dar vita a immagini, e a misteriose metafore illusorie, al contempo attraenti e inquietanti. Con la sua riproduzione di luoghi, spazi e forme naturali in composizioni artificiali l’opera rustica ha portato alla luce le viscere della terra con i loro mondi segreti sotterranei fatti di grotte e caverne; ha poi incastonato nella costruzione architettonica squarci di paesaggio roccioso affascinanti e al tempo stesso terribili, caratterizzati da motivi naturalistici di grande plasticità, prodotti da suggestioni di scorci pittoreschi, affioramenti rocciosi, rupi spaccate, orridi, scogliere, siti impervi e selvaggi; infine, ha dato nuova vita a rovine riconquistate dalla natura, dirute, terremotate o erose dagli agenti atmosferici e metabolizzate da ricoprimenti di terra e vegetazione.
In tutti questi temi espressivi la rustica ha rivalutato i caratteri della materia litica che sono oggetto di apprezzamento sensoriale prima ancora che di lettura intellettuale: la fisicità della pietra, la sua consistenza e il suo spessore, il suo modo di presentarsi al tatto e alla vista, di reagire alla luce e all’ombra, all’umidità dell’ambiente, alle concreazioni minerali e alle forme vegetali che la possono ricoprire e popolare. Accanto a tale portato fisico-materico di maggiore immediatezza, tale architettura travestita da natura che al rigore della geometria contrappone la schiettezza brutale delle pietre amorfe e la potenza formidabile della roccia, ha veicolato poi una serie di valori intangibili, intellettuali e speculativi, legati innanzitutto al concetto di imitazione del mondo naturale, di eterno conflitto tra verità e finzione, e in secondo luogo, in modo più mediato e indiretto, ad un insieme complesso di visioni cosmogoniche. In ultima analisi la rustica ha da sempre portato con sè una serie di richiami al mistero dell’origine della terra e dell’umanità, alle entità progenitrici, ai miti del demiurgo e dell’homo faber, ai topoi primigeni e primitivi, nonchè ai simbolismi religiosi della potenza vitale della pietra, legata all’immagine del Cristo come lapis vivus, o come pietra angolare, e dei fedeli come pietre vive1.

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SGAE Central Office. Dall’alto: rendering tridimensionale di un interno e vista dell’edificio in costruzione (foto Ensamble Studio).

Venendo all’epoca attuale bisogna sottolineare che l’avvio della modernità è stato caratterizzato da un rapporto controverso con i temi espressivi più propri della rusticitas, e con il naturalismo in generale; nel contesto di tale relazione problematica, tra avvento e diffusione del rigido universo formale della prima era industriale, derive organiche, e istanze neo-rusticane ed ecologiste, l’eterno dilemma tra natura e artificio ha continuato ad animare alcuni filoni di dibattito nella cultura architettonica ma è rimasto sostanzialmente sullo sfondo per lungo tempo rispetto ad altri temi di più spiccata visibilità.
Oggi, in una contemporaneità incline ad una sempre più spinta smaterializzazione dei processi e dei prodotti e tuttavia estremamente interessata alla materia e alle sue qualità sensoriali, con crescente frequenza, i valori di naturalità e organicità espressi dai materiali litici informi o appena irreggimentati dal lavoro umano tramite sbozzature e grossolani trattamenti superficiali, vive una stagione di rinnovato successo.
L’esaltazione delle qualità tattili della roccia viva appena manipolata dall’ingegno e dal lavoro dell’uomo e della metafora di forza primordiale ad essa connaturata, continuano ad esercitare un alto potere di fascinazione sul mondo della creatività contemporanea, nel campo dell’architettura come anche nel settore del design. Così se la rustica, con tutta la sua dirompente carica semantica, è uno stereotipo semplicemente frequentato, o più spesso rielaborato dal progetto d’architettura attuale, l’arcano delle pietre informi, il mito del “selvaggio in città”, è oggi al centro di un fertile fenomeno di attualizzazione spesso incline a trasferire i valori espressivi della materia litica informe anche ad altri materiali (calcestruzzo, materie plastiche), in un fervore immaginativo e sperimentale del tutto vitale e originale.
Il ritorno alla natura, alla veracità primigenia, veicolato dall’estetica ella pietra rustica, di quella che secondo la definizione di Anna Barbara può essere identificata come “materia iconica”, è certo in linea con le istanze di una certa contemporaneità, a nostro avviso ancora una volta combattuta nel confronto irrisolto, e forse irrisolvibile, tra naturalità ed artificio, tra realtà e illusione, e in questo caso più che mai tra minimalismo e barocco. “Materia iconica è una sensazione che non passa attraverso le metafore, perchè è scritta con espressioni dirette. Si esprime con un linguaggio trasversale compreso tra l'”estetica ecologica” del native (fusione recente tra l’evergreen ecologismo e il conservatore vernacolarismo) e la “ecologia estetica” del minimal (filiazione tardiva, ma efficace del Moderno)”2.
Al di là delle definizioni e delle istanze classificatorie, le trasfigurazioni contemporanee della rustica dimostrano che il fascino per l’ambigua presenza della pietra nuda è fondamentale per una consistente tendenza di sviluppo dell’architettura litica contemporanea. Realizzazioni come la Sede per la società degli autori ed editori di Santiago de Compostela (2004-2007) di Anton Garcia Abril, in cui spezzoni granitici ciclopici danno vita ad una titanica composizione megalitica, fanno rivivere in chiave attuale la matericità assoluta dei dolmen e dei menhir, la sensazione che la forma della costruzione scaturisca dalla materia che la compone impiegata nella trasformazione più prossima al suo stato nascente, riportano insomma al nostro ascolto il suono delle prime sillabe con cui l’uomo ha iniziato a parlare il linguaggio dell’architettura.

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SGAE Central Office. Dall’alto: fasi di taglio dei massi granitici sul piazzale di cava e prove di montaggio della facciata ciclopica (foto Ensamble Studio).

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L’opera di Anton Garcia Abril
La nuova sede per la Società degli Autori ed Editori di Santiago de Compostela, progettata dall’architetto madrileno Anton Garcia Abril3, sorge in un comparto cittadino delineato nel suo assetto urbanistico da Arata Isozaki e destinato ad accogliere principalmente edifici universitari di nuova costruzione. L’edificio, di recente completamento, ospita su oltre 3.000 metri quadrati di superficie gli uffici della Società con numerosi spazi per attività culturali e formative aperte al pubblico ed è costituito da un unico volume lineare dal notevole sviluppo longitudinale, attestato sul bordo stradale di un’area verde da cui è possibile intravedere lo skyline storico del capoluogo galiziano. L’architettura, collocata come un filtro tra la città e il giardino, si configura così come una grande quinta continua, dall’andamento leggermente incurvato a seguire il tracciato viario.
Retto da una maglia strutturale metallica il corpo di fabbrica risulta caratterizzato da tre diversi diaframmi parietali che, correndo perlopiù paralleli per tutta la lunghezza della costruzione, definiscono strisce funzionali e condizioni ambientali diversificate.
Un primo setto lineare è rappresentato dall’involucro di facciata sulla strada realizzato in grandi elementi di vetro trasparente o traslucido che garantiscono agli ambienti interni un calibrato dosaggio dell’illuminazione naturale; un secondo schermo intermedio, anch’esso leggero e trasparente, definisce in senso longitudinale un portico chiuso verso il giardino dal terzo diaframma, costituito invece da una colossale catasta di massi appoggiati e incastrati gli uni sugli altri a reggersi reciprocamente grazie alle forze di attrito e di gravità.
I pesanti spezzoni litici sono stati tagliati e sommariamente sbozzati nelle cave del granito grigio di Mondariz, un materiale lapideo galiziano già impiegato da Abril in forma di grandi blocchi per dar vita al rivestimento a spessore della Scuola di Alti Studi Musicali realizzata a Santiago tra il 1999 e il 2004. Successivamente la disposizione dei massi granitici irregolari è stata oggetto di un attento studio che ha portato dapprima alla realizzazione di un modello della facciata in scala 1:1, poi alla riproduzione in opera dell’apparecchiatura ciclopica4.
Caratterizzata allo stesso tempo da una immota monumentalità e da un inedito dinamismo tessiturale la muraglia rocciosa di Abril rivolge verso l’interno del lotto un volto ambiguo e stimolante, naturale e artificiale, riguardabile al contempo come una gigantesca scultura architettonica fatta per catalizzare l’attenzione dell’osservatore e come uno sfondo ipernaturalistico fatto per perdersi nel verde del giardino. La luce gioca tra i massi, li avvolge, si sposa con la materia granitica, oltrepassa la catasta di pietra per raggiungere l’interno dell’edificio attraverso gli ampi vuoti lasciati tra un monolite e l’altro; tutto l’equilibrio figurale e ambientale dell’ architettura è sospeso tra gravità e leggerezza, opacità e trasparenza, brutalità materica e delicata immaterialità; tutta la forza dell’opera sta nell’aver evocato ancora una volta l’arcano delle pietre informi.

di Davide Turrini

Vai a: Ensamble Studio

Note
1Per un approfondimento sulle origini e lo sviluppo storico del rapporto dialettico tra architettura e natura si veda Marcello Fagiolo, Natura e artificio, Roma, Officina, 1979, pp. 271 e in particolare, al suo interno, sugli aspetti sacrali, mitologici e archetipici dell’homo faber e della natura artificialis il saggio dello stesso Fagiolo intitolato Strutture antropologiche dell’artificio: il mito del Demiurgo e la sfida di Caino e Prometeo (pp. 7-13); mentre sugli aspetti teorici e costruttivi dell’opera rustica il saggio di Gabriele Morolli, “A quegli idei selvestri”: interpretazione naturalistica, primato e dissoluzione dell’ordine architettonico nella teoria cinquecentesca sull’Opera Rustica (pp. 55-97). Si vedano inoltre: Maria Adriana Giusti, Alessandro Tagliolini (a cura di), Il giardino delle muse. Arti e artifici nel barocco europeo, Firenze, Edifir, 1995, pp. 277; Alessandro Rinaldi, “Saxum Vivum e non-finito nelle grotte fiorentine del Cinquecento” pp. 299-307, in Isabella Lapi Ballerini, Litta Maria Medri (a cura di), Artifici d’acque e giardini. La cultura delle grotte e dei ninfei in Italia e in Europa, Firenze, Centro Di, 1999, pp. 421.
2Anna Barbara, Storie di architettura attraverso i sensi, Milano, Bruno Mondadori, 2000, p. 113.
3Antón García-Abril Ruiz nasce nel 1969 a Madrid dove, nel 1995, si laurea presso la Escuela Tècnica Superior de Arquitectura. Dopo aver lavorato negli studi di Santiago Calatrava (1992) e Alberto Campo Baeza (1990-1994), nel 2000, a Madrid, consegue il titolo di dottore di ricerca in progettazione e nello stesso anno, sempre nella capitale spagnola, fonda l’Ensamble Studio. Tra i suoi lavori si ricordano, la Sala per concerti e la Scuola di Musica a Medina del Campo (2003), la Scuola di Alti Studi Musicali di Santiago de Compostela (2004) e la Casa Martemar a Malaga (2005).
4In proposito di veda anche Kaye Geipel, “1:1 Modell im Steinbruch”, Bauwelt nn. 40-41, 2006, pp. 54-57.

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